Foto di Lachlan Hardy via Flickr

Legge della fettuccina

Marianna Rizzini

I ristoranti frequentati dai Trump rivelano una Roma dove il romano non mette mai piede

Intanto, i vigili: parevano scomparsi, introvabili, nascosti chissà dove – mistero buffo e anche regalo della sorte accolto con sollievo, avevano pensato molti cittadini – ma nei giorni della visita di Donald Trump ecco che i vigili, a gruppi di due, tre, quattro, come macchie ordinate di bianco e nero nel mare di turisti in ciabatte, sono apparsi ad animare gli incroci e gli scorci transennati. Poi, i luoghi: c’è qualcosa che colpisce nei movimenti dei Trump a Roma (anzi, i “Trampe”, come nelle ultime 48 ore si è sentito dire in bar, taxi e metropolitane, anche nella versione “ce stanno i Trampe” – e si è capito una volta di più che Roma, a differenza di altre città, digerisce qualsiasi cosa senza sdegno eccessivo, e anzi con la sufficienza e l’indolenza dell’antica capitale imperiale, ma pure con il tic provinciale che prevede affettuosa tolleranza per lo straniero famoso in visita chiunque sia). E insomma ci si ritrova a osservare ipnoticamente rapiti i Trump, specie nella persona della figlia presidenziale Ivanka, che come i presidenti democratici non invisi a mezzo mondo (vedi i Clinton) e come gli attori di Hollywood, scelgono di cenare in luoghi dove il romano medio mai ha messo piede in vita sua. E così, mentre ci si interroga sulla Melania in abito nero che non dà la mano al marito come quando ha l’abito bianco in Israele, ma poi cede durante la visita alla Cappella Sistina, e sul discrimine tra “first lady che indossa Dolce e Gabbana” e first lady che non lo indosserebbe mai, i luoghi assurgono a simbolo della Roma parallela che esiste e non esiste: vera nell’immaginario americano, sconosciuta agli autoctoni. Ed ecco che il romano si ritrova a fantasticare sulla dinamica: chi sceglie i luoghi-non luoghi che da quaranta, cinquanta, addirittura cento anni (come “Alfredo alla Scrofa”, quello delle fettuccine mangiate da Mary Pickford e Douglas Fairbanks) spuntano nell’agenda delle visite di divi e presidenti? Chi decide quando e dove? L’ambasciatore? I misteriosi dieci amici di Ivanka? Fatto sta che “Le Cave di Sant’Ignazio”, ristorante dietro al Pantheon frequentato da politici ma non entrato nelle cronache quanto “Fortunato”, è emerso dalla semioscurità come “casa” adottiva della First daughter, ma anche come abitudine trasversale dello straniero (i soliti Clinton ci andavano, ma pure i russi, poi Hillary da segretario di Stato prediligeva “Pierluigi” in Piazza dei Ricci). E che dire de “L’antica pesa”, ristorante di Trastevere aperto dal 1922, luogo prediletto delle star, e forse pure di Ivanka (che ieri voleva cenare lì o al “Bolognese”), ma anche luogo invisibile per molti abitanti del rione? “Il luogo si tramanda per passaparola secolare di semi-vip”, dice un osservatore esperto in ramo mondanità, alludendo alla voce dell’amico-degli-amici del visitatore altolocato, frequentatore ubiquo ma non sempre aggiornato.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.