Foto LaPresse/Nicolò Campo

Preghiera contro la scarcerazione di Riina

Camillo Langone

Un grande mafioso che muore circondato dai propri famigliari rischia di somigliare a un’istigazione a delinquere

San Tommaso, prego che Salvatore Riina non venga scarcerato, e credo di potermi rivolgere a te siccome tanto scrivesti a favore della pena capitale. Il problema nasce dal fatto che negli anni Novanta i molli italiani non ti diedero retta e con quel malvagio si limitarono all’ergastolo (“sentenza di morte ritardata, un modo ipocrita di scaricarsi il peso dell’esecuzione” scrive il filosofo del diritto Vittorio Mathieu). San Tommaso, prego te, e il Venerabile Pio XII secondo il quale il criminale che toglie la vita “si spoglia del diritto alla vita”, perché a Riina non venga riconosciuto diritto alcuno. I molli italiani dicono che l’orrendo vecchio in quanto malatissimo non è più pericoloso. Innanzitutto non è vero: un grande mafioso che muore circondato dai propri famigliari rischia di somigliare a un’istigazione a delinquere. Altresì la pena oltre a una funzione ha un significato morale. Come mostrano le statue ad essa dedicate nei tribunali, la giustizia è simmetria e bilanciamento: i giudici, i politici, i poliziotti, i carabinieri, i vigili urbani, i medici legali, i semplici malcapitati (in Via dei Georgofili una bambina di due mesi!) fatti uccidere da Riina non sono morti nel proprio letto, dunque bisogna pregare affinché Riina muoia nel letto della giustizia.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).