Il tappone riscrive il Giro. Nibali attacca e vince, Dumoulin lo ferma il "gabinetto"

Giovanni Battistuzzi

Lo Squalo attacca sul Giogo di Santa Maria, poi in discesa stacca tutti, raggiunge Landa e lo batte allo sprint. Il Bazooka olandese difende la Maglia Rosa nonostante un problema intestinale

L'aspettavano tutti e mai come quest'anno. Poteva essere rivoluzione, terreno buono per ridimensionare il tiranno, quel Tom Dumoulin che sino a oggi aveva dominato, vinto a cronometro e in salita. E rivoluzione è stata, ma a metà. Perché il Bazooka olandese si è staccato, ma non solo per meriti altrui; perché quando si passano i duemila la gara è un'altra e Vincenzo Nibali si trasforma, un attacco in salita, uno in discesa, rivali staccati, vittoria allo sprint davanti al coraggio lungo una tappa di Mikel Landa

 

L'aspettavano tutti e mai come quest'anno. Il tappone, 222 chilometri, Rovetta-Bormio, Mortirolo e poi Passo dello Stelvio, Cima Coppi, e ancora Giovo di Santa Maria, che poi è l'Umbrailpass, che poi è il terzo lato dello Stelvio, quello svizzero: 5.400 metri di dislivello, due volte sopra i duemila metri, lì dove l'ossigeno diminuisce e la fatica cresce esponenzialmente, 49 chilometri di salita certificata, più gli altri non conteggiati.


L'altimetria della sedicesima tappa del Giro d'Italia


Doveva essere lotta totale sul Giovo di Santa Maria, all'improvviso l'imprevisto, il coup de théâtre: Tom Dumoulin che si ferma in preda all'urgenza di un bisogno fisiologico, fatto lì nel campo, come capita, alla vecchia maniera. Davanti la fuga che va, cammina a due minuti, Mikel Landa e Steven Kuijswijk alla ricerca di redenzione, Jan Hirt in cerca d'autore, Andrej Amador e Wiler Anacona in attesa del capitano Quintana. Dietro, ma davanti alla Maglia Rosa, il gruppo che si guarda, che cerca di capire cosa sia successo, che studia contromisure, ma aspetta a metterle in pratica, ché ora la moda dice fair play, legge morale di rispetto, a volte, totalizzante, delle sventure altrui. Un tempo non era così, il ciclismo era sport spietato che non prevedeva la sfortuna e anzi, la sfortuna andava attaccata e punita.

 

Infine l'azzanno. Prima gregario: con Amador in testa al gruppetto a far ritmo e a farlo alto; poi capitano: due botte di Vincenzo Nibali che di chilometri ne mancavano venticinque, una di Nairo Quintana, gli altri attaccati alle ruote dei due: Domenico Pozzovivo e Ilnur Zakarin, gente di lotta, ma soprattutto di governo. Cambi regolari, salita di ritmo perché la Maglia Rosa è sì staccata, ma la paura di un fuorigiri, di trovarsi senza gambe, è sempre alta, e blocca la fantasia, consiglia di centellinare le energie, ché ad arrivare a domenica è ancora lunga e soprattutto in salita. Ai due dalla vetta lo scatto dello Squalo, l'allungo buono per fare un po' di confusione, dare una pugnalata al morale altrui più che alle gambe avversarie, l'avvertimento: ci sono. Ai 2.502 metri dell'Umbrailpass sono una decina di secondi il ritardo di Nibali dal basco della Sky, due minuti abbondanti su Dumoulin. Poi sono curve e pennellate, sono allunghi e staccate, recupero e nuovo vantaggio: quello nei confronti di Quintana e Pozzovivo e Zakarin. Lo Squalo si fa falco ed equilibrista, picchiata e avanguardia. Raggiunge Landa, lo stacca, poi lo riaspetta e se vanno al traguardo assieme, mentre Quintana gestisce, prova a rientrare, ma non ce la fa, mentre Dumoulin recupera, fatica, si percuote le gambe in preda ai crampi, riperde, mantiene la Maglia Rosa per 31 secondi. Quella del Bazooka olandese è comunque un'impresa, perché altri corridori prima di lui sono stati vittima di problemi simili e si sono staccati e persi, lui no: è rimasto in corsa, ha combattuto, si è rimesso a inseguire, non si è lascito andare alla deriva.

Tutto si conclude con un ruota a ruota: Landa contro Nibali, Nibali contro Landa, duecento metri, l'ultima fatica, l'ultimo scatto, quello buono. Primo Nibali, prima vittoria italiana a questo Giro. Per sé, per la squadra, soprattutto per Michele Scarponi.


Giro d'Italia fisso - la rubrica di Maurizio Milani


 

Domani noi del movimento animalista bloccheremo il Giro. La scusa ufficiale è per protestare contro le condizioni degli allevamenti di visoni. Ma la realtà è diversa: protestiamo perché Daniela Martani è troppo bella.

Dovevamo farlo oggi, ma i corridori ci hanno dato ragione in merito alla bellezza di Daniela Martani. Per questo la protesta la faremo domani.