foto di Kārlis Dambrāns via Flickr

Vegani, vegetariani e schizzinosi si dovrebbero vergognare

Camillo Langone

Una volta, scrivere, anziché di cibo, di mancanza di cibo era naturale: di fame scrive Babel, scrive Cechov, scrive soprattutto London. Ora invece c'è chi toglie il grasso dal prosciutto

Leggo “A tavola. Storie di cibi e vini”, antologia Einaudi di racconti otto-novecenteschi. E mi vergogno per loro. Per i vegetariani, i vegani, i pescetariani, i falsi intolleranti, gli schizzinosi, i noiosi, quelli che tolgono il grasso dal prosciutto, quelli che chiedono al cameriere di eliminare un ingrediente dal piatto, i biologici, gli organici, gli ortoressici tutti. L’antologia dimostra che era normale, una volta, scrivere, anziché di cibo, di mancanza di cibo: di fame scrive Babel, scrive Cechov, scrive soprattutto London. Con la storia del pugile denutrito perché nessun negoziante fa più credito a chi è arrivato a fine carriera, l’autore del “Richiamo della foresta” mi ha fatto accapponare la pelle.

 

Oggi dove lo troviamo uno scrittore occidentale che abbia conosciuto la fame e sappia descriverla in questo modo? Ho pensato agli ebrei preoccupati che la memoria di Auschwitz si inabissi insieme agli ultimi sopravvissuti. Analogamente io sono preoccupato per la scomparsa della memoria della fame. Coloro che non temono la fame tendono purtroppo a diventare debosciati che si permettono di disprezzare innumerevoli alimenti. Ci sono intere generazioni che per recuperare un rapporto sano col cibo dovrebbero mettersi a pane e acqua per un mese: o almeno leggersi il racconto di Jack London a pagina 187.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).