Lampi su un ponte, vicino a Rio de Janeiro, in Brasile (foto LaPresse)

Perché sarà l'economia a salvarci dall'"apocalisse" climatica

Redazione

Il report di 13 scienziati sottoposto a Trump dà nuovo vigore agli allarmisti. Ma è davvero questa la più grande sfida per l'umanità? No, se si guarda ai numeri

Gli allarmisti del clima si rianimano dopo la notizia del report scritto negli Stati Uniti da una commissione di scienziati, in attesa dell'approvazione del presidente Donald Trump, che traccia dettagli raccapriccianti per il futuro del nostro pianeta. Secondo le indiscrezioni del New York Times, le previsioni formulate dal team – composto da scienziati appartenenti a 13 agenzie diverse – arrivano alla conclusione già raggiunta dai sostenitori della tesi sull'origine antropica dei cambiamenti climatici, con alcuni dettagli in più. Le temperature sono aumentate già considerevolmente dal 1980 a oggi e le ultime decadi sono state le più calde degli ultimi 1.500 anni. E ancora, se per assurdo si interrompesse oggi l'emissione di gas serra in tutto il mondo, la temperatura mondiale aumenterebbe comunque di 0,3 gradi centigradi rispetto al secolo passato. Un aumento che, secondo gli scienziati, avrebbe effetti devastanti sul nostro pianeta, con ondate di caldo più intense intervallate a episodi di piogge violente.

 

La comunità scientifica è in trepidazione per vedere come Trump gestirà il report, il primo di questo genere sottoposto al vaglio dell'Amministrazione che, di contro, ritiene che i cambiamenti climatici non siano causati dall'uomo e che, comunque, non avranno gli effetti disastrosi ipotizzati dalla comunità scientifica. Se dopo essersi ritirato dal trattato di Parigi Trump dovesse cestinare il report, potrebbe essere l'inizio della fine, fanno capire gli esperti.

 

Ma è davvero questa la più grande sfida per l'umanità? No, a giudicare dall'unico approccio serio e realista che la comunità internazionale dovrebbe applicare al problema. Vera o falsa che sia, l'origine antropica dei cambiamenti climatici dovrebbe essere valutata e risolta guardando ai numeri dell'economia, ai dati oggettivi, agli strumenti in grado di affrontare il problema. Lo hanno ricordato sul Wall Street Journal anche due ricercatori dell'Hoover Instituion, David R. Henderson e John H. Cochrane, in un articolo della settimana scorsa. Se anche fosse accertato il fattore umano, i toni catastrofisti non sarebbero la soluzione a nessun problema. Piuttosto, dicono i due ricercatori, bisogna riconoscere che altre crisi – da quella nucleare, a quella economica, passando ai rischi di pandemie – avrebbero costi ben maggiori. I modelli attuali non arrivano a conclusioni condivise su come risolvere l'aumento delle temperature, su quali politiche o scelte fare. In media i costi economici del cambiamento climatico ammonterebbero a circa il 10 per cento del pil americano dal 2100 in avanti. Una somma importante ma spalmata su un lungo periodo che corrisponde al costo di appena lo 0,1 per cento all'anno. Ogni soluzione alla crisi climatica, spiegano ancora i ricercatori, dovrebbe allora prevedere una spesa contenuta entro lo 0,1 per cento del pil, di gran lunga meno di quanto ventilato dai peggiori catastrofisti. Le società scompaiono per il caos, per le guerre, per le malattie: sono queste le sfide reali cui devono rispondere le politiche sul clima. Guardare ai dati reali è l'unico modo per non cedere a coloro che, se da una parte non forniscono proposte concrete, dall'altra sembrano più inclini ad abbandonarsi alla vuota retorica apocalittica.

Di più su questi argomenti: