Mario Cipollini al Giro d'Italia del 1991 (foto di ta_do via Flickr)

Ode alla velocità, quando Mario Cipollini dominava gli sprint: meno 28 al Giro100

Giovanni Battistuzzi

A Mira, il primo giugno 1989, il rettilineo d'arrivo del Giro d'Italia fu azzannato da un ciclista dalla potenza incredibile, colui che sarebbe diventato il velocista più forte di sempre

Il primo giugno 1989 doveva essere una giornata pressoché anonima. Nessuno si aspettava niente da quei 148 chilometri piatti come una tavola. Da Mantova a Mira erano campi e fabbriche, paesini che si addossavano alle statali, calma assoluta. Nemmeno una salita che potesse dare la speranza a qualche avanguardista di un’eventuale, benché improbabile, riuscita della fuga. E anche il risultato sembrava scontato: Urs Freuler aveva dominato sino a quel momento le volate e le uniche preoccupazioni sembrava potergliele dare Jean-Paul van Poppel che a Catania aveva beffato tutti e aveva indossato la prima Maglia Rosa.

 

E così quando ai 250 metri dall’arrivo della 12a tappa, sul rettilineo del traguardo di Mira Mario Cipollini si alzò sui pedali per sprintare era soltanto un ragazzone al primo anno tra i professionisti, dalle ottime prospettive, ma tutte da dimostrare. Aveva vinto al Giro della Puglia, ma nella corsa Rosa sino a quel momento aveva trovato sempre i baffi dello svizzero Urs Freuler a precederlo. Mario d’altra parte aveva 22 anni e Urs era un signor velocista: per quasi la totalità dei corridori sarebbero ottimi risultati. Per lui no, erano uno schiaffo in faccia, soltanto degli insuccessi.

 

E così quando ai cento metri dal traguardo Cipollini prese la testa del gruppo e ai cinquanta vide il suo vantaggio crescere a tal punto che ai 25 riuscì a risedersi sul sellino e ai 10 ad alzare le braccia al cielo il ciclismo capì di avere trovato un fenomeno.

 

Il primo giugno del 1989 Cipollini conquistò la prima delle sue 42 vittorie al Giro, che è tanta roba per chiunque, che è record assoluto della corsa.

Il primo giugno del 1989 Cipollini divenne cognome conosciuto, temuto, da molti amato. Divenne Super Mario qualche anno dopo, quando le tappe al Giro e al Tour fioccavano e fu chiaro a tutti che un velocista più forte non ci fosse sulla piazza. In 19 anni di professionismo vinse tutto quello che uno sprinter poteva vincere, Milano-Sanremo e Mondiale compresi. Nel frattempo rivoluzionò questo sport. Fu il primo ciclista a diventare icona pop, a occupare le prime pagine delle riviste, a cambiare usi e costumi del ciclismo. Corse con body stravaganti, chiamò stilisti a disegnare le sue maglie, si inventò grafiche per caschi e biciclette, cambiò soprattutto il modo di fare le volate.

 

Cipollini istituzionalizzò il treno, lo fa diventare una macchina quasi perfetta. Rik Van Looy l’aveva inventato, Beppe Saronni migliorato, Super Mario lo rese sistema. E così i compagni diventarono una cosa unica, una fila indiana alla ricerca della velocità. Ogni uomo aveva il suo compito, dava tutto per un periodo predefinito di tempo, preparava la volata: il terzultimo uomo entrava in scena all’ultimo chilometro, il penultimo negli ultimi 500 metri, il resto toccava a Mario ed era quasi sempre vittoria.

Vincitore: Laurent Fignon in 93 ore 30 minuti e 16 secondi;

secondo classificato: Flavio Giupponi a 1 minuto e 15 secondi; terzo classificato: Andy Hampsten a 2 minuti e 46 secondi;

chilometri percorsi: 3.428.