Virginia Raggi (foto LaPresse)

Gli industriali provano a fare pace con Raggi

Giuseppe De Filippi

“Fin qui è stata una commedia degli equivoci, ma li abbiamo appianati”, dice il capo di Unindustria Tortoriello

Roma. “Non facciamone una questione di primogenitura, figuriamoci”, Filippo Tortoriello è subito molto attento a non sembrare il più bravo della classe, ma siamo noi a ricordargli comunque che la prima idea di riunire le forze imprenditoriali con l’amministrazione e tutti gli altri protagonisti della scena romana per ragionare sulla condizione economica della capitale è stata sua e della Unindustria che lui presiede. Ma appunto lasciamo stare le primogeniture e concentriamoci sul tavolo, quello poi finalmente avviato con qualche fatica e qualche scena a rischio di ridicolo dal ministro Carlo Calenda con l’intento di fermare la fuga di aziende e riaccendere produzione e lavoro a Roma. Anche se non proprio al tavolo, almeno a un pre-tavolo, martedì Tortoriello ha scambiato un po’ di idee con la sindaca Virginia Raggi. E se inizialmente a noi e a tutti per la verità l’avvio del tavolo era sembrato una specie di pochade o almeno di commedia, Tortoriello ci tiene a dire, dopo il colloquio con Raggi, che “se è stata commedia, è stata commedia degli equivoci, e spiegandosi e parlandosi direttamente le cose si sono molto appianate”. Anzi, ci dice Tortoriello, “vorrei incontrare la sindaca più spesso, per seguire assieme i tanti progetti che ci sono da avviare e da sviluppare”.

  

Un dialogo possibile, insomma, non a tu per tu, per non incorrere nel problema comunicativo e anche nell’effetto comico in cui si era ingolfato il dialogo Calenda-Raggi, ma, come dire, a “lei per lei”, dal quale Unindustria si aspetta cose positive. “Ma con la sindaca – racconta Tortoriello – contiamo di chiarire anche un altro equivoco importante che aveva riguardato i rapporti tra noi e l’amministrazione, perché quando noi avevamo pensato a una figura di garante e di attuatore, quindi sostanzialmente di commissario ad acta, per gestire il patto con Roma, quello sottoscritto durante il governo Renzi, che assegna alla capitale un totale di 2 miliardi e 600 milioni in diversi anni, la sindaca aveva letto la nostra proposta come un commissariamento della sua giunta. Tutt’altro, invece: noi intendevamo affidare a un commissario la parte relativa alla compartecipazione statale e soprattutto le funzioni necessarie a dare tempi certi e regole stabili per l’attuazione dei progetti, anche grazie alla riduzione della burocrazia. Un ruolo simile a ciò che avvenne con incarichi paragonabili per Expo e per il Giubileo, quando né Francesco Rutelli né Giuliano Pisapia si sentirono commissariati, ma, anzi, beneficiarono di un sostegno organizzativo notevole. Fare riferimento a una soluzione del genere significa dare al piano per Roma l’importanza che ha in base alla quantità di fondi teoricamente disponibili e quindi è un atto di fiducia nella città e nell’amministrazione e non un atto di sfiducia. E qualche forma di collaborazione – ci dice Tortoriello – la abbiamo avviata con questa giunta, a partire dal turismo, per il quale abbiamo un dialogo intenso con l’assessore Adriano Meloni, di cui apprezziamo particolarmente il sostegno al convention bureau nato per attrarre a Roma quote maggiori del ricco turismo convegnistico”.

 

Insomma, se non rose e fiori, c’è almeno la disponibilità da parte di Unindustria a ragionare con quella che ad altri sembra la giunta più pazza del mondo. Ci sono effettivamente molte cose da fare, anche se l’esperienza del “no” alle Olimpiadi sembra spingere verso altri rifiuti e altre impuntature, ma il ruolo di un’associazione di imprenditori non può che essere quello di cercare contatti e svilupparli. “Per noi contano le istituzioni – ci dice Tortoriello – abbiamo un pregiudizio solo contro la stupidità”. E quindi, aggiungiamo noi, speriamo bene. Soprattutto, ci spiega il presidente degli industriali di Roma e Lazio, “alla nostra associazione sta a cuore che si stabiliscano regole certe sulla realizzazioni dei progetti, che vengano sottratti all’arbitrio. In quel modo, e le energie già ci sono, potremmo vedere la nostra città riempita finalmente di gru e di lavoro”.

 

Perché non manca anche una certa fiducia nella possibilità di crescere, supportata anche da dati reali, come quello che, accanto alla fuga di alcune aziende (“dovuta a volte – ci dice Tortoriello – a riorganizzazioni interne più che a un’avversione per Roma”) indica anche il ritorno di altre, “specialmente nel farmaceutico chi era andato magari in Cina ora torna perché qui c’è un tessuto di conoscenze e capacità che lì non trovano”. Insomma Unindustria mette sul tavolo, anche quello ministeriale, le sue carte, senza nasconderle, “non è il momento di fare l’operazione struzzo – ci dice Tortoriello – i nostri programmi sono noti, si chiamano rigenerazione urbana e rigenerazione economica. Non abbiamo pregiudizi”. Sta alla sindaca ora, dandosi rigorosamente del lei, uscire definitivamente dagli equivoci.

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