Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Il nulla grillino spiegato con la lettera di Di Maio a Macron

Luciano Capone

Economia, dati, politica. Fact checking del messaggio inviato dal candidato premier del 5 stelle al presidente francese

Roma. Luigi Di Maio scrive una lettera aperta al presidente della Francia Emmanuel Macron. L’effetto, di comicità involontaria, è lo stesso del videomessaggio con cui anni fa Luigi de Magistris invitò a Napoli Al Pacino: “Ciao Al! Sono Luigi de Magistris, il sindaco di Napoli, comunico con te per manifestare l’apprezzamento per l’impegno sociale e civile in tanti film come il Padrino e Scarface, che è diventato per i criminali anche un modo da seguire nelle ville della camorra”. Di Maio non parte con “Ciao Em!”, preferisce un più istituzionale “Egr. Sig. Presidente Macron”, ma molto probabilmente anche lui, come l’omonimo napoletano, non riceverà risposta.

 

Lo scopo della missiva, che arriva pochi giorni dopo l’incontro all’Eliseo tra Macron e il segretario del Pd Matteo Renzi, punta ad allacciare un rapporto con il presidente francese, rassicurandolo sull’affidabilità e sul sincero europeismo del M5s. “Il Movimento 5 Stelle avrà modo di raccontarLe e spiegarLe chi siamo davvero, cosa vogliamo e come vediamo il futuro dell’Europa e dell’Italia nello scenario internazionale – scrive Di Maio – Probabilmente l’opinione che Lei si è venuto via via costruendo nei confronti della prima forza politica italiana è influenzata da una forte propaganda da parte di certo giornalismo e dalle cose che Le riferiscono i politici italiani”. Insomma, se Macron si è fatto l’idea che i grillini fanno parte dell’internazionale populista e sovranista è per colpa dei soliti cattivi giornalisti di regime, perché in fondo il M5s è uguale al partito macroniano “En Marche!”. “Anche il Movimento 5 Stelle è molto giovane – scrive Di Maio – non ha gruppi di potere influenti alle spalle né rendite di posizione da proteggere”.

 

Ma solo pochi mesi fa, il capo del M5s Beppe Grillo – senza l’intermediazione dei perfidi giornalisti venduti – aveva così commentato sul sacro blog l’esito delle presidenziali francesi: “L’Europa vedrà un altro governo delle banche” e aveva definito Macron come uno dei “manichini serventi di una moneta impossibile”, uno che godeva dei favori dei “sorridenti mass media dell’establishment”. Sempre loro.

 

La lettera di Di Maio si inserisce nel tentativo di accreditamento internazionale di cui fa parte il recente viaggio in America. A Washington il candidato premier del M5s era andato a dichiarare il suo sincero atlantismo a un funzionario del dipartimento di stato, in questa missiva a Macron vuole convincere il presidente francese del suo convinto europeismo. “Per quel che riguarda le politiche di bilancio, in particolare rispetto ai parametri di Maastricht e ai successivi regolamenti che caratterizzano la governance della moneta unica, il Movimento 5 Stelle ha una visione molto vicina a quella del Suo Paese”. Il problema è che si tratta di una balla: come il programma esteri del M5s è pieno di critiche alla Nato e alla politica atlantista, così sui temi dell’Europa è farcito di antieuropeismo. Se Macron spinge per una maggiore integrazione, il M5s è il partito che propone il referendum per smantellare l’euro o propone di crearne due. “Non abbiamo mai stigmatizzato, anzi abbiamo citato come buon esempio il persistente sforamento nel rapporto deficit/Pil che la Francia si è concessa negli anni per dare respiro a politiche di welfare e a investimenti produttivi”, dice Di Maio. A parte che nella lingua italiana non si capisce cosa significhi “sforamento nel rapporto/deficit/pil” (figurarsi in francese) – così come quando poco dopo parla di “rapporto tra disavanzo e ricchezza” (forse intende reddito?) – se Di Maio si riferisce al limite del 3 per cento di deficit sul pil, dovrebbe considerare che l’impegno di Macron è di scendere sotto quella soglia e di rispettare il patto di stabilità e crescita. Pertanto l’obiettivo del presidente francese è andare nella direzione opposta a quella del M5s.

 

Un punto tra il comico e il ridicolo della lettera è quello in cui Di Maio scrive che “l’Italia detiene almeno la metà del patrimonio culturale e artistico mondiale” e che il popolo francese è “altrettanto ricco di tesori preziosi”. C’è un primo problema di ordine aritmetico: se l’Italia ha la metà del patrimonio culturale mondiale e la Francia altrettanto, il totale fa 100, e vuol dire che nel resto del mondo non c’è più nulla. Il secondo problema è che il dato citato da Di Maio è una bufala: l’Italia è il paese con più siti inclusi nel “Patrimonio mondiale dell’Umanità” dell’Unesco, ma sono 53 su un migliaio, che fa circa il 5 per cento e non il 50.

 

Tra i temi che, secondo Di Maio, il presidente francese potrebbe ritenere “condivisibili” c’è una “politica economica e industriale ‘mission oriented’”, a cui si aggiunge l’intenzione del M5s di “proteggere gli asset, le imprese e le produzioni più importanti d’Italia”. Un esempio di come verrebbe tradotta questa politica protezionista nei rapporti con la Francia di Macron viene dal recente caso Stx-Fincantieri. Il governo ha risolto la tensione sui cantieri di Saint Nazaire con un accordo ritenuto soddisfacente da entrambe le parti, ma cosa avrebbe fatto il Di Maio premier? Ora scrive letterine a Macron, a luglio sul sacro blog scriveva che “bisogna reagire agli schiaffi dei francesi”. E come? Nessuna trattativa come hanno fatto quegli “incompetenti” al governo. “Non ci restano più guance da porgere. Gentiloni, Padoan: battete un colpo e fate rispettare il nostro Paese! Oppure fatevi da parte”. Levatevi, che ci pensa Gigino a tirare due sganassoni a Macron. Come prima cosa Di Maio ordinava di strappare Telecom dalle mani dell’invasore francese: “Come è possibile che Telecom non sia stata protetta ed eventualmente nazionalizzata? Per obbedire al mercato?”. E il secondo ceffone, per far sì che Macron rinunciasse al controllo dei cantieri navali di Stx, era attaccare le banche francesi che acquistano i titoli di stato italiani: “Non possiamo rinunciare a tutti gli specialisti del debito, ma a quelli francesi sì. E’ sufficiente depennarli da questa lista. I francesi a quel punto potranno scegliere se il gioco vale la candela”.

 

Ecco, anziché depennare le banche francesi, ora Di Maio prende la penna in mano e scrive all’ex nemico degli interessi nazionali italiani per chiedere di essere ricevuto, giusto il tempo di parlare un po’, magari anche solo per una stretta di mano o una foto.

 

Ciao Em, ti prego rispondi. Tuo affezionatissimo Luigi.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali