Pisapia subisce ancora

Luciano Capone

“Percorso unitario”. La sinistra a sinistra del Pd spiegata con i suoi nonsense e le sue scazzottate

Roma. La periodica minicrisi politica della sinistra italiana si è conclusa con la consueta nota congiunta al termine dell’ennesimo incontro chiarificatore tra Giuliano Pisapia e Roberto Speranza: “A differenza di quanto riportato da alcuni organi di stampa, le attuali diverse valutazioni sulle elezioni in Sicilia non incidono sulla prosecuzione del percorso unitario nazionale per la costruzione di un nuovo centrosinistra in discontinuità con le attuali politiche del Pd”. E uno di questi incontri degli inquilini della sinistra che terminano con la nota congiunta ormai se li immagina come le “terrificanti riunioni di condominio bimestrali” del ragionier Fantozzi: saluti iniziali, botte da orbi, cazzotti e sediate sulla schiena nel mezzo, cordiali saluti alla fine. Aspettando la riunione successiva per discutere di un altro fondamentale problema per la tenuta della coalizione.

 

Questa volta il guaio non era l’abbraccio di Pisapia con Maria Elena Boschi, ma la divergenza strategica sulle elezioni siciliane, con Mdp che ha deciso di appoggiare la candidatura di sinistra di Fava e Campo progressista quella di centrosinistra di Micari. Ma a parte le questioni contingenti, il problema più grande per i partiti e movimenti a sinistra del Pd è che gli elettori fanno fatica a seguirli, non ci capiscono nulla. E non per la disinformazione dei giornalisti e degli organi di stampa e neppure per la difficoltà a seguire il “progetto originario” attraverso il “percorso unitario” che porterà alla costruzione della “piattaforma programmatica” all’interno di una coalizione che deve essere un “campo largo” ma anche un “campo delineato”. Il vero problema è che quello che accade a sinistra, agli occhi di una persona normale, è completamente senza senso.

 

Per farla breve: il partito capofila della coalizione, Mdp, guidato da leader come Bersani e D’Alema che vogliono candidarsi con l’obiettivo dichiarato di sconfiggere Matteo Renzi, ha scelto come federatore del progetto Giuliano Pisapia, l’unico della compagnia che vuole allearsi con il Pd di Renzi, un leader con pochi voti e che non ha intenzione di candidarsi.

 

Il caos non finisