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Il molestatore sul lettino

Sofia Silva

Non c’è godimento senza castigo, e lui lo sa bene. Un po’ di Freud per l’uomo di potere infoiato

I cosiddetti Uomini di Potere – di portiere, sghignazzano i portieri, per subito spaventarsi e poco dopo fare spallucce – possono perdere faccia, famiglia, patrimonio, gloria eterna e, nel caso abbiano ideali, la battaglia di una vita. Quando credono di vincere pubblicamente la battaglia, possono perderla davanti a se stessi, dinanzi all’implacabile specchio delle tante brame. Specchio che a lungo è sembrato adularli, i Potenti, per poi spregiarli con un ghigno atroce. E chi è la più bella del reame? Colei che è scappata a gambe levate. Chissà quali notturni diavoli per il Re che pur di sposarne sei ne tagliò una, e quanta adrenalina per il truce finanziere sex offender, mentre il membro del Congresso scopre il sexting e il Re dipendente da prostitute è gabbato dall’archiatra di corte amante della regina e l’anchorman pedofilo veste di tweed… Mi si chiede di ragionare su cosa spinga l’Uomo di Potere alla rovina nell’inseguimento del godimento perverso.

 

La Venere impossibile intorno alla quale l'uomo di potere gravita, quella a cui vuole fare del male, è la Legge e non la donna di carne e sangue

Libro VII, Il paradosso del godimento: Lacan canzona “il caro Kant in tutto il suo candore, la sua candida furbizia”. In una storiella, Kant scrive di un personaggio posto dinanzi a una scelta: passare la notte con la dama illegalmente concupita ed essere giustiziato appena uscito dall’alcova o starsene nella propria stanza e vivere? Kant non mostra dubbio alcuno: in virtù della ragione e della Legge morale, ciascun uomo sceglierà di rinunciare alla lussuria di una notte, preferendo vivere. Di questa casta certezza, Lacan si fa una grassa risata; scrive: “Notate questo: basta che facciamo passare la notte con la dama dalla rubrica del piacere a quella del godimento – il godimento implica appunto l’accettazione della morte – perché l’esempio crolli”. In altre parole: se l’uomo dell’aneddoto kantiano si reca dalla dama nella consapevolezza di subire la pena del patibolo, non è per amore, ma per inseguire un godimento inerente alla pulsione di morte; nell’inseguimento, l’uomo sarà disposto anche a morire, addirittura lo desidererà. Laddove la Legge impone un divieto, l’Uomo di Potere che insegue il godimento lo trasgredirà. Scrive Lacan: “Se la legge morale è suscettibile di svolgere qui un qualche ruolo, esso consisterà precisamente nel servire da appoggio a questo godimento”. In altre parole, le mie: l’uomo dell’aneddoto kantiano si unirà alla dama e affronterà il patibolo non per amore, non per piacere, non tanto per lussuria, quanto per trasgredire alla Legge. La Venere impossibile intorno alla quale l’Uomo dal perverso Potere avidamente gravita, quella che concupisce, quella a cui vuole fare del male, quella da cui a tutti i costi vuole farsi notare, è la Legge e non la donna di carne e sangue.

 

La deriva è perversa, o meglio, quando si sostituisce alla Legge la leggina autonoma e autistica che asseconda il godimento, si entra nel campo della perversione: il cortigiano di Kant penserà che giacere con la dama è un suo diritto. Che Weinstein invitasse e isolasse signorine in hotel di mezzo mondo proprio nella speranza di essere scoperto? Nel desiderio che la Legge – Legge inconscia o legalità – si accorgesse di lui? Che la sua ricerca sia stata e forse ancora stia nel rischiare di essere denunciato passando in rassegna centinaia di attrici i cui corpi si confondono nella sua testa? Il godimento potrebbe risiedere proprio lì, nel brivido che separa il rischio dalla denuncia. Già ne Il disagio della civiltàFreud concatena l’aspetto mortifero del godimento all’attesa del castigo: “Il soddisfacimento sfrenato di tutti i bisogni si propone come la condotta di vita più seducente del mondo; ciò significa però anteporre il godimento alla prudenza e, dopo non molto, implica il proprio castigo”. La prigione delle sbarre o la prigione del senso di colpa?

 

Il caso Schreber. Jimmy Savile e cinquant'anni di pedofilia. La giovane Elisabetta, non ancora regina, e i giochi con i cadetti

C’è poi da sottolineare che in questo caso – uno dei tantissimi casi, immagino, sin dai tempi di Sardanapalo immortalati dal sublime pennello di Eugène Delacroix – non è un cortigiano con rendingote e fazzoletto a voler fottere e farsi fottere dalla Legge, ma uno di quei fantasmagorici individui che la società chiama Uomini di Potere. Cos’è un Uomo di Potere? Un uomo che passa la giornata a sentirsi potente? Un uomo che alla stregua di Macbeth trascorre i giorni e le notti a bersi la sua vittoria e a cui, al culmine del godimento, si presenta lo spettro di Banquo? No, si presenta Dario Argento. Il Potere e l’Impotenza non sono reali, non hanno corpo, sono fantasmi della mente. All’Uomo il Potere può essere attribuito dalla comunità, ma quando l’Uomo si sente il Potere addosso e pensa di esercitarlo, ne resta furiosamente assoggettato. Nel momento in cui il mirabile, grandioso giurista Daniel Paul Schreber è stato nominato Senatspräsident, presidente della Corte d’appello di Dresda, ha fatto di questa nomina il segno distintivo del proprio essere, il suo nome proprio, ed è precipitato in una rovinosa caduta. In questa assunzione, le sue fantasie sono diventate incubi capaci di scatenare un infero godimento: “Il sole è una puttana”, urla Schreber, parlando di Dio.

 

Triste affaire quello di Weinstein, che nella sua bramosia di potenza regala a destra e manca tristezze, risate, disperazioni, risentimenti, accuse, identificazioni, paure, rabbia, brame, equivoci, interrogativi, pentimenti, mancanze, sensibilità, furori, ghigni, litigi, curiosità, odi, rimpianti, solidarietà, bestialità e godimenti… Si è aperto un fantasmagorico scenario sociale in cui ciascuno di noi, dicendo ciò che pensa dell’affaire, può enunciare tra le righe le proprie più inconsce fantasie sessuali. E ora che alcuni attori hanno cominciato ad autodenunciarsi per gesti innocenti, è del tutto chiaro che ognuno di noi – suore, golfisti, tabaccai, scrittori, pittori, avvocati, giudici, poeti – sente di vivere e di aver vissuto esperienze sessuali indecifrabili.

 

Che Weinstein invitasse e isolasse signorine in hotel di mezzo mondo proprio nella speranza di essere scoperto?

Oltre a un complicato rapporto con la Legge morale, l’Uomo di Potere può nutrire la più inafferrabile belva, la dipendenza. Sex addiction? Nel diritto romano arcaico addictus era il debitore insolvente costretto a consegnarsi come schiavo al proprio creditore. Si pensa sempre, fino alla fine, di riuscire a saldarlo, quel debito. L’Uomo di Potere che vive nella logica del potersi concedere tutto, si sente esente da limite e Legge; pensa di poter accedere a un godimento a portata di mano, e di poterlo regolare, calibrare, questo godimento. Se la dipendenza del tossicomane è finalizzata a coprire il vuoto, quella del Powerful Man è pulsione a briglia sciolta. Dall’apice della libertà che l’Uomo di Potere pensa di concedersi, subentra la dipendenza. Ciascun tossico, ciascun Powerful Man in preda alla perversione, crede di saper bilanciare le dosi e di poter smettere quando vuole. E’ questa la menzogna cui si assoggetta l’Uomo di Potere: esercitare il potere attraverso la padronanza. L’Uomo di Potere diventa così schiavo della propria padronanza: lo schiavo crea il padrone. Cosa resta da fare al padrone per verificare il proprio potere se non testare il grado di sottomissione dell’altro? Se il servo denuncia il padrone e la sottomissione fallisce, accade lo svelamento, cade il potere. Tra le miriadi di articoli letti in questo mese, mi è rimasta questa frase letta sull’Atlantic: “Some people go to prison, and others go to rehab”.

