Matteo Renzi al cimitero dei Falciani per il Memorial Day (foto LaPresse)

Meglio l'uomo forte

Giuliano Ferrara

Macron, ad averne. Ma serve uno che si rivolge al suo paese, che abbia in mente qualcosa. Il resto è nulla. Ci provi, Renzi

L’uomo solo al comando non mi basta. Voglio l’uomo forte. L’etica della responsabilità con il calcolo delle conseguenze ormai mi deprime, voglio l’etica della convinzione, fa’ quel che devi avvenga quel che può. Trump e Grillo sono due buffoni, ma buffoni forti, narcisisti di ferro. Corbyn è uno strongman di due secoli fa, ma è forte, ha attraversato il dolore, ha rischiato, ha convinto con un appello impossibile ma pervicace un popolo chiaramente indementito. Macron è un fortissimo, faccio tutto io, né destra né sinistra, un piccolo ma tenace De Gaulle del XXI secolo. La Merkel è nei pasticci ma è stata uomo forte nella crisi dell’immigrazione siriana, contro tutto e contro tutti, ed è comunque al quarto mandato. Putin è ademocratico, non mi piace, ma tiene per le palle la Russia indolente e mezzo occidente, da uomo forte. Berlusconi è un amico, non può non piacermi, ed è comunque un capo, forte, che detta condizioni per il rassemblement con la signora Meloni e il signor Salvini. Tutta questa gente di successo e risuccesso politico, anche gli odiosi, ha una caratteristica, che fu anche quella di Renzi rottamatore: si rivolge al suo paese, ha in mente qualcosa che va oltre i giochi di nomenclatura, si tira fuori dal pantano afferrandosi per i capelli, come il Barone di Münchhausen.

    

Non è una logica razionale, è un sentimento, dunque una passione minore. Ma non vedo alternative. Renzi ha subìto una campagna di accerchiamento a base di insulti e una scissione, una coalizione referendaria in cui gli amici si sono trasformati in nemici di un ragionevole rinnovamento istituzionale compromettendosi in una battaglia comune con i loro aguzzini, i Flores e i Travaglio; ha subìto una serie di veti ad personam, l’inqualificabile pretesa di considerare un fallimento sociale e politico il suo governo, l’offerta di contrattare il suo suicidio per il bene della causa, e questo da gente priva dei requisiti necessari a una qualunque leadership e senza voti (al fallito D’Alema, al fallito Bersani, al sempre giovane Civati si aggiungono i presidenti delle Camere, politici di riporto vincitori di una grottesca e casuale lotteria, i tenebrosi e tristi e tragicamente perbene Cuperlo e Orlando, il timido e inconcludente Pisapia, addirittura la Bonino). Ma che vogliono fare tutti questi? Il circolo del Bandello? Tutti a incularsi l’un l’altro in tondo?

   

Così il Pd prende più voti

Renzi alla direzione del Pd apre ad una coalizione ampia che vada dai centristi a Campo Progressista, passando per Radicali, Verdi e Italia dei Valori. Prova a pietire alleanze di lista che a nessuno interessano e che comunque si giocano su gretti personalismi, su discussioni oziose a proposito di cos’è la sinistra, cos’è la destra, su calcoli e calcoletti di sopravvivenza senza vita, il famoso gioco del cerino. Non so se sia troppo tardi, se sia in grado di farlo lui, che comunque ha accumulato un’esperienza vera, ha stabilito un rapporto con il suo paese, ma qualcuno la parte deve impersonarla.

    

L’uomo forte a questo punto è un tizio che dice: queste sono le mie idee sul lavoro, sul fisco, sull’Europa, questa la mia esperienza, i miei uomini e donne, questa è la mia offerta politica che riguarda gli italiani, e vediamo come va a finire, ma il listone dei listoni, le desistenze con estremisti e progressisti, le combinazioni innaturali, posticce, no, fanculo. A occhio, su questa base, il Pd prende più voti e sopra tutto ha più senso che come parte di una carovana o macchina da guerra elettorale dall’antico sapore di sconfitta.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.