Edoardo Nesi. Foto La Presse/Cosima Scavolini

"Renzi vada avanti fregandosene della sinistra". Parla Nesi, l'impolitico

David Allegranti

Chiacchierata in transatlantico con lo scrittore deputato

Roma. “Qui si lavora sull’irrazionale”. Due maledetti toscani – uno di Prato, Edoardo Nesi, lo scrittore, l’altro di Firenze ma cresciuto in provincia, il sottoscritto – che camminano per il Transatlantico. C’è tutto un mondo che passa davanti e accanto. Passa Cristian Iannuzzi, ex grillino, un tempo con Nesi s’accapigliavano, ora sono amici; Nesi racconta che Iannuzzi, musicista in un gruppo rock, ha continuato a versare soldi al fondo per le piccole e medie imprese anche dopo essere stato cacciato dal M5s, “e bada bene che non è ricco”. Passa Alberto Bombassei, che è Cav. anche lui per quanto di Cav. ce n’è uno solo, fondatore della Brembo, eletto con Monti; “vedi lui? La sua è una storia di successo, lo hanno chiamato qui ma non gli hanno fatto fare nulla, lo hanno tenuto da parte, ti pare possibile?”.

   

Nesi, l’impolitico, ha un paio di scarpe in Gore-Tex ai piedi (d’estate usa delle Nike nere e leggerissime), la camicia fuori dai pantaloni, è vestito di scuro. E’ la sua divisa, anche in Parlamento. Eletto con Scelta civica, ora è nel gruppo misto. Non ha mai smesso di pubblicare – “L’estate infinita” uscì l’anno scorso, “Tutto è in frantumi e danza”, scritto con Guido Maria Brera, è arrivato ad aprile di quest’anno – casomai lo fa con tempi diversi, dice che riesce a scrivere solo a Prato, quando torna a casa. Nesi, che è sempre stato un indipendente, seppur con simpatie renziane non nascoste ma rivendicate, ha delle cose da dire, delle considerazioni da impolitico da fare, le dice camminando, le dice davanti a un caffè che è fumantino come lui, le dice su un divanetto. Dice che Renzi deve andare spedito per conto proprio, strafregandosene della sinistra che gli pone veti, gli chiede abiure. “Senti me”, dice Nesi, guardando fisso l’interlocutore, “di fronte alle pressioni che arrivano sul Partito democratico in questo momento, l’unica cosa che va fatta è fermarsi un attimo, riflettere e guardare che sta succedendo”. Vai, Nesi. “In Sicilia il Pd è sempre stato su questi livelli qua. Non ha mai fatto di più. Ma ora tu hai una forte opposizione, sia esterna sia interna, che si basa solamente su una presunzione di insuccesso alle urne; che si basa quindi su una Sicilia che era sempre stata persa e su sondaggi che variano ‘wildly’, come direbbero gli americani. Le critiche a Renzi, la richiesta a Renzi di cambiare tutto, vengono dall’idea che Renzi debba fallire alle elezioni. Un’idea che non è dimostrata. Quindi, se te tu cedi soprattutto sulle cose che hai fatto…”. Il Jobs Act per esempio? “… Non solo il Jobs Act, ma tutta l’impostazione di governo che ha portato avanti Renzi, che non ha chiesto una lira in più agli italiani. Questa cosa bisognerà considerarla o no?”. Renzi però parrebbe disponibile a un compromesso pur di fare l’alleanza con la sinistra. “Ma Bersani non si alleerà mai più con te, è un problema personale quello lì! Troppe cose sono state dette, non è possibile tornare indietro”. Ma la politica non è arte del compromesso, ragion pratica? “Qui si sta lavorando sull’irrazionale; è irrazionale che dopo una rottura come questa loro ritornino indietro, è irrazionale criticare Renzi su un ipotetico insuccesso futuro che deve ancora verificarsi, non è ancora cominciata la campagna elettorale, possono succedere mille cose, è irrazionale andare a criticare un governo che sta semplicemente cercando di portare avanti un sistema in base al quale le tasse non vengono messe ma vengono tolte. Ricordiamoci che se va al governo Berlusconi farà esattamente queste cose qua: di togliere, per quanto gli riuscirà, e anzitutto lo annuncerà in campagna elettorale, le tasse”. Sicché cedere è un po’ morire? “Sicché cedere su qualsiasi questo punto significa rinnegare un’azione di governo che è stata più che positiva e apprezzata molto più di quanto non si dica. Guarda, l’accumularsi dei pareri che entrano qua dentro, delle cose che vanno sui giornali e in televisione, non sempre corrispondono a quello che pensano le persone. Renzi c’ha un rapporto con il popolo, con il suo popolo, che troppo spesso viene dimenticato”. Ma la sconfitta del 4 dicembre non ha pesato molto? “Ma no, anche lì siamo nell’irrazionale. Ti sei messo solo contro tutti gli altri, il problema è che te dicevi cose giuste; era giusto levare il Senato, era giusto levare il Cnel. E’ che l’elettore, il popolo, non ha sempre ragione. Il problema è questo. I politici non lo possono dire, ma io non sono un politico: il popolo non ha sempre ragione, delle volte prende delle immense cantonate”.

  

A fine mese c’è la nuova edizione della Leopolda. Serve ancora a qualcosa? “Ma io spero di sì e ci sarò. Perché, abbi pazienza, se tu butti a mare questa roba qua, facciamo l’esempio che uno la butti a mare, che cosa rimane di una posizione un po’ più razionale? Che cosa rimane?”. Berlusconi, no? Ma Nesi non si sofferma e va oltre. “Ora, la Banca d’Italia. Io ho dovuto levare per due volte i soldi alla mia banca, nella quale li avevo messi a 18 anni, nel mio primo conto. Avevo paura che la fallisse. Tanti hanno avuto lo stesso problema e tanti ci hanno rimesso, come il mio babbo con la Popolare di Vicenza. Con tutto quello che è successo non si deve dire nulla sull’operato della vigilanza? Ma in quale paese siamo? In quale paese del mondo questa cosa sarebbe stata mandata avanti e discussa nel modo in cui è stata discussa in Italia? Io sono senza parole. Può darsi che, come spesso accade, ci siano state delle alzate di ingegno, quasi delle intemperanze politiche, a volte un po’ di vocabolario e di galateo istituzionale manca, però se si viene a dire che tutto ha funzionato e che toccare il capo della Banca d’Italia significa toccare le istituzioni vuol dire che non ci siamo. Qualcuno avrà avuto colpa oppure si va nei posti e qualsiasi cosa succeda si può essere rinominati?”. Nesi, ma Renzi il problema della classe dirigente l’ha risolto? Ne abbiamo parlato tante volte. La Leopolda che cosa ha prodotto? “Non è stato risolto da nessuno. Perché, ti pare che negli altri partiti c’hanno una classe dirigente presentabile? Chi, i 5 stelle? Forza Italia? Ma non erano stati tutti sconfitti questi del centrodestra? In Italia una classe dirigente non so nemmeno se esiste. Piglia Monti, un signore che stava per conto suo a fare il professore. Viene chiamato a fare il presidente del Consiglio e diventa così classe dirigente? Ma no, lui non ne faceva parte. Infatti s’è comportato come uno straordinario parvenu. E’ venuto qua, ha fatto le sue cose e quando non andavano come voleva lui è andato via”. Un errore, insomma. “Ma sai, un errore, bisogna anche pensare alle persone, all’ingenuità; lui ha creato un movimento e poi s’è dimesso dallo stesso movimento”. Dispiace, no?. “Ma certo, ha messo tante persone, che come me ci credevano, in una certa difficoltà. Mi sono rinchiuso nel gruppo misto perché non m’andava di cambiare partito. Non che abbia qualcosa contro chi lo fa, per me lo possono fare, poi Scelta civica non era neanche un partito, era una specie di lista. Ma io non ce l’ho fatta, mi sono messo nel gruppo misto e ho lasciato passare il tempo, ho fatto il mio lavoro senza pensare di poter influire, anche se è per quello che ci si candida. La mia idea folle e romantica era: si va a Roma per provare a cambiare le cose, per farsi ascoltare. Tutti quelli di Scelta civica, tanti del Pd, tutti i grillini, avevano l’idea in base alla quale la gente che viene dalla società civile cerca di influenzare la politica. Un’idea straordinaria, bella e pura per certe persone. Il problema è che era ingenuo pensare di poter influire, ma se non provi a fare le cose non lo saprai mai. Io non avevo più voglia di stare a criticare come le cose venivano fatte e nel momento in cui mi veniva offerto di provare a far qualcosa non potevo rifiutare. Troppo facile. Ora so che questa roba non funziona. Via, ora vado in Aula, ciao Allegranti ci si vede”. Ciao, Nesi.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.