Van Garderen (foto LaPresse)

Van Garderen in fuga dalle Dolomiti che restaurano il potere di Dumoulin

Giovanni Battistuzzi

L'americano della Bmc beffa sul traguardo Mikel Landa dopo oltre 100 chilometri di avanguardia. Dietro Pinot, Pozzovivo e Zakarin guadagnano sui primi tre della classifica troppo impegnati a marcarsi

Lassù a oltre tremila metri d’altezza, la roccia delle vette brilla al sole tingendosi di rosa. Diventa monito e richiamo. Monito a chi è davanti a tutti e lì vuole rimanerci, Tom Dumoulin; richiamo per chi sogna e desidera spodestare l’olandese dalla prima posizione. Le guglie dolomitiche guardano dall’alto l’incedere dei corridori, le loro fatiche montane, il loro muovere di pedivelle e spalle, chini sulla bicicletta, appesa al manubrio.

 

Dolomiti, che sono Passo Pordoi, Passo Valparola, Passo Gardena, Passo Pinei, prima dell’ascesa di Pontives; che è diciottesima tappa, Moena-Ortisei, 137 chilometri, quattromila metri di dislivello; che è Mikel Landa e Tejay Van Garderen, avanti; che è attesa e poi screzio, ma senza sostanza e con troppa stanchezza, dietro; che è sprint a due per la vittoria, con l'americano che beffa il basco, ed è la seconda; che è surplace da podio dietro, attendismo a tratti ridicolo, incapacità di prendersi rischi e responsabilità. Quintana che attacca, Dumoulin che risponde e poi allunga, Nibali che rientra su tutti, ma poi tutto si blocca, nessuno azzarda, tutti i rivali staccano i favoriti, che si guardano, si studiano, non si muovono, nemmeno provano a chiudere. E così Thibaut Pinot e Domenico Pozzovivo si ritrovano in dote un minuto guadagnato, Ilnur Zakarin quaranta secondi. E così le Dolomiti diventano un nulla di fatto, un'occasione sprecata, passata, salutata. Tom Dumoulin ha fatto capire che lo Stelvio è alle spalle, le difficoltà archiviate, la strada spianata. A Quintana e Nibali sembra essere rimasto soltanto il podio, perché all'ultima tappa c'è una cronometro da correre e lì Dumoulin è imbattibile. Sembra. Perché ancora ci sono due tappe di montagna, un arrivo in salita e mezzo, Piancavallo e Foza, quindici chilometri da Asiago. Perché tutti sono stanchi e con le riserve ormai quasi esaurite e allora diventa questione di testardaggine e forza di volontà e in quella lo Squalo qualcosa di più sembra avere sul colombiano. Ma davanti c'è il Bazooka olandese e staccarlo, a oggi, sembra assai difficile.

Resta la delusione per una tappa che poteva essere rivoluzione e invece è stata restaurazione.


L'arrivo di Dumoulin, Quintana e Nibali (foto LaPresse)


 

Pordoi e Valparola sono antipasto eccellente, 2.239 e 2.200 metri sul livello del mare, terreno ispido buono per sgranare il gruppo, per dar modo agli avanguardisti di giornata di acquistare spazio, farsi rincorrere. Diego Rosa a segnare il passo, a fare corsa dura per il capitano Mikel Landa; Joe Dombrowski, Jan Hirt, Tejay Van Garderen a tenere le ruote degli uomini Sky e a sperare di ritagliarsi spazi personali successivi; Ruben Plaza, Andrej Amador, Winner Anacona e Kanstantin Siutsou ad attendere le mosse dei capitani. E’ sul Gardena però che la corsa s’infuria, diventa battaglia. Lo fa a 54 chilometri dall’arrivo e ci pensa Nairo Quintana: uno scatto secco, qualche centinaio di metri guadagnati, pochi secondi che sono sfida e dichiarazione di intenti. Il bis un chilometro dopo e questa volta ci pensa Vincenzo Nibali: uno scatto che è un allungo a ritmo altissimo, il ricongiungimento con il colombiano grazie anche all’aiuto di Dario Cataldo. Due colpetti che Tom Dumoulin guarda da lontano, con la calma di chi sulle spalle porta la Maglia Rosa e sa di andare abbastanza forte per reggere gli attacchi di chiunque.

 


Giro d’Italia fisso - la rubrica di Maurizio Milani


  

Oggi abbiamo provato a interrompere il Giro a 1 chilometro dall’arrivo per protestare contro il prezzo del latte imposto dall’Ue.

Tanti corridori ci hanno visto e hanno detto: “Ma quelli non sono gli stessi che protestavano per i visoni?”.

Noi: “Certo. Interrompiamo le gare ciclistiche per hobby. Siamo pagati da quelli della Vuelta”.