Un'illustrazione della missione Cassini

Così finirà la storia d'amore tra Saturno e Cassini

Paolo Galati

Venerdì la missione della NASA avrà termine con l'autodistruzione della sonda. Gli ultimi dati raccolti però potrebbero aprire a scoperte importanti per i prossimi decenni

Galileo Galilei nel Luglio del 1610, invece di andare in spiaggia a farsi un selfie col flash, ebbe la brillante idea di puntare il suo telescopio verso Saturno; telescopio rudimentale certo, ma quanto bastava per far scorgere quelli che poi sarebbero diventati il marchio di fabbrica del pianeta più bello nel sistema solare: gli anelli. Galileo ipotizzò l’esistenza di due lune molto vicine al pianeta (una da una parte e una dall’altra). Due anni dopo non vide più gli anelli (Saturno si era messo di profilo rispetto alla Terra), infine nel 1616 li rivide di nuovo. I disegni fatti da Galileo sono giunti fino a noi, una tra le tantissime e incommensurabili testimonianze del fondatore del metodo scientifico.

 

 

Secondo solo a Giove tra i pianeti più grandi del nostro sistema solare, Saturno è anche il pianeta più lontano che si possa vedere a occhio nudo dalla Terra. Infatti era già stato osservato dagli uomini primitivi e valorizzato addirittura dai romani, che lo consideravano il primo giorno della settimana planetaria (Saturni dies), il sabato – cui poi deriva il moderno “divano” – tanto amato nell’èra moderna. Nel 1659 il fisico olandese Huygens capì la geometria degli anelli e nel 1675 il ligure Gian Domenico Cassini scoprì “la divisione” tra i due anelli principali di Saturno (l’anello B interno e l’anello A esterno).

  


Disegni originali di Galileo, in alto del 1610. In basso del 1616


 

Una piccola curiosità: è l’unico pianeta nel nostro sistema solare a essere meno denso dell’acqua; in un ipotetico oceano d’acqua – grande abbastanza da contenerlo – Saturno starebbe a galla senza braccioli. Per avere un’idea grossolana delle dimensioni di Saturno, basta tenere a mente il numero 10: Saturno è 10 volte più grande della terra (diametro), dista dal Sole 10 volte la distanza Terra-Sole, gira su se stesso in 10 ore e il suo anno è 30 anni terrestri (3x10, all’improvviso il genio).
Molti anni dopo, l’esplorazione di Saturno si servì anche delle sonde automatiche: la prima sonda – Pioneer 11 – sorvolò il pianeta nel 1979, poi due consecutive – Voyager 1 e Voyager 2 – nel 1980, infine la sonda Cassini che raggiunse Saturno nel 2004.

 

Dal 2004 Cassini fa l’amore con Saturno e tra poche ore saremo al finale di stagione della serie tv che dura orami da 20 anni, sembra passato un secolo dal primo episodio del 15 ottobre 1997, “il lancio da Cape Canaveral”. Come quasi tutte le sonde della NASA, anche la durata della missione Cassini è stata estesa o rinnovata per restare in tema. Del resto la vita di una sonda automatica può avere risvolti differenti, sorti pianificate o modifiche di rotta. Ci sono sonde che vagano nello spazio interstellare come la Voyager 2, che dovrebbe funzionare ancora fino al 2025 e almeno per i prossimi 50 mila anni (mille più mille meno) non dovrebbe incrociare nessuno. Mentre invece altre sonde prevedono l’ingresso in atmosfere alla Armageddon, impatti calcolati, riavvii del sistema, allunaggi morbidi e non, suicidi assistiti alla Cassini. Cassini entrerà nell’atmosfera puntando le sue antenne verso di noi per l’ultima volta; poi sarà solo “Saturno contro”: l’attrito con l’atmosfera renderà la sonda talmente incandescente da disintegrarsi come una meteora. L’ingresso in atmosfera durerà solo pochi secondi e il segnale con la Terra cesserà intorno alle 13:55 (ora italiana) del 15 settembre.

 

Si stima che tutti i dati raccolti dalla sonda Cassini (sugli anelli, sulla sua particolare atmosfera, le sue numerose lune, la magnetosfera, ecc.) – una volta processati e analizzati – daranno vita a nuovi risultati e nuove scoperte per almeno un paio di decenni.

 

Per evitare di contaminare posti che potrebbero ospitarci in futuro – inutile nasconderlo – si è deciso di “abbandonare” un rifiuto radioattivo direttamente su Saturno e non sulle sue lune, Encelado e Titano. Dopo le recenti polemiche e le contestazioni sullo spot di una merendina che diventa un meteorite, la NASA fa le cose in grande. Prima Cassini su Saturno e poi a febbraio del 2018 la sonda Juno (in parte made in Italy) che dopo una quarantina di orbite si schianterà sulla superficie di Giove.

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