La manifestazione dei lavoratori Atac, Cotral e Tpl a Toma, lo scorso 16 giugno (foto LaPresse)

Su Atac il Pd batta un colpo

Marianna Rizzini

L’opposizione avrebbe un’occasione per dimostrare d’esistere: il referendum dei radicali su Atac

C’è Virginia Raggi che, come vuole Beppe Grillo, “ci mette la faccia”. Ma c’è un altro tema su cui l’opposizione potrebbe fare davvero opposizione, specie a pochi giorni dal congresso del Pd locale (inizia il 25 giugno): l’Atac. Tantopiù che, sull’Atac, è già in corso da tempo un’iniziativa politica – di Radicali Italiani e Radicali Roma – che, se portata avanti con l’appoggio per esempio del Pd, potrebbe mettere molto in difficoltà i Cinque Stelle, paladini dell’iniziativa dal basso: è infatti in corso la raccolta firme per il referendum “Mobilitiamo Roma”, per spezzare “il monopolio Atac”, dice lo slogan della campagna, e mettere a gara il trasporto pubblico locale. Il dibattito è già in corso (intanto, sulle pagine del Corriere della Sera), e il “sì” al referendum è già stato pronunciato da politici ed economisti, da Pietro Ichino a Francesco Giavazzi, da Linda Lanzillotta a Umberto Croppi e Pietro Reichlin, a molti docenti universitari e a tutto un mondo liberale e accademico (Istituto Bruno Leoni e non solo: settanta economisti hanno firmato un appello a sostegno della campagna su questo giornale).

 

Il segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi, qualche giorno fa, dopo l’ultimo sciopero Atac con scene anche pittoresche (autisti che gridano “Magi, viè ggiù” in Via di Torre Argentina, sotto la sede radicale), aveva invitato il segretario pd Matteo Renzi a “battere un colpo” sul referendum. E Renzi, il 16 giugno, sempre a sciopero dei trasporti in corso, nella sua rassegna OreNove, era intervenuto aprendo il dibattito sul tema, e sottolineando come fosse argomento di portata nazionale. Ma negli ultimi giorni, paradossalmente, proprio a ridosso del congresso del Pd locale, e mentre si diffondevano per il web i video semiseri della campagna di comunicazione radicale per la raccolta firme (“Se non firmi t’attacchi”, con gag a bordo di un autobus stracolmo), non si era sentito molto parlare di referendum sul trasporto pubblico locale. E, paradossalmente, da qualche settimana è dall’area non renziana del Pd che si leva un “sì”: quello del senatore Walter Tocci che, sul Corriere della Sera, ma anche nelle assemblee di partito, sottolineando il fatto che “le leggi vigenti impongono nuove gare entro il dicembre 2019”, ha invitato i compagni a “cavalcare” l’iniziativa radicale e portare il referendum alla vittoria, per sfidare la giunta Raggi su uno dei principali problemi irrisolti (un “no” è stato invece pronunciato, a sinistra del Pd, da Stefano Fassina, a cui la cura radicale pare “thatcheriana”). Scrive Tocci sul Corriere : “Il monopolio Atac è ormai insostenibile per le finanze comunali ed è causa di malessere quotidiano della città…” e, “come spesso accade nel nostro paese, la discussione si è divisa tra favorevoli e contrari per motivi ideologici. E’ invece dirimente il modo: l’esito può essere molto positivo se le gare sviluppano l’interesse pubblico, così come molto negativo se si creasse un monopolio privato. E’ la differenza tra la liberalizzazione e la privatizzazione…”.

 

Che cosa dicono i quattro candidati pd

 

Ma che cosa dicono i quattro candidati alla segreteria pd, chiamati in causa da Magi e da Tocci? Dicono, in sostanza, intanto, un “ni” (anche dopo la suddetta apertura di Renzi). Per il turborenziano Andrea Casu, infatti, “il referendum è uno strumento utile per tornare a discutere di Atac in un momento in cui i Cinque Stelle la stanno di nuovo affossando. Ma ritengo che il Pd debba avere una proposta propria, a cui peraltro si sta già lavorando, a partire dal documento presentato alla conferenza programmatica del 10 giugno. Le leggi vigenti impongono nuove gare entro il dicembre 2019, arriveranno le liberalizzazioni. Ma per arrivarci bene è più utile proseguire lungo la strada del risanamento”.

 

La candidata Valeria Baglio (colei che fino a due settimane doveva essere candidata “unitaria”, e che ora corre comunque, anche dopo l’investitura “unitaria” di Casu), sul tema Atac non è così in disaccordo con l’avversario congressuale: “C’è una normativa europea che impone dal 2019 di andare a gara”, dice, “o di proseguire con l’affidamento in house se l’ordinamento nazionale lo prevede. Però bisogna avere convenienza all’affidamento in house. Non sono contraria al referendum, ma non penso sia l’unica soluzione. Penso si debba puntare prima di tutto al miglioramento del servizio. Valutare la situazione di Atac nel suo complesso e non svenderla o regalarla. Al 2019 arriviamoci nel migliore dei modi. Intanto chiedo: dov’è il piano industriale di Atac?”. Nei giorni scorsi era invece parso più favorevole al referendum il candidato Andrea Santoro, che ora dice: “Se sarò eletto segretario chiederò agli iscritti di esprimersi con un referendum on-line. Se gli iscritti diranno sì aiuteremo i radicali a raccogliere le firme”. Per l’outsider Livio Ricciardelli “non basta la semplice messa a gara. Il servizio pubblico a Roma è strutturalmente carente e occorre investire sulla metro. Ma ben venga il dibattito”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.