Chris Froome (foto LaPresse)

Froome non piace, quindi è colpevole. La caccia all'uomo al Tour e le inconsistenti accuse di doping

Giovanni Battistuzzi
Al Tour de France che si sta correndo ormai le prestazioni sportive, gli scatti, le fughe sono un contorno della querelle di stampa e televisione francese contro il corridore della Sky. L'attenzione è sui valori fisiologici e tecnici del keniano, ma questi non possono essere incontrovertibile, solo interpretabili.

Il tribunale d'inquisizione del ciclismo è aperto e al centro dell'aula c'è un imputato vestito di giallo davanti alle dita puntate di stampa e indignados sportivi: Chris Froome. Al Tour de France che si sta correndo, che ha iniziato a scalare le Alpi e che domenica si concluderà a Parigi ormai le prestazioni sportive, gli scatti, le fughe sono un contorno della querelle di stampa e televisione francese contro il corridore della Sky, la squadra della maglia gialla. Le accuse sono silenziose, si leggono tra le righe, tra i non detti ma fatti intuire, le accuse sono le solite, quelle che da oltre un ventennio accompagnano i chilometri dei corridori, doping, sostanze proibite, trucchetti per alterare e migliorare le prestazioni sportive. Dopo la chimica degli anni Novanta e dell'era Armstrong, sette Tour vinti e poi cancellati dalla memoria dell'albo d'oro, il Froomegate.

 

Più che caso, mistero, più che certezze, illazioni, più che ciclismo, dati. Il Tour 2015 si sta trasformando in un Cluedo di numeri, dove l'assassino è sulla bocca di tutti e le prove non sono coltelli insanguinati, pistole fumanti, ma Vam e Watt, potenza e frequenza di pedalate, diagrammi di flusso e grafici. Froome in mezzo a questo turbinio di cifre.

 

L'incipit è pirenaico, decima tappa, Tarbes-La Pierre-Saint-Martin, 167 chilometri, primo arrivo in salita della Grand Boucle. Il keniano d'Inghilterra attacca, stacca tutti, vince. Dietro il resto del gruppo, distacchi pesantissimi, Tour ipotecato: Nairo Quintana a un minuto, Alberto Contador a tre, Vincenzo Nibali a quattro e mezzo. Dominio imbarazzante, troppo imbarazzante, dicono gli addetti ai lavori. E via ai sospetti. Il giorno dopo su YouTube vengono pubblicati due video con i valori fisiologici e tecnici della prestazione di Froome della tappa del Mont Ventoux del Tour del 2013, vinto dal keniano, e hackerati pochi giorni prima con tanto di denuncia ufficiale del team Sky. I video mostrano dati sorprendenti: pulsazioni basse nonostante lo sforzo, watt espressi a livelli dell'epoca Armstrong, Vam (velocità ascensionale media - ossia il parametro che misura il numero di metri di dislivello in salita percorsi in un'ora), mai raggiunte da nessun ciclista. "Oltreumano" commentavano a France2.

 


Il video della scalata al Mont Ventoux di Chris Froome al Tour de France del 2013


 

"Questi dati non sono veritieri", hanno commentato i dirigenti inglesi, ma la smentita della Sky è passata in secondo piano: le illazioni avevano già fatto il loro corso e la sentenza era già stata emessa: colpevole, dopato.

 

Froome non piace, non è una novità, come non piace la Sky. Stampa e appassionati non hanno perdonato agli inglesi di aver trasformato un campione della pista, Bradley Wiggins, in un corridore da grandi giri, e in uno sport segnato dagli scandali doping il basarsi sulle magagne passate è una norma. Froome non piace per come pedala, per come corre testa bassa sul ciclocomputer, per come sta attaccato alla radiolina. Froome non piace e per questo genera dubbi e sentenze senza appello: colpevole, dopato.

 


Chris Froome sulla salita di La Pierre-Saint-Martin (foto LaPresse)


 

I commenti sulle prestazioni sono diventate ricerca di numeri, il racconto sportivo un trattato scientifico di anatomia e fisiologia, dimenticando che il ciclismo non è scienza esatta, i dati presentati come assoluti sono in realtà variabili che possono cambiare anche sensibilmente per un decimale nel peso, nella temperatura atmosferica, nel vento, nella lunghezza della salita. Dati non assoluti, acquisiti dalle squadre e non da un'istituzione indipendente, interpretabili, non incontrovertibili.

 

[**Video_box_2**]E così Froome diventa colpevole per antipatia, non per certezze, per il suo incedere sgraziato, per quella frequenza pazzesca di pedalate che sembra impossibile. Froome paga vecchie colpe, non sue. Paga uno sport facilmente attaccabile, capro espiatorio perché gestito male ai vertici internazionali, sovraesposto per passione e appassionati, ma economicamente più debole di altri.

 

Se Froome sia colpevole o innocente non conta, lo si scoprirà con gli anni, ma va lasciato correre perché non è ammissibile permettere uno stillicidio di accuse del genere, non è possibile continuare nella caccia all'uomo, nella caccia al colpevole a ogni costo, dimenticandosi che il ciclismo è stato dalla sua nascita lo sport delle azioni impossibile, dell'assurdo che diventa reale, dell'uomo da solo al comando. E pensare che questo sia esclusivo frutto della chimica, se può essere vero, è comunque parziale, inesatto. Stupido.

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