Il Real Madrid vincitore della Champions League 2016 (foto LaPresse)

Perché la Champions League deve andare a lezione dagli americani

Francesco Caremani

Sui social la competizione calcistica batte tutti, ma quando si parla di soldi gli sport Usa non hanno rivali. Persino la World Series di baseball è più ricca

Secondo il CIES Football Observatory di Neuchatel la Champions League è la terza competizione meno equilibrata d’Europa, dopo il campionato cipriota e quello austriaco. Risultato ottenuto analizzando i gol di scarto di tutte le partite: in un quinto dei match (21 per cento), infatti, sono state segnate almeno tre reti di scarto. Con il 13% l’Europa League è più competitiva ed equilibrata. Nonostante questo la C1, per numeri e cifre è tra i primi tre eventi sportivi al mondo, insieme con NFL e NBA, il campionato di football americano e di basket statunitensi che non hanno eguali. Un dato particolarmente interessante riguarda l’audience della finale di Champions del 2016 confrontata con quella del Super Bowl, la finale della NFL, di quest’anno: 159 milioni di spettatori stimati per la prima contro i 140-150 della seconda, di cui poco più di 111 solo negli Stati Uniti (fonti, Uefa e Nielsen). L’audience media delle partite vede l’NFL prima con 16,6 milioni, la C1 seconda con 15,2 e l’NBA terza con 7,3. Quindi nell’avvenimento one shot il calcio è più visto del football americano, ma nella competizione quest’ultimo si prende la rivincita, dimostrando maggiore capacità di appeal verso il pubblico, un appeal che non si ferma alla banale considerazione del “mi piace più questo o quello” ma sfocia nell’abilità di chi lo organizza di farlo piacere di più, di renderlo maggiormente godibile attraverso l’esperienza televisiva.

 

Abilità che è ancora più apprezzata nella vendita dei diritti, dove l’NFL non ha rivali raggiungendo i 7,2 miliardi di euro l’anno, che erano 2,6 nel 2005 e 1,1 nel 1997. La Champions League è seconda a pari merito con l’NBA ma con soli 2,5 miliardi. Secondo alcuni NFL e NBA hanno un impatto internazionale minore rispetto al calcio, soprattutto la prima che rappresenta quanto di più tipicamente americano si possa trovare nello sport. Altri suggeriscono che si dovrebbero aggiungere alla C1 le cifre dei campionati di calcio più seguiti al mondo, cioè confrontare le diverse discipline piuttosto che i marchi delle leghe, e che alla fine il vero competitor della Champions a livello globale è la Premier, poiché si battono sullo stesso terreno di gioco. Tutto giusto, o quasi, ma allora perché l’NFL riesce a vendere così bene i propri diritti televisivi se ha un target di pubblico nettamente inferiore a quello del calcio? Calcio che attende con ansia l’esplosione in Cina e Indonesia e che si sta adattando sempre di più a quel pubblico, non solo nel merchandising ma anche negli orari dei match europei.

 

Sui social la Champions è più popolare di NBA e NFL, così come Real Madrid e Barcellona sovrastano una squadra come i LA Lakers (NBA), ugualmente CR7 e Messi con LeBron James. Quando si parla di soldi, però, lo sport americano resta in vantaggio senza discussioni. Secondo Forbes il valore del Super Bowl è di 592 milioni di euro, contro i 119 della C1, solo decima in questa classifica dietro pure le World Series MLB, baseball. In quella delle squadre i New York Yankees (MLB) sono primi con 620 milioni di euro, i Dallas Cowboys (NFL) secondi con 542, i LA Lakers (NBA) terzi con 513 e il Real Madrid quarto con 489. C’è qualcosa quindi che il calcio deve imparare dagli sport americani, sicuramente nella capacità di fare soldi con stadi sempre pieni. L’Uefa, intanto, sta prendendo le contromisure e l’idea di portare ai gironi le prime quattro dei campionati di Spagna, Germania, Inghilterra e Italia rientra in questa strategia, tanto che si stima che si potrebbero spingere i diritti televisivi a 3,2 miliardi di euro. Sfalsando anche le partite delle 20.45, metà alle 19 e le altre alle 21 per moltiplicare attenzione e spettatori.

 

Ma c’è di più. L’NBA (iniziando nel 1990) e l’NFL hanno giocato all’estero partite di regular season e il presidente dell’Uefa, Aleksander Ceferin, ha detto: “Per andare dal Portogallo all’Azerbaijan s’impiega lo stesso tempo che per andare a New York, ci rifletteremo”. L’idea è stata lanciata, ma difficilmente sarà sul tavolo prima del 2020. E comunque non per le partite dei gironi di Champions, visto che poi i club hanno le gare dei campionati nazionali e andare in giro per il mondo a giocare la coppa dalle grandi orecchie manderebbe in frantumi il delicato equilibrio dei calendari europei, però pensare una finale in un altro continente, com’è stato per decenni con l’Intercontinentale, non è poi così peregrino. Insomma, la C1 intravede le grandi leghe statunitensi che hanno alle spalle più esperienza per quanto riguarda lo sport business, con una differenza vera, il calcio deve ancora esplorare nuovi continenti, non solo per quanto riguarda pubblico e diritti televisivi; continenti che stanno a loro volta contaminando, con i propri capitali, il calcio europeo e la sua competizione regina. I margini per la crescita economica di un certo calcio (quello patinato dei campioni e dei grandi allenatori) sono ampi, perché non si tratta solo di vendere se stesso quanto l’esperienza, quel fare parte di un evento unico, come può essere un Barcellona-Juventus o un Real Madrid-Bayern Monaco; dal vivo o in televisione.