La corsa per il Colle

Ecco "il percorso" per eleggere Draghi al Quirinale. Ma i partiti lo vogliono?

I grandi elettori per Draghi sono già 864 (è la sua maggioranza di governo)

Carmelo Caruso

Alla conferenza di fine anno, il premier presenterà il bilancio (in attivo) del suo governo. L'elezione al Colle è nelle mani dei partiti che non possono usare la pandemia come alibi

Roma. Sono incapaci di formulare la domanda ma pretendono di ricevere la risposta: o non lo sanno corteggiare o fingono solamente di desiderarlo. La domanda che i partiti non riescono a rivolgere a Mario Draghi, se non attraverso la mezza frase, la mezza porzione, è “ci dica cosa vuole fare a gennaio”. E si racconta che i leader della maggioranza siano addirittura infastiditi e che tutto il loro smarrimento nasca da questa incomunicabilità. Ma sul serio credono che Draghi li debba convocare  e comunicargli: “Sono d’accordo, votatemi presidente della repubblica?” o dire “Preferisco fare il premier?”. E’ scaduta fino a questo punto la sintassi istituzionale? Chi aspetta un segnale da parte sua resterà deluso. Non arriverà. Dovrebbe arrivare un segnale da loro, dai partiti. Qualcosa sta accadendo. Le conversazioni incrociate sono iniziate. Si registrano telefonate fra Conte-Salvini-Di Maio. Negli scorsi giorni, per merito del segretario del Pd, si è imposta una parola. E’ “perimetro”. Quella nuova è invece “percorso”. Il senso di quello che si sta per dire, ed è il senso di pensieri scambiati con chi “abita”  Palazzo Chigi, è questo: “Chi pensa che la figura di Draghi si possa salvaguardare meglio eleggendola al Quirinale può disegnare un percorso”.


E’ un percorso che i partiti possono favorire ma intervenendo come chiede la democrazia: agire sui parlamentari, gli unici depositari della scelta. I numeri a favore di Draghi sono plebiscitari. Su 1007 grandi elettori ne avrebbe dalla sua 864. Al momento, quelli che molti chiamano silenzio, il silenzio del premier, è il “distacco attento”. I dubbi sono infatti più delle conferme e le conferme nutrono i dubbi. Primo. Ci sono “grandi registi” chiamati a gestire questa partita? Non si vedono, si attendono. Ancora. I partiti hanno una soluzione da consegnare a Draghi per il dopo Draghi? Per elevarlo bisogna avere in mente un nome per portare avanti le due priorità di governo: economia e pandemia. Priorità, attenzione. Non emergenze. Quanto di più scorretto è infatti raccontare questo paese come un paese a un passo dalla catastrofe.

 

E’ solo un alibi che i partiti si stanno costruendo per celare un difetto di volontà e la loro impreparazione. Il paese di ora, dopo un anno di governo, ha superato la Germania come numero di vaccinati. Agiografia? Che stupidaggine. E’ sufficiente prendere i giornali dell’anno precedente e misurare la differenza. E’ la differenza che corre tra la vetta e l’abisso. Perché si evidenzia? Perché presto ci sarà un momento di verità. Sarà la conferenza di fine anno. Si può già immaginarla come il saldo di quanto il governo ha compiuto. I bandi del Pnrr sono partiti. Il Mims del ministro Enrico Giovannini ha già assegnato 57 miliardi di euro di fondi (il 93 per cento della somma a sua disposizione). La promessa fatta da Draghi, raggiungere i target delle riforme entro dicembre, è meno di una promessa e più che quasi vicina. Significa che verrà erogata, a inizio 2022, la seconda parte di denaro del Pnrr e che da allora in avanti i soggetti attuatori saranno gli enti locali. Sarà dunque un bilancio “sano” e non il bollettino di una nazione che sta per entrare nell’età della nuova sciagura. A chi conviene ripeterlo? A chi non riesce a controllare questa fase e rimane fermo. Sono i partiti, i confusi che dicono “ci confonde lui”. L’elezione presidenziale avrebbe già dovuto esaltarli. Cosa aspettano? Sono entrati nella zona Ionesco, quella dell’assurdo: hanno un primo attore che non riescono a fare recitare.   

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio