Elisabetta Casella, foto LaPresse

Elisabetta Casellati, la Legnini di centrodestra

Marianna Rizzini

Avvocato matrimonialista, senatrice Forza Italia e soprattutto berlusconiana storica. Mattarella le ha assegnato l'incarico esplorativo per formare un governo

Roma. Nel girotondo di nomi che spuntano (o rispuntano) dalla penombra in questi giorni di rinnovata verve berlusconiana – e nell’imminenza del 22 novembre, giorno in cui la Corte Europea dei Diritti dell’uomo dovrà valutare il ricorso presentato dall’ex premier Silvio Berlusconi contro la legge Severino – c’è un nome che più d’altri torna nei ragionamenti interni al centrodestra, come nome papabile per alti incarichi. Trattasi di Maria Elisabetta Alberti Casellati, già avvocato matrimonialista e antagonista di nome e di fatto di Anna Maria Bernardini De Pace nel divorzio Stefano Bettarini-Simona Ventura. Ma soprattutto già senatrice del Pdl e Forza Italia, partito in cui milita fin dalla fondazione, già sottosegretario al ministero della Giustizia e della Salute nei governi Berlusconi II e III, infine componente del Consiglio superiore della Magistratura nonché ora, nei sogni del Cav., futuro (futuribile) ministro della Giustizia. E i sogni, si sa, anticipano la Nemesi: Casellati al posto che fu di Paola Severino, ministro della Giustizia nel governo Monti e rettore dell’Università Luiss Guido Carli. Paola Severino: cioè colei che alla legge suddetta ha dato il nome, ma anche colei che con Casellati ha non pochi estimatori comuni presso la borghesia professorale del nord e del centro Italia, oltre a casuali affinità d’ambiente e di luoghi di vacanza (per esempio Cortina D’Ampezzo).

 

Nessuno può dire che Casellati non sia stata alfiere del berlusconismo: il grande pubblico l’ha conosciuta come una delle punte televisive dell’area Cav. negli anni duri dei post-it gialli, delle dieci domande, dei processi, delle vere o presunte critiche anti-B. presso le alte cancellerie europee, fino al giorno del 2013 in cui, scontrandosi con Marco Travaglio in uno studio di La7, durante la trasmissione “Otto e mezzo”, il futuro direttore del Fatto se ne uscì con la frase “questa signora dice puttanate”, e Casellati alzò lo sguardo verso Lilli Gruber per rispondere “forse me ne vado io” (non fu l’unica volta: anche a “La Gabbia”, in piedi tra altri ospiti ugualmente in piedi, per nulla provata dalla prova di resistenza anche fisica presso l’arena di Gianluigi Paragone, Casellati minacciò l’uscita di scena in caso diventasse impossibile, quella sera, “raccontare la verità”). Più il tema si faceva tormentato (Ruby? l’Europa? Mills? Tarantini?) più Casellati appariva in video, con accento ancora impercettibilmente veneto (è di Rovigo) e occhi truccati di nero alla maniera delle ragazze italiane che negli anni Sessanta vagheggiavano la Swinging London. Le capitò anche di essere bersaglio diretto: da sottosegretario, di un articolo-j’accuse di Gian Antonio Stella a proposito dell’assunzione di sua figlia al ministero (a Travaglio che glielo ricordava in tv, Casellati rispose annunciando querela: mia figlia si è licenziata dal suo impiego per lavorare con me in un rapporto fiduciario, anche rimettendoci economicamente). Intanto il già sottosegretario applicava alle diatribe televisive sul tema “Berlusconi” la massima dantesca “guarda e passa”: non curarsi di chi si applicava alla disamina dell’ultima intercettazione (“parlate piuttosto dei problemi dell’Italia”, era la frase ricorrente).

 

In qualità di berlusconiana storica, anche esperta in Diritto canonico (“sulle battute siamo bravi tutti, io però sono una giurista”, disse una volta al dem Ernesto Carbone) e senza mai recedere dal berlusconismo, Casellati ha attraversato gli anni bui della sua parte politica per approdare al Csm come riserva della Repubblica dell’area Cav., anche in lotta contro la “correntocrazia” togata. Non per niente è detta “la Legnini di centrodestra”, dal cognome di Giovanni, vicepresidente del Csm e già sottosegretario alla presidenza del Consiglio e all’Economia nei governi Letta e Renzi.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.