Gibì Baronchelli dietro a Eddy Merckx e Felice Gimondi all'inizio della salita delle Tre Cime di Lavaredo

I dodici secondi di Baronchelli: meno 44 al Giro100

Giovanni Battistuzzi

Il Giro d'Italia del 1974 fu l'ultimo conquistato da Eddy Merckx. Fu l'edizione con il distacco minimo della storia tra il primo e il secondo, tra il Cannibale e Gibì

Dodici secondi. Quanto basta per il primo giro di chitarra dell’intro di Starway to Heaven dei Led Zeppelin; dieci volte tanto il tempo per innamorarsi, o almeno per provare quello che certi scienziati chiamano amore; il tempo per quaranta battiti quando il cuore pompa a mille e si è a tutta in salita. Dodici secondi. Il discrimine minimo, almeno al Giro d’Italia, tra vittoria e sconfitta, quanto basta, forse, per segnare un’intera carriera.

Era il 1974 e quei dodici secondi furono il fortino che eresse Eddy Merckx, l’ultimo Merckx vincente al Giro d'Italia, per difendersi dall’attacco di un ragazzotto con un talento incredibile e il vizio ricorsivo di sbagliare qualcosa al momento decisivo di una grande corsa a tappe. Dodici secondi, tanto mancò a Gianbattista Baronchelli per spodestare il Cannibale da quel posto che si era per oltre un lustro cucito addosso, il primo.


Il podio del Giro del 1974: al centro Eddy Merckx, a destra Gibì Baronchelli, secondo, a sinistra Felice Gimondi, terzo


Baronchelli era Gibì per i tifosi, Tista per gli amici, era uno scalatore eccezionale, un grande fondista, uno capace di difendersi abbastanza bene pure a cronometro. Un incompiuto scrissero. Ma è fin troppo ingiusto per uno che ha esultato per novantaquattro volte in carriera, che per tre volte è salito sul podio e che per dieci volte in undici edizioni ha terminato il Giro tra i primi dieci. Uno che però forse ha vinto meno di quello che la stampa e gli appassionati di ciclismo si aspettavano. Ma “le aspettative son gramo racconto, che molte volte forvia i giudizi”, almeno per Antoine Blondin, ma lui parlava di Rogere Rivière, uno tra i più grandi e sfortunati talenti francesi degli anni Sessanta.

 

Restano le imprese più che i piazzamenti. Resta quella scalata alla Tre Cime di Lavaredo, le stesse che beffarono Felice Gimondi ed esaltarono Eddy Merckx, che in quel 6 giugno 1974 riuscì a salvarsi con l’intelligenza dall’assalto di Gibì e dal volo di Fuente. Dodici secondi. Quelli che mancarono a Baronchelli per realizzare l’impresa al suo primo anno da professionista. Dodici secondi. Tanto non riuscì a guadagnare al Cannibale inerpicandosi su quella strada che più che salita è ascesa. Solo in un inseguimento impossibile a José Manuel Fuente. Solo, ma davanti alla Maglia Rosa che su quelle pendenze quell’anno tentava di non affondare. Dodici secondo. Quanto basta per non parlare di Gianbattista Baronchelli come l’uomo che aveva battuto Eddy Merckx.

Vincitore: Eddy Merckx in 113 ore 8 minuti e 13 secondi;

secondo classificato: Giambattista Baronchelli a 12 secondi; terzo classificato: Felice Gimondi a 33 secondi;

chilometri percorsi: 4.001.