Il gioco retorico di CasaPound a Ostia per marcare le distanze

David Allegranti

Tra adesivi con scritto "W il fascismo" e l'elogio del valore sociale della palestra di Spada. L'amicizia su Facebook e i like ai post

Roma. Le vedette per ogni piano, a guardia di ogni porta, ce n’è persino una, tatuaggi che spuntano dalle braccia fino alle mani, che ti scorta dentro l’ascensore, pieno di adesivi. “W il fascismo”, c’è scritto su uno. E questi, per l’appunto, sono fascisti. Dicono che con Roberto Spada – l’aggressore del giornalista Daniele Piervincenzi e dell’operatore Edoardo Anselmi – fermato giovedì dai carabinieri e portato in caserma, non c’entrano nulla. Lo dice ai giornalisti Simone Di Stefano, vicepresidente di CasaPound, aprendo le porte dello stabile occupato. “Una violenza gratuita, deprecabile e allucinante – dice riferendosi all’aggressione – ma che non può essere imputata a CasaPound. Roberto Spada non è un nostro iscritto né un nostro esponente quindi non rispondiamo di ciò che fa lui. Ci viene chiesto di prendere le distanze ma per prenderle serve una vicinanza”.

  

 

C’è tuttavia modo e modo di essere vicini: non c’entra niente se Spada è iscritto o non è iscritto a CasaPound. La consuetudine fra il fratello di Carmine, condannato in primo grado a 10 anni per estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, e l’ex candidato a presidente del Municipio di Ostia di CasaPound Luca Marsella è nota. Non c’è solo la la foto che li ritrae insieme, basta vedere l’account Facebook di entrambi, osservava peraltro ieri il sito dell’Espresso. Marsella sul social network di Mark Zuckerberg è iscritto come Luca Ostia, Spada è iscritto con il suo nome. Su Facebook c’è anche la fidanzata di Marsella, Carlotta Chiaraluce. 

    

 

Entrambi mettono mettono spesso “like” alle cose che scrive Spada: “5 novembre si avvicina… e sento dai cittadini quasi tutti la stessa cantilena ‘qua sto periodo se vedono tutti sti politici a raccontarci barzellette, mai visti prima, e dopo le votazioni rispariranno a guardarsi i cazzi proprio… gli unici sempre presenti sempre esclusivamente Casapound’… e questa la realtà ho molti errano? Cosa hanno fatto le altre forze politiche in questi due anni?…”. In un’altra immagine con la scritta “Credere, obbedire, combattere. E’ l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende” c’è il like di Marsella, e via così. Nulla di tutto questo è la prova di una collusione, come potrebbe far credere qualcuno. Ma semmai di una non estraneità tra alcuni esponenti del movimento e alcuni soggetti della famiglia Spada. Perché non ammetterlo?

 

Di Stefano, che non vuole esprimere “solidarietà pubblica” al giornalista e all’operatore menati perché, dice, è roba da fiaccolate, casomai esprimerà “solidarietà privata”, aggiunge che la palestra di Spada è “l’unico presidio sociale a Nuova Ostia. Le persone che vogliono portare i loro bambini a fare delle attività anche a livello gratuito. Questo è il valore a Ostia, l’unica cosa aperta credetemi a Nuova Ostia. Voi andateci oggi e troverete tutti i bambini di Nuova Ostia lì a fare sport. Lo stato lì si è manifestato soltanto cercando di chiudere quella serranda, se voleva fare qualcosa di più interessante poteva aprire qualcosa invece di chiudere”.

 

Lo stato intanto s’è affacciato di nuovo a Ostia con il fermo di Spada. Di Stefano poi se la prende con Virginia Raggi e con il M5s. Dicono di non volere i voti di Spada per il ballottaggio di Ostia, ma “questa affermazione a effetto della sindaca Raggi che fa piangere i cuori è ridicola: nessun partito può dire di non volere un voto, il voto di Spada vale quanto il vostro e non lo dice il sottoscritto ma la Costituzione”. Di Stefano che cita la Costituzione (anti fascista) è una notizia. Così come, se è concesso un sorriso, vedere un paio di Nike Airmax97, le mitiche Silver, ai piedi dei suoi militanti. Gli stessi che nei cortei, rinnegando la globalizzazione, gridano: “Autarchia / socializzazione / CasaPound Italia per la rivoluzione”. Nike e moschetto fascista del Terzo millennio perfetto.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.