 

Nonostante nel 2016 Weinstein avesse arruolato ex agenti del Mossad facenti capo ad agenzie investigative per raccogliere più informazioni possibili sui colloqui tra attrici e giornalisti, poco si sa di quello che effettivamente gli ronza per la testa. Non sappiamo in balìa di quale sentimento abbia condotto queste ricerche. Certo è che la Storia racconta di come spesso l’Uomo di Potere si relazioni al sesso e alla sua gestione in ossequio a una logica di possesso. E’ utile rileggere un saggio del 1980 scritto dallo psicoanalista Massimo Meschini e intitolato Il sesso della paranoia. Meschini fa riferimento al caso di Schreber, da cui si possono reperire conclusioni che valgono per la maggior parte delle logiche perverse. Scrive Meschini: “Attraverso la fondazione di uno stato perfetto di cui si fa legislatrice, la paranoia mira a costruire la personalità ideale esercitando una padronanza sulla legge […] Padroneggiata la legge, il desiderio si realizza in un godimento senza intervallo”. C’è dunque da interrogarsi intorno al godimento e alla sua ricerca spasmodica; nulla di un limite o di una scansione temporale sembra presentarsi e turbarlo. Che cosa può interrompere l’incessante godimento, in questa logica, se non la denuncia che spezza l’eternità in cui nulla sembra scriversi?

 

Così Meschini presenta l’interruzione dell’eternità del godimento a proposito del Presidente Schreber: “L’urlo è la forma attraverso cui Schreber percepisce la lacerazione temporale in cui si produce il soggettuale. L’urlo enuncia anche l’irruzione della differenza sessuale intesa come stupro, lì dove si aspettava l’armonia del rapporto”. Mi chiedo: la denuncia può introdurre una lacerazione temporale laddove la coazione a ripetere sembra avere il sopravvento? Eternità e interruzione: il tempo, proprio lui, lo scacco che manovra le partite tra l’Uomo, il Potere e la perversione. Attualmente si ascoltano persone che parlano della loro sofferenza dopo anni e anni. Si è tanto discusso della vergogna provata da chi è stato o si è sentito sopraffatto, ma ancor di più bisognerebbe parlare dell’assenza di Padre. È necessario che le persone violate, per trovare la forza di parlare, avvertano che ci sia qualcuno pronto a proteggerle. Non essere creduto nel momento in cui si racconta il fatto può essere più traumatico del trauma raccontato.

 

Il più clamoroso esercito di vittime inascoltate ogni giorno fornisce nuove testimonianze agghiaccianti sul proprio vissuto con Jimmy Savile, l’orco britannico graziato dalla morte – ma sarà vero che l’Inferno ha chiuso le porte, come tanti sperano? – morte che lo raggiunse pochi mesi prima dello scandalo che lo vedeva protagonista di cinquant’anni di pedofilia a scapito di centinaia e centinaia di vittime. Deceduto nel 2011, da Uomo di Potere ricevette fastose cerimonie per le sue opere di carità; nel 2012, a seguito di un’inchiesta, bambini e bambine ormai adulti cominciarono a parlare. Sessant’anni a creare corpi del reato e metterli a tacere, chi lo aiutò nella tenebra? Il godimento del nascondere si era aggiunto a quello dello stupro? Quale godimento prevaleva tra i due? E soprattutto, cos’è rimasto di quello scandalo oltre alle scuse del Secretary of State for Health rivolte alle vittime stuprate in ospedale che nell’ospedale dovevano essere protette? L’oblio in cui cade lo scandalo è l’altra faccia dell’omertà che lo ospita? Ma ora basta con i Powerful Men e i godimenti perversi che in un certo momento dell’anno, specialmente nel placido autunno, ci rendono noti i loro nomi. Le fanciulle disperate spezzano il cuore, non è indispensabile commettere un delitto per ferire a morte una donna, e tutte le donne sono Marina Cvetaeva: “Io posso amare solo la persona che in una giornata di primavera a me preferirà una betulla”.

 

Da Jack the Ripper alla English Rose, concludo con una scena lieta, con la Donna che sempre si è divertita e ancora si diverte, tantissimo: quel suo buffo piacere stampato in faccia, sì proprio lei, la Regina Elisabetta. Finita la Seconda guerra mondiale, la famiglia reale viaggiò verso il Sudafrica: Elizabeth aveva vent’anni e Margaret sedici. A testimonianza della navigazione rimane un bellissimo antico filmato che vede le principesse giocare ad acchiapparella sul ponte della nave con almeno una trentina di cadetti, la futura Regina avvolta in uno svolazzante vestito fiorito. Buttandosi nelle braccia dell’uno, toccando la schiena dell’altro ufficialetto, Elizabeth corre a perdifiato sul ponte, ridendo incessantemente. Ed ecco – lume dei numi che ai numi è sfuggito – ecco che la mano di un giovane ufficiale si posa… sul grazioso sedere della futura Regina! Apriti cielo, lei che fa? Si gira verso Margaret e ride. Così fan tutte? No per carità, ci mancherebbe altro!

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