L'offerta di Netflix e la domanda di pay tv

Maurizio Sgroi

La piattaforma digitale negli Usa supera per numero di abbonati quelli della tv a pagamento

Chi è cresciuto a pane ed economia ricorda senza troppo sforzo la legge degli sbocchi, che all'inizio del XIX secolo rese celebre un economista francese, J.B. Say, esegeta e divulgatore del più noto Adam Smith. Say scrisse che nel libero mercato l’offerta di un bene o un servizio crea automaticamente la sua domanda, fissando così la legge che per tutto il XIX secolo – il secolo del liberalismo economico – nessun economista di buon senso avrebbe mai questionato a pena di scomunica. Ci provò Sismondi, coevo di Say, che infatti fu scomunicato e rimase un economista border line. Solo un secolo dopo la verve e l’intelligenza polemica di J.M.Keynes riuscirono a rompere il tabù di Say. L’offerta non è detto che crei la sua domanda, disse in sostanza, ma semmai è la domanda che crea l’offerta. Può succedere, come in effetti accadeva negli anni in cui Keynes scriveva, che non tutta l’offerta diventi domanda, ma si spalanchi l’abisso del sottoconsumo. Da lì in poi nacque la nuova economia che oggi risuona nelle parole di chi lamenta un deficit di domanda aggregata. Poi però arriva Netflix che nello spazio di pochi anni raddoppia i suoi abbonati e all’inizio del 2017 supera per numero quelli delle tv via cavo a pagamento. Netflix adesso conta 50 milioni di abbonati, e le tv via cavo solo 48. Il primo ha 27 milioni di abbonati in più, il secondo quattro milioni in meno. L’offerta di Netflix ha creato la sua domanda. La domanda delle tv via cavo rischia di far diminuire la loro offerta.