Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Ma chissenefrega di Strasburgo

Claudio Cerasa

La riabilitazione politica del Cav. è già una sentenza. E il motivo per cui il Caimano somiglia più a un canarino da proteggere che a un coccodrillo da eliminare va oltre Grillo. Scalfari lo ha capito, il resto della borghesia mostrerà lo stesso carattere?

Dal punto di vista strettamente giuridico, la decisione che prenderà la Corte di Strasburgo sulla candidabilità del Cav. avrà ovviamente una sua importanza strategica e non ci vuole molto a capire che una campagna elettorale nella quale il Cav. può rivendicare con il bollino dell’Europa di essere stato perseguitato dalla giustizia italiana è una campagna elettorale destinata ad accrescere non solo i nostri sorrisi ma anche la forza del centrodestra. Dal punto di vista strettamente politico, però, la decisione che prenderà la Corte di Strasburgo sul ricorso presentato dal Cav. sarà del tutto ininfluente per verificare se a Silvio Berlusconi, a quattro anni dal calcio nel sedere ricevuto in Senato ai tempi della decadenza e a sei anni dal calcio nel sedere ricevuto a Palazzo Chigi ai tempi dello spread, verrà riconosciuta o meno una forma completa di piena agibilità politica. La risposta, come è del tutto evidente, e con forme sempre più clamorose, è che sì: la riabilitazione politica di Berlusconi è ormai parte della Costituzione immateriale del nostro paese e in questo senso le parole consegnate martedì sera da Eugenio Scalfari a Giovanni Floris su La7 sono la spia di una clamorosa mutazione antropologica che ha colpito, illuminandoli, molti avversari di Silvio Berlusconi.

 

La frase di Scalfari la conoscete ormai tutti: “A chi affiderei il governo del paese, dovendo scegliere tra Berlusconi e Di Maio? Sceglierei Berlusconi”, e la forza di questa frase non si può capire fino in fondo senza ricordare cosa scriveva lo stesso Scalfari sette anni fa, parlando ovviamente del Cav.: “Quando un imprenditore che ha subìto fin dall’inizio della sua carriera un condizionamento e una soggezione mafiosa durati almeno vent’anni, conquista il potere, il suo obiettivo non può essere altro che quello di blindarlo, affievolendo tutti i contropoteri di garanzia e di libera informazione”. La ragione per cui il Caimano oggi somiglia più a un Canarino da proteggere che a un Coccodrillo pronto a divorare la democrazia non la si spiega solo con l’ascesa (o discesa?) del Movimento 5 stelle ma la si spiega in modo più semplice: osservando in modo laico quali sono i veri confini che determinano l’appartenenza di un politico al fronte di chi minaccia i pilastri della democrazia rappresentativa. In questo senso, la riabilitazione politica di Berlusconi non dipende da una trasformazione del Cav. ma dipende prima di tutto da una trasformazione dei suoi avversari, che nel corso del tempo hanno imparato a capire che gli ingredienti della destra berlusconiana (il mercato, l’Europa, la globalizzazione, le tasse, persino il garantismo) non alimentano la bolla del populismo becero ma semmai aiutano a tenerlo lontano dal governo.

 

Il Berlusconi di oggi (tranne qualche ruga in meno rispetto al passato, qualche capello in più e qualche chilo in meno) non è molto diverso rispetto al Berlusconi che fino a qualche anno fa la sinistra sognava di smacchiare per via giudiziaria. E se c’è un elemento cruciale che non si può non considerare in questa campagna elettorale è che oggi alla guida del più importante partito di sinistra d’Europa (il Pd) vi è un leader (Renzi) che il Cavaliere sogna non di arrestarlo ma di batterlo alle elezioni (Renzi ha detto che spera il Cav. sia candidabile per poterlo sfidare nel suo stesso collegio). In questo senso, la vera ragione per cui un pezzo della sinistra italiana oggi si sente molto più vicina a Grillo che a Renzi (Bersani dice che Grillo è un argine al populismo) non la si può comprendere se non si mette al centro di tutto la fine oggettiva dell’anti berlusconismo come unico grande collante della sinistra italiana. E’ stato grazie a questa (traumatica) cesura con il passato che il centrosinistra è riuscito a neutralizzare alcuni temi che il centrosinistra aveva regalato per una vita al centrodestra (tasse, garantismo, globalizzazione) ed è stato grazie a questa svolta (violenta) che il centrosinistra di governo (prima con Renzi, poi con Gentiloni) è riuscito ad arrivare a un elettorato che un tempo mai si sarebbe avvicinato a un centrosinistra sottomesso al sindacato.

 

La trasformazione genetica del centrosinistra non sarà forse sufficiente per far vincere le elezioni al centrosinistra ma permetterà nei prossimi mesi al nostro paese di avere in campo due partiti (Pd e Forza Italia) consapevoli che in un contesto di grande frammentazione come quello in cui viviamo oggi, se non hai un sistema elettorale che come in Francia permette ai cittadini di costruire grandi coalizioni alle urne e non in Parlamento, non c’è nulla di più naturale che avere un piano B per provare a governare la frammentazione di un paese. La riabilitazione di Berlusconi, come è evidente, prescinde da quella che sarà la sentenza della Corte di Strasburgo e passa semmai da una grande rivoluzione con cui ormai in molti hanno cominciato a fare i conti: la definizione chiara di chi, in democrazia, merita di essere considerato un avversario e di chi merita di essere considerato un nemico. Su questo punto, Scalfari ha mostrato carattere – anche se è un peccato che proprio sulle bellissime pagine della nuova Repubblica, scritte con il carattere Eugenio, siano state dedicate appena tre righe al carattere mostrato da Eugenio contro i populismi beceri. E nei prossimi giorni capiremo se oltre al fondatore di Rep. esiste in Italia una borghesia con lo stesso carattere, che dovendo cioè scegliere se schierarsi o no contro il populismo becero sceglie semplicemente di non prendere parte, senza rendersi conto che oggi più che mai scegliere la neutralità significa già aver scelto qualcosa. Sceglierà o non sceglierà? Non sappiamo voi, ma noi un sospetto ce lo abbiamo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.