Marcelo Bielsa (foto LaPresse)

Bielsame mucho

Stefano Ciavatta
Un visionario in tuta. Il guru del calcio argentino pronto a sposare la Lazio. Lotito ha deciso di portare una ventata di follia a Roma.

Oltre 80 giorni per trovare un allenatore, un giro del mondo da cui Lotito è tornato con il nome di Marcelo Bielsa, il visionario argentino sessantenne col dress code in tuta e maglietta, il guru maniacale che l’anno scorso con una conferenza fiume ha stregato tutti a Coverciano, il tempio italiano del tatticismo. Tanti, troppi giorni sono passati dalla sonora sconfitta all’ultimo derby e dall’esonero di Stefano Pioli, l’ultima delle scommesse di Lotito, tutto gioco in avanti e niente trincea dietro. A chi lo aveva preceduto, il sergente Edy Reja, si rimproverava il contrario, troppa minestra e poco dinamismo. Nessuno a Formello è mai riuscito a imporsi sul tredicesimo in campo, la sagoma ingombrante del padrone della Lazio. Il karma degli allenatori scelti da Lotito è sempre stato tiepido, orientato al far bene senza sfrenate ambizioni, sul cv era richiesto un ego modesto, gradito un po’ di mestiere e molta educazione.

 

Per il resto del campionato la Lazio ha navigato a vista con Simone Inzaghi in panchina, ultima eco cragnottiana, senza però riacciuffare l’ingresso in Europa League. Nel giro di dodici mesi la Lazio è passata dall’euforia per i preliminari di Champions a una stagione scellerata, schema già ripetuto dopo la vittoria della Coppa Italia contro la Roma: piazzamenti e successi gestiti male che hanno ribadito la dimensione da piccolo cabotaggio. I nodi sono venuti al pettine: l’ostinata solitudine di Lotito, l’assenza di un frontman che nell’immaginario tolga il “tessoro” Lazio dal presidente Gollum, e poi la disaffezione rancorosa del pubblico che non ha mai letto Sun Tzu e non sa che ogni guerra costa cara, e infatti passa il tempo a disertare lo stadio e a chiamare le radio per sfogarsi, ma non ottiene nulla. Però quest’anno anche la pazienza degli ultimi fedelissimi abbonati si è sbriciolata. Tanto lo strazio insomma, che la Lazio per la nuova stagione rischiava di darsi appuntamento su Tinder.

 

E’ su questo mood che Marcelo Bielsa dovrà posare la prima pietra e riportare l’entusiasmo a bordo, ovvero convincere quella comunità laziale depressa e frastagliata, dove convivono il melodramma e l’esistenzialismo, la tragedia e la commedia, cialtroneria e cose matte e disperate, pietas e teppismo. Le spalle larghe dell’ex allenatore di Argentina, Cile, Atletico Bilbao e Olympique Marsiglia, sapranno abbracciare il laziale crepuscolare, quello pessimista cosmico, l’introverso, l’euforico, lo sfrontato, il nichilista, e poi ancora il saggio, lo storico, il reduce e l’atleta, il pazzo, il selvaggio, il sentimentale, il dandy, il tribuno e lo straniero, il paracadutista e il premio Strega, il sapiente e il cronista, il poeta e l’agitprop, il trasteverino e il modenese, i ragazzi del Tufello e del Quadraro, quelli di Roma Nord e di Monteverde, i veneziani e gli svedesi, il fascista e il compagno, la bandiera inaspettata e l’amico traditore? Tutti quanti con in testa un’idea di Lazio differente, tanto che conosciuto un laziale restano da conoscere tutti gli altri. Sono tutti impazienti, anche Bielsa lo è, ma lui è l’uomo che promette di portare la trincea nel gioco e viceversa.

 



 

L’attesa. La via crucis laziale al calciomercato è già andata in scena. Anche la leggenda Bielsa rientra negli standard da telenovela lotitiana, altra fonte di grande malcontento. I lanci di agenzia raccontano il lento avvicinamento all’obiettivo. “L’accordo c’è, manca la firma”, è il refrain del Lodo Bielsa. Lotito è imprevedibile nella sua linearità. Per lui, fino al giorno del ritiro, annunciare Bielsa è pleonastico. I topic sui forum delle community biancocelesti sono invece lucchettati per scaramanzia. Anche gli addetti ai lavori fremono. “Grande scelta quella del Loco Bielsa! Se non mette le mani addosso a Lotito al primo mese, può fare molto bene”, dice su Twitter Sandro Piccinini. Ma come racconta Manuele Baiocchini, inviato di SkySport, “nessuno è davvero pronto per questo personaggio, perché nessuno sa cosa aspettarsi da lui. E poi Bielsa è una novità assoluta per la Lazio, nessuno avrebbe immaginato potesse arrivare qui”.

 

Per i laziali l’arrivo di Bielsa a Roma vale come un Giubileo straordinario: un anno di contratto e un accordo economico importante quanto un top player, si stima intorno ai 3 milioni staff incluso (altro tabù lotitiano rotto, Pioli prendeva solo un milione di euro): “Sì, o la va o la spacca – dice ancora Baiocchini – è certo un rischio per Lotito investire 3 milioni di euro per un allenatore, ma il presidente non vuole vedere deprezzata la rosa come è successo l’anno scorso e sta cercando una figura forte. E’ bastato il nome di Bielsa e la piazza ha ritrovato entusiasmo. Bielsa fa tabula rasa dei precedenti allenatori, è molto esigente, accende i riflettori su di sé, è difficile andare d’accordo se non si va dove vuole lui. E’ un impegno totale, va sostenuto anche nelle scelte particolari”. A parte il pagamento in dollari per motivi fiscali argentini – El Loco viene da una famiglia di avvocati – nel pacchetto Bielsa ci sarebbero bonus per piazzamenti e per valorizzazione dei giocatori, allenamenti chiusi al pubblico e alla stampa nel prossimo ritiro di Auronzo, cambiamenti strutturali sui campi da gioco di Formello per rafforzare la privacy, poi stanze con maxischermo e poltrone vibranti, minicar per girare sul campo, tablet per spiegare la tattica ai giocatori. Più, ovviamente, le certezze sul fronte arrivi e cessioni. Anche se ha tutto in testa, Bielsa non verrà a Roma solo con un trolley.

 

L’uomo del decalogo Alla Lazio negli anni Novanta arrivò un altro guru integralista, Zdenek Zeman. Ma i santoni nel calcio non vincono mai. “Tifo per l’arrivo di Bielsa dal 27 aprile quando si parlava invece di Sanpaoli alla Lazio – racconta Francesca Turco, giornalista e conduttrice per Radio Incontro Olympia – e da zemaniana convinta trovo molti punti di contatto. Zeman fu sfortunato ad arrivare secondo e terzo quando non valevano l’ingresso in Champions, ma ha avuto il merito di aver recuperato la dignità di andare a vincere ovunque. Anche Bielsa è propedeutico a ritrovare un’identità perduta, anche se El Loco è più esasperato ed esasperante”. Ma chi è questo santone che sta arrivando a Formello a dire di cambiare tutto? “Alla Lazio arriva l’uomo del decalogo, un tecnico che vive di calcio, ma diverso da un Fabio Capello. Bielsa accetta le sfide, sceglie piazze particolari, gli piacciono i mondi a parte come Bilbao, dove ha portato l’Atletico in finale di Europa League, diventa simbiotico. In dodici anni”, continua Turco, “Lotito non ha mai investito sulla guida tecnica, ha sempre preso allenatori che dovevano crescere o rilanciarsi, nessuno doveva fargli ombra. Prendere Bielsa invece significa ‘sono pronto a mettere qualcuno davanti a me’. Questa è la novità”.

 


Marcelo Bielsa (foto LaPresse)


 

Di cosa ha più bisogno questo depresso e irrequieto mondo Lazio? Della follia – “Difendere è un inconveniente, nel calcio e nella vita” è uno dei mantra di Bielsa – che cattura qualsiasi resistenza e perplessità – e certo quella del tecnico argentino è una follia maniacale, organizzata, aggressiva e non naif. Oppure invece ha bisogno della sapienza artigianale di un allenatore sanguigno ma furbo, cioè di qualcuno che sappia durare, e che conosca tutti i trappoloni della provincia, che sappia annusare l’aria di certi campi e di certe partite che si mettono male, là dove la massima è che “il calcio è l’unico sport dove conta il pareggio”?

 

“Visto l’anno scorso non sarei andata sull’allenatore straniero – continua Turco – Prandelli era già un profilo più alto rispetto a Pioli ma non avrebbe avuto questo effetto. Un rischio c’è ma lo corro perché la gente andrà a vedere la Lazio di Bielsa mentre prima disertava la Lazio di Lotito. Considerato l’ambiente è una opportunità, Bielsa è un catalizzatore, lo sanno bene tutti i giocatori che ha valorizzato, come Batitusta”.

 

Il mito. A chi teme che Bielsa non sappia chi sia il terzino del Sassuolo o dell’Atalanta, squadre con sui spesso la Lazio si è arenata in momenti importanti, c’è chi risponde che Bielsa ha una lingua tutta sua. Guy Chiappaventi, inviato di La7 e autore del mitologico “Pistole e palloni” (Ultra) sulla banda di Chinaglia e Maestrelli, è pronto ad accogliere il mito: “Questa Lazio al suo minimo storico ha bisogno di un visionario taumaturgo, oltre Bielsa non mi viene in mente un altro nome. In un momento di scollamento totale, con uno dei peggiori presidenti e un pubblico che non fa nulla per essere migliore, un uomo con la visione alla Che Guevara, è di Rosario anche Bielsa, mi sembra perfetto”. E la lingua dei tosti campi di provincia? “Anche Eriksson era straniero, ma qui ne faccio solo una questione sentimentale, non tecnica. Bielsa è il calcio come capacità di identificazione: marsigliese tra i marsigliesi, basco tra i baschi. Almeno ci consentirà di ritirare fuori la sciarpa nel cassetto. Siamo passati dal compitino di Inzaghi e dall’ipotesi del bravo signore dai modi preteschi come Prandelli a Che Guevara”.

 

Nel decalogo di Bielsa sta scritto: “Il successo è deformante: rilassa, inganna, ci rende peggiori. Al contrario, l’insuccesso è formativo: ci rende stabili, ci avvicina alle nostre convinzioni, ci fa ritornare a essere coerenti”. Un paradosso per una piazza romana che fatica a essere competitiva. Ci sarà tempo per meditare sulle sconfitte e per imparare in una città calcisticamente feroce? Dice Bielsa: “Non reclamate nulla, ingoiate il veleno, accettate l'ingiustizia, che alla fine tutto si riequilibra”. Davvero sarà così? Chiappaventi: “Ora servono motivazioni, non tanto un’idea di scudetto o di qualificazione Champions, ma recuperare un’idea di Lazio”.

 

Ortodossia. Quando si parla di Lazio bisogna sempre interrogare gli archivi e il loro custodi. Per Piero Strabioni, autore di “Calcio Romanus Sum” e “La Lazio è de più” sui primi pioneristici trent’anni della Lazio, Bielsa è “un fomento a scatola chiusa, che non è da laziali”. “Ma oggi i tempi sono ostaggio della situazione, si viene da una disaffezione generale”, spiega lo scrittore. “Se ci prendiamo questa Lamborghini poi bisogna assecondarla. Bielsa è un loco che si mette davanti a un altro loco, cioè Lotito. E’ vero che chi si somiglia si piglia, ma per prendere questo genio strapagato Lotito deve impare a delegare, assecondare, fidarsi”. A Roma c’è già stato un Loco, Juan Carlos Lorenzo (tra il 1962 e il 1964, e poi ancora tra il 1968 e il 1971 e infine con Chinaglia presidente tra il 1984 e il 1985): “Con la Lazio Lorenzo integrava l’allenamento con la rincorsa alle galline come Rocky. Fece dimagrire il difensore Filisetti per marcare meglio Francis della Sampdoria, e bruciare la maglietta rossa del portiere per non dare un punto di riferimento agli avversari. In panchina con la Roma (1964/65) andò peggio: fu lui a inventarsi la colletta del Sistina per pagare i soldi della trasferta a Vicenza in un momento difficile delle casse giallorosse”. Altri tempi, altri anfitrioni.

 

So Foot. Il vento di Bielsa entusiasma anche Eric Maggiori, caporedattore francese del mensile SoFoot e tifoso biancoceleste proprio dal 1995, dopo un quattro a zero di Zeman e Signori alla Juventus. “Bielsa è una scommessa, non un azzardo. Tutti gli amici del Marsiglia mi dicono che stiamo per vivere una stagione straordinaria. Lui sa motivare i giocatori, e abbiamo bisogno di questo. Abbiamo visto negli ultimi anni che il problema numero uno della Lazio è un problema mentale. Con Bielsa, i vari Felipe Anderson e Keita possono diventare dei fenomeni come lo è diventato Payet”.

 

Strega. Anche lo scrittore Edoardo Albinati attende Bielsa: “E’ bastato prendere due taxi in un solo giorno e mi sono fatto un’opinione non mia. Il primo tassista era il classico laziale scettico in blu, ‘tanto l’allenatore senza i giocatori non va da nessuna parte, è il solito problema di Lotito’. L’altro ha detto che ‘bisogna prendere i giocatori apposta per Bielsa, non i top player’. Gli ho chiesto come facesse a saperlo. Mi ha risposto ‘lo seguo da sempre’. E ho capito così l’importanza di Bielsa”.