Alessandro Petacchi sul traguardo di Treviso al Giro 2004 (foto LaPresse)

Il dominio signorile di Alessandro Petacchi: meno 13 al Giro100

Giovanni Battistuzzi

Al Giro d'Italia del 2004 il velocista spezzino vinse nove tappe, ma non perse mai la gentilezza e i suoi modi garbati

Le volate assumono dinamiche strane, spesso imprevedibili. Sono flussi dinamici di biciclette lanciate a oltre sessanta all’ora, un gioco di scie e tempismo dal quale dieci metri in più di aria presa in faccia possono decretare vittoria o sconfitta. Sono un balletto veloce adatto a gente potente e coraggiosa, corridori ai quali il senso del limite è poco chiaro. Sono un gioco d’acrobazia e di equilibrismo, di muscoli e di colpo d’occhio, di voracità e di indomabilità, un terno al Lotto dove non sempre serve essere i migliori, molte volte solo i più lesti. Al Giro d’Italia del 2004 tutto ciò non valse, perché il migliore lo era a tal punto che la casualità divenne ininfluente, una variabile non considerata dal dominio di Alessandro Petacchi.

 

Undici tappe buone per i velocisti, dieci sprint fatti e nove vittorie. Meglio di lui nessuno quell’anno, solo Alfredo Binda nella storia della corsa rosa. Petacchi conquistò Alba, Civitella Val di Chiana, Valmontone, Policoro, Ascoli Piceno, Treviso, Pola, San Vendemiano, Milano, unì l’Italia come un garibaldino in bicicletta, ma con il gusto napoleonico per la conquista. Solo a Carovigno dovette accontentarsi del secondo posto perché quel giorno si imbatté nella lucida furbizia di Fred Rodriguez, sprinter americano formatosi nell’anarchica confusione delle volate americane. Il resto fu dominio, assoluto, eccezionale, totalizzante.

 

Alessandro Petacchi era un paradosso d’atleta, univa basso profilo e alto voltaggio. Tanto furente e despota allo sprint, quanto gentile e tranquillo una volta sceso dalla bici. Avrebbe potuto urlare a tutti il suo talento, il suo regime, non lo fece mai. Ogni arrivo era un ringraziamento alla squadra, alla Fassa Bortolo, che quell’anno aveva un unico obbiettivo, tirare a tutta per lanciare la freccia spezzina. Tutti, compreso Dario David Cioni che giocava da uomo di classifica, che fu quarto dietro al duello rosso Saeco tra Damiano Cunego e Gilberto Simoni, gregario e capitano a inizio Giro, maglia rosa e terzo in classifica a Milano.

Vincitore: Damiano Cunego in 88 ore 40 minuti e 43 secondi;

secondo classificato: Serhiy Honchar a 2 minuti e 2 secondi; terzo classificato: Gilberto Simoni a 2 minuti e 5 secondi;

chilometri percorsi: 3.424.

Di più su questi argomenti: