LaPresse / Roberto Monaldo

Se Strasburgo non vorrà smentirsi, dovrà dare ragione al Cav.

Rocco Todero

La giurisprudenza parla chiaro. Ora dipende dai giudici. Gli scenari sul possibile ritorno di Berlusconi in Parlamento

Oramai appare chiaro come all’interno dello schieramento politico di centrodestra la prima opzione sul campo per l’individuazione di una leadership anche istituzionale sia rappresentata dalla riabilitazione giuridica di Silvio Berlusconi che potrebbe giungere da qui a poco grazie all’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo. Le concrete chance che la Corte di Strasburgo decida il ricorso, presentato dall’ex presidente del Consiglio oramai nel settembre del 2013, prima della convocazione dei prossimi comizi elettorali non sono forse moltissime ma l’esito potrebbe essere favorevole per l’ex Cavaliere e consentirgli ancora una volta di rinascere dalle ceneri della politica italiana.

  

Si può ragionevolmente ritenere, infatti, che se la Corte europea non vorrà smentire se stessa e i precedenti adottati nel corso degli ultimi decenni, la legge che ha introdotto retroattivamente l’incandidabilità alla carica di deputato o senatore in conseguenza di alcune condanne penali dovrà essere dichiarata in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nonostante il contrario avviso della Corte costituzionale italiana, invero, non dovrebbe essere difficile ammettere che la negazione di un fondamentale diritto politico, qual è quello all’assunzione della carica di parlamentare nazionale, rappresenti una sanzione penale in senso stretto. Allo stesso modo nessuna delle bizantine costruzioni dottrinarie costruite ad hoc per difendere la legittimità dell’efficacia retroattiva delle disposizioni contenute nella legge oggetto del giudizio a Strasburgo dovrebbe poter resistere alla validità di un’affermazione tanto semplice quanto essenziale per qualificare uno stato di diritto che sia degno di tale nome: l’introduzione di una conseguenza limitativa dei diritti e delle libertà fondamentali per sanzionare una condotta che al tempo in cui fu posta in essere non era punita con quella specifica limitazione che si pretende di comminare solo successivamente rappresenta una palese violazione di un elementare principio di civiltà giuridica.

  

Ma l’esperienza ha insegnato che quando a essere giudicato è Silvio Berlusconi, i margini di discrezionalità interpretativa a disposizione dei tribunali si dilatano senza alcun limite, cosicché un repentino cambio di direzione della giurisprudenza della Corte Edu deve essere messo necessariamente in conto. Soprattutto ora che la fondatezza del ricorso presentato a Strasburgo rappresenterebbe una sonora sberla liberale alla Corte costituzionale italiana e una decisione gravida di conseguenze politiche sul piano nazionale. All’accoglimento del ricorso europeo dovrebbe seguire, in ogni caso, l’immediato riconoscimento “dell’agibilità istituzionale” di Berlusconi, atteso che la stessa Corte costituzionale ha sempre affermato la necessità di uniformarsi alle pronunce della Corte europea attribuendo al ricorrente il bene della vita ingiustamente negatogli dall’ordinamento nazionale.

  

In diretta applicazione della sentenza favorevole dei giudici di Strasburgo, Silvio Berlusconi, in altre parole, avrebbe diritto a riacquistare immediatamente lo status di cittadino candidabile alla elezioni per il rinnovo del Parlamento e ben potrebbe sottoporre la sua candidatura al vaglio dei competenti uffici elettorali che dovrebbero ritenerla perfettamente ammissibile.

   

Gli uffici elettorali non potrebbero, cioè, che dare esecuzione al principio di effettività delle tutela giurisdizionale e, per non vanificare la pronuncia della Corte di Strasburgo, dovrebbero ammettere la candidatura di Silvio Berlusconi, come appare necessario proprio in virtù dell’insegnamento della Corte costituzionale cui si è appena accennato. Non è ipotizzabile, invece, l’attivazione di alcun meccanismo di revisione del giudizio penale, per la semplice ragione che la sentenza della Corte europea non inciderà sull’accertamento effettuato dai Tribunali italiani, né sulla qualificazione penale dei fatti addebitati a Berlusconi. A Strasburgo, cioè, non si discuterà del fatto se il patron di Mediaset abbia o non abbia commesso un reato, né se quel delitto per il quale è stato condannato sia compatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ma, più limitatamente, le parti del processo si confronteranno sulla legittimità di una sanzione retroattiva (qual è la perdita del diritto di elettorato passivo) comminata da una legge nazionale con il precipuo fine di punire un fatto commesso prima dell’entrata in vigore della medesima disposizione nazionale che quella incompatibilità ha introdotto.

  

La sentenza, in definitiva, avrebbe riflessi esclusivamente sulla deliberazione con la quale il Senato della Repubblica decretò la decadenza di Berlusconi oramai quattro anni fa, azzerandone, eventualmente, qualsiasi effetto e, se per avventura sopraggiungesse prima dello scioglimento delle Camere, potrebbe costringere l’Assemblea a interrogarsi sulla necessità di restituire al leader di Forza Italia il suo scranno senatoriale.

  

Per tutte queste ragioni Silvio Berlusconi sarebbe candidabile alle elezioni nazionali un secondo dopo che il cancelliere della Corte europea dei Diritti dell’uomo pubblicherà la sentenza con la quale i Giudici dovessero accogliere il suo ricorso.

  

La questione dell’incandidabilità

Ma il leader del centrodestra potrebbe avanzare la propria candidatura agli uffici elettorali anche prima della pubblicazione della sentenza della Corte europea, sebbene con esito meno scontato. Nonostante il tenore letterale del primo comma dell’articolo 2 del decreto legislativo 235/2015, (secondo il quale l’accertamento della condizione di incandidabilità alle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica comporta la cancellazione dalla lista dei candidati), potrebbe far pensare correttamente all’obbligo per gli uffici elettorali di escludere Berlusconi dalle liste dei candidati, l’ex Cavaliere avrebbe ancora in serbo la possibilità di ricorrere in Tribunale per contestare, da un lato, l’esclusione (e richiedere la sospensione del giudizio e l’ammissione con riserva in attesa dell’esito del verdetto europeo), dall’altro, l’attribuzione agli uffici elettorali, anziché alle nuove Camere, della verifica delle condizioni di candidabilità anche prima della celebrazione della competizione elettorale. Dopodiché, Berlusconi potrebbe utilizzare l’effetto retroattivo della sentenza favorevole dei Giudici di Strasburgo che accerterebbe la violazione della Convenzione e l’illegittima cancellazione del suo nome dalle liste elettorali e potrebbe richiedere, in definitiva, l’ammissione alla Camera d’appartenenza all’interno della quale sarebbe stato nel frattempo eletto. Percorsi processuali complessi (costellati di difficoltà a ogni piè sospinto) che varrebbe la pena tuttavia percorrere per riaffermare un elementare principio di civiltà giuridica: la legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo. Nemmeno se ti chiami Silvio Berlusconi.

Di più su questi argomenti: