Virginia Raggi e Roberta Lombardi (Foto LaPresse)

La storia infinita tra Raggi e Lombardi è un susseguirsi di colpi bassi

Valerio Valentini

"La candidatura di Roberta? E' una delle tante". "Virginia ha ragione: siamo tutti importanti, nessuno è indispensabile". La polemica sulla regionali del Lazio non è che l'ultimo episodio di una lunga battaglia tra la sindaca e la deputata

Mentre il 15 settembre Roberta Lombardi ufficializzava la sua candidatura alle “regionarie” del Movimento 5 stelle in Lazio, i supporter grillini iniziavano a prendere posizione. Perché se è vero che il mantra è il solito, quello dell'uno vale uno, i sentimenti rimangono umani e si raggruppano in schieramenti. In questo caso, da stadio, tra il volto romano del parlamento pentastellato e quello del sindaco capitolino. E così se l'annuncio portava grande giubilo per quella che era in realtà una notizia tutt'altro che inaspettata – “Grazie Roberta, la Regione ha bisogno di stelle”, esultava in particolare un'attivista – non pochi sono stati i messaggi di chi ricordava i disastri di Virginia Raggi in Campidoglio ("Stelle? Come quelle di Roma?"). E a quel punto scattava la replica della stessa commentatrice: “Stelle decisamente più brillanti”. E verrebbe da liquidare il tutto con un'alzata di spalle, l'ennesima zuffa sui social tra le varie componenti del Movimento romano, se non fosse che a scrivere quel velenoso giudizio sulla scarsa brillantezza della Raggi non era un'attivista qualunque. Era Francesca De Vito, sorella di Marcello, il presidente dell'assemblea capitolina e noto protetto della Lombardi. Un commento di peso, dunque, quello della De Vito, non nuova a stilettate su Facebook contro la sindaca. Immediata arrivava allora la difesa d'ufficio da parte di Domenico Basile, consigliere grillino al XII municipio, vicino alla Raggi. “Mi sconvolge leggere frasi come 'decisamente più brillanti' parlando di esperienze del M5s... credo che Grillo e Casaleggio non approverebbero commenti così...e se questo è lo spirito con il quale si va alle regionali... da eletto 5 stelle a Roma... disapprovo questo tipo di affermazioni e mi dissocio! M5S e basta! Spero sia questo lo spirito e non la eventuale nascita di fazioni o lotte intestine!”.

 

Ma la speranza che la corsa alle regionali non inasprisca di nuovo le frizioni tra i grillini appare, più che altro, un'illusione. Pochi giorni prima che la Lombardi annunciasse la sua scelta di “mettersi in gioco”, quando ormai la cosa era data per certa, a scendere in campo era stata Valentina Corrado, attivista di lunga data a Pomezia e già consigliera regionale, considerata da molti come la candidata della Raggi. Prime avvisaglie di una sfida che si rinnoverà, di nuovo.

 

Quella tra il primo sindaco donna di Roma e la Faraona, prima storica capogruppo alla Camera nel 2013, è un'ostilità che va avanti da anni, tanto che già alla prima uscita ufficiale da candidata per il Campidoglio, una certa scarsa sintonia tra le due emerse chiaramente. Era il 5 marzo del 2016, la Raggi aveva da pochi giorni vinto le comunarie online e si presentò al Tufello per partecipare a un'inizativa lanciata dagli attivisti del quartiere. A fare da apripista, proprio lei: Roberta Lombardi. E certo le foto di rito, gli abbracci e le smancerie a favore di telecamera non mancarono. Ma a osservare appena un po' meglio, sotto quella patina di modi cortesi s'intravedeva da un lato la freddezza della deputata nei confronti della compagna di Movimento, dall'altro la malcelata insofferenza della giovane avvocata per l'ingombrante presenza dell'“amica Roberta”.

 

In pochi, al di fuori della ristretta cerchia di militanti romani ammessi alle chat riservate su WhatsApp, sapeva che in realtà la guerra era già cominciata. E anzi già silenziosamente deflagrata, nei mesi caldi della campagna elettorale, quando la Lombardi si era vista accerchiare il suo prescelto per il Campidoglio, Marcello De Vito. E non solo perché qualcuno, negli uffici della Casaleggio&Associati in Via Morone, a Milano, aveva stabilito che la sorridente Virginia fosse più telegenica dell'ombroso Marcello, e dunque senz'altro da preferirgli per la corsa al Campidoglio. Ma anche perché nel frattempo contro De Vito si era messa in moto una complessa operazione di delegettimazione. Un piccolo complotto, si direbbe, con lessico fedelmente grillino. Era successo, cioè, che gli altri tre consiglieri comunali grillini eletti nel 2013, avevano accusato il loro più noto collega, nelle chat e nelle assemblee interne ai Cinque stelle romani e non solo, di aver commesso un piccolo – ma comunque gravissimo, vergogna! – abuso d'ufficio in una richiesta d'accesso agli atti in Campidoglio. Accusa fragilissima, peraltro infondata: ma tanto basta per screditare irrimediabilmente De Vito agli occhi di tanti attivisti, e spianare la strada alla candidatura della Raggi.

 

Chi conosce Lombardi, racconta che in quelle settimane mastica amaro, ma si sforza di restare quieta – imponendo anche a De Vito la stessa reazione – per il bene del Movimento. È comunque convinta, Lombardi, di poter riscuotere a breve, a elezioni concluse, e piazzare i suoi uomini in posti chiave dell'amministrazione capitolina. Punta insomma a imbrigliare Raggi. Che invece stravince il ballottaggio contro Giachetti e smentisce chi, alla vigilia, parlava di “risarcimenti”. A ricoprire la carica di vicesindaco non sarà, come si riteneva scontato alla vigilia, Marcello De Vito. Che viene invece spedito a presiedere l'aula a Palazzo Senatorio: ruolo istituzionale di grande prestigio, sì, ma di scarso peso politico. Lombardi s'infuria, e ancor più s'infurierà quando scoprirà che come capo di gabinetto – postazione che la deputata romana rivendicava per qualcuno dei “suoi” – viene designato Daniele Frongia, fedelissimo della sindaca. È la fine di giugno, la consiliatura grillina al Campidoglio è cominciata da appena due settimana. Ma non è che un antipasto di tutte le liti che seguiranno. E che, col passare delle settimane, diventano sempre meno sotterranee.

 

I grillini accusano i giornali di inventare notizie, di esasperare quello che – dicono loro – è un semplice confronto di vedute. E però il 14 di luglio è la stessa Lombardi a compiere un atto eclatante, che fa cadere qualsiasi velo d'ipocrisia. Con un post su Facebook, annuncia le sue dimissioni dal “mini direttorio”, lo “staff” che avrebbe dovuto accompagnare l'operato della sindaca. Lascio per poter seguire l'organizzazione della kermesse di Italia 5 stelle a Palermo, si giustifica lei. Ma nessuno ci crede. Da giorni, infatti, va avanti lo scontro sulla scelta del nuovo capo di gabinetto, dato che si scopre che, a titolo di legge, Frongia non può ricoprire quell'incarico. Lombardi propone allora Daniela Morgante, magistrato della corte dei conti. Sembra tutto fatto, e invece di nuovo il niet della Raggi, che promuove – ma resisterà appena 32 giorni, prima di dimettersi – Carla Raineri. È passata appena una settimana dall'abbandono del direttorio da parte della parlamentare. La quale, alle convulsioni continue della giunta Raggi, deve assistere con un misto di ansia e di intima soddisfazione. Così a metà settembre, mentre la sindaca si arrampica dove può – perfino sul tetto del Campidoglio – per difendere strenuamente Raffaele Marra, ex vice capo di gabinetto guardato da molti, anche da Grillo e Casaleggio, con sospetto, Lombardi spara su Facebook: “Raffaele Marra è il virus che ha infettato il Movimento”.

 

Seguono mesi di sfida a bassa tensione, tra le due. Fatti di silenzi, di provocazioni o di reciproco ignorarsi. Quando, a dicembre scorso, lo stesso Marra viene arrestato con l'accusa di corruzione, Lombardi nasconde a fatica la sua baldanza nel dichiarare: “Sono molto fiera di stare dalla parte giusta”. Come a ribadire che, su quella vicenda, non tutti potevano vantarsi allo stesso modo. All'inizio di febbraio è invece sulla questione delle polizze vite intestate da Salvatore Romeo alla sindaca, che si consuma il nuovo scontro. L'indiscrezione, riportata su diversi giornali, è che a raccontare la storiaccia ai magistrati sia stata, per prima, proprio Lombardi. L'obiettivo? Colpire Raggi, ovviamente. La Faraona non ci sta, e su Facebook parla di una “fake news”. E sempre su Facebook, una decina di giorni più tardi, sarà proprio lei ad attaccare il sindaco, denunciando i balletti della giunta Raggi sulla vicenda dello stadio della Roma: trattative finalizzate, secondo la Lombardi, solo a giustificare quella che per lei è solo una “colata di cemento”. Nuova bufera, nuove faide sui social tra le due frazioni, nuovo rancore che s'accumula.

 

Fino alla mattina di lunedì, quando alla Raggi viene chiesto un parere sulla candidatura di Lombardi alle regionarie. E lei, con una sufficienza esibita, commenta stizzita: “E' una candidatura come tante. Andrà votata”. O magari no. "Ha ragione Virginia  - ribatte l'altra, poche ore dopo - Siamo tutti importanti, nessuno è indispensabile". Uno vale uno, del resto. No?

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