foto LaPresse

Xylella, l'Accademia dei Lincei aggiusta il tiro per non turbare i pm

Luciano Capone

Qualche settimana fa il Foglio aveva anticipato il “Rapporto Xylella”, in cui l'Accademia dei Lincei stroncava l’inchiesta della procura di Lecce. Ora quel rapporto è stato pubblicato, ma depurato dalle critiche ai magistrati “per evitare conflitti istituzionali” e ritorsioni legali

Roma. Qualche settimana fa il Foglio aveva anticipato alcuni passaggi del “Rapporto Xylella” elaborato dall’Accademia dei Lincei, la più antica accademia scientifica del mondo, in cui veniva stroncata l’inchiesta della procura di Lecce che con un’ordinanza di sequestro ha bloccato il piano di emergenza per contenere l’espansione del batterio che causa il disseccamento degli ulivi. Ora quel rapporto è stato reso pubblico dai Lincei, ma mancano le parti che su queste colonne avevamo diffuso in anteprima. In particolare, il quinto paragrafo dal titolo “L’intervento della procura della Repubblica di Lecce ed i suoi effetti sulla diffusione della malattia da Xylella fastidiosa”, in cui venivano analizzati gli errori e le incongruenze dell’inchiesta, è stato sostituito da un più neutro “La verifica di scientificità di diverse ipotesi e posizioni sulle cause, sugli effetti e sulla diffusione della malattia da Xylella fastidiosa”. Non ci sono cambiamenti nelle considerazioni sulla sostanza dei fatti e sull’assenza di qualsiasi elemento concreto alla base della psicosi politico-giudiziaria, ma allo stesso tempo è stato tolto ogni riferimento diretto ai magistrati “per evitare conflitti istituzionali”, è la versione ufficiosa.

 

Nella bozza il gruppo linceo  – composto da Roberto Bassi, docente di Fisiologia vegetale all’Università di Verona, Giorgio Morelli, primo ricercatore del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) e Francesco Salamini, botanico di fama internazionale e già direttore del Max-Planck-Institut für Züchtungsforschung di Colonia – non usa giri di parole per smentire le due ipotesi su cui si fonda l’inchiesta. E’ falso che la Xylella sia innocua ed è altrettanto falso che in Salento ci siano diversi ceppi del batterio (il procuratore Cataldo Motta afferma di averne trovati “perlomeno nove!!!”): “L’agente causale della malattia è Xylella fastidiosa, una conclusione che abbiamo accettato come non più discutibile. Tutti gli isolati di Xylella all’analisi molecolare sono riconducibili a un identico genotipo”. Queste conclusioni scientifiche sono sempre valide e presenti nel rapporto, ma nella bozza i Lincei evidenziavano gli evidenti limiti scientifici dell’indagine (“la costruzione logica descritta dalla procura non è sostenuta da dati sperimentali”) ed esprimevano solidarietà ai colleghi accusati dai pm leccesi di aver diffuso la malattia (“Abbiamo verificato che le certezze dei ricercatori hanno una solida base scientifica” e non possiamo “che essere solidali con i cinque ricercatori nel ritenerli colpiti nella coscienza di essere liberi di conoscere e scoprire il vero delle cose”). Infine i Lincei auspicavano una marcia indietro della procura rispetto al vicolo cieco in cui ha condotto il paese: “E’ difficile comprendere le ragioni del permanere del sequestro conservativo che appare, piuttosto, distruttivo per la flora e l’agricoltura pugliesi. L’impressione dell’osservatore – scrivevano i Lincei – è che il sistema giudiziario faccia perlomeno fatica a rendersi compatibile con la realtà fisica di fenomeni naturali che si sviluppano con tempi e modi indipendenti da codici e procedure”.

 

 

 Alla fine, più che la magistratura, un mezzo passo indietro l’hanno fatto i Lincei, che hanno tolto dal loro rapporto ogni riferimento o critica alla procura. Per l’Accademia di cui fu membro anche Galileo Galilei non si tratta di un’abiura, ma di una diversa linea comunicativa che ha alla base tre motivazioni: la premura di schivare ritorsioni legali (ormai anche tra gli scienziati si è diffuso il timore – chissà perché – che alcuni magistrati reagiscano alle critiche con le querele), in secondo luogo c’è la volontà di “evitare conflitti istituzionali” come nella tradizione dell’Accademia (anche se il conflitto l’ha iniziato la magistratura malmenando il metodo scientifico) e infine la scelta strategica di non voler apparire in un tema così politicizzato come una parte in campo. Insomma i Lincei, che non hanno fatto alcun passo indietro rispetto alle evidenze scientifiche, ritengono che debba essere la politica a prendere posizione rispetto a questi fatti, per evitare che lo stallo faccia diffondere un patogeno potenzialmente distruttivo per tutto il bacino mediterraneo e le sue coltivazioni più importanti.

 

Il problema, in questa italianissima vicenda, è che gli scienziati ritengono che debba agire la politica, mentre la regione Puglia si è affidata alla magistratura e al ministero delle Politiche agricole e il ministero si è a sua volta affidato all’Europa, sperando che imponga al posto suo le misure necessarie. In questo rimpallo di responsabilità, l’unico attore deciso è la magistratura che, indifferente anche alla recente sentenza della Corte di giustizia, ha chiesto altri sei mesi di indagine. Peccato che l’attore non ha ragione e non vuol sentire ragioni. Intanto arriva l’estate e col caldo l’epidemia di Xylella è destinata ad andare avanti, come la procedura d’infrazione europea che ci costerà cara se nessuno prenderà provvedimenti.
 

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali