Il Foglio protocollo

Ragioni per cui anche nella scuola primaria bisogna continuare a bocciare

Redazione

Rimandare uno studente è un investimento, non un fondo perduto

Probabilmente non basterà una petizione su Change.org, con un migliaio di firmatari, per far cambiare idea al ministro Valeria Fedeli smuovendola dalla convinzione che nella scuola primaria vada mantenuta la bocciatura, per quanto esercitata con giudizio e in presenza di casi di evidente eccezionalità o conclamata necessità. La petizione è tuttavia indicativa in quanto si tratta dell’ultimo rimasuglio di una lunga polemica sulla valutazione iniziata ben più di un mese fa, tanto che ne avevamo parlato in questo spazio sullo scorso numero del Protocollo. Tale richiesta intitolata con un perentorio “Via la bocciatura dalla scuola primaria!” ha ottenuto risalto sulla stampa in quanto sottoscritta da docenti e pedagogisti fra cui spiccano il direttore della Fondazione Agnelli, la presidente dell’Associazione Montessori di Brescia e un ex allievo di don Lorenzo Milani. E’ proprio don Milani la presenza ingombrante nella petizione, che inizia con le sue celebri parole tratte dalla “Lettera a una professoressa”: “Non bocciare. A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno. Agli svogliati basta dargli uno scopo”.

 

La petizione non sembra badare ad alcuni aspetti collaterali della questione. Il primo è che bocciare costa: lo spiega piuttosto bene un articolo di Vincenzo Brancatisano su Orizzontescuola.it e, per intuirlo, basta ragionare sul fatto che l’istruzione è un servizio che lo stato offre ai cittadini, e che prolungarlo implica un aumento dei costi per ottenere benefici sociali irrinunciabili. In sostanza, bocciare è un investimento, non un fondo perduto. Inoltre la petizione cita Janusz Korczak (“Dobbiamo rispetto alle sconfitte e alle lacrime del bambino. Dobbiamo rispetto alla sua ignoranza”) sottintendendo che sarebbe più rispettoso del bambino seguitare a sottoporlo a programmi sempre più distanti dalla sua riuscita anziché fermarlo e farlo ritentare.

 

Tenta poi di sorprendere il ministro alle spalle sancendo che la bocciatura alle elementari contraddice l’articolo 3 della Costituzione, che garantisce pari dignità sociale a tutti i cittadini obbligando lo stato a rimuovere gli ostacoli economici e sociali per consentire (un po’ maoisticamente) l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica del paese. Attaccarci il diritto alla promozione è ardimentoso. Soprattutto però la petizione tralascia che lo scopo generico, che don Milani voleva dare agli svogliati, resta molto più indeterminato dello scopo, piccolo ma specifico, di riuscire a essere promossi. Né considera quanto poco saggio sia esordire ricordando che ai reputati cretini don Milani suggerisse di comminare la scuola a tempo pieno, in luogo della bocciatura: ciò da un lato omette che il tempo pieno implica un aumento del tempo dedicato alla didattica, e che ove non fosse possibile compattarlo in un solo anno è giocoforza spalmarlo su due anni, cioè bocciare; dall’altro dimentica che il tempo pieno è già largamente praticato alla primaria e, se ciò nondimeno sembra esserci ancora bisogno di bocciature, qualcosa vorrà pur dire.

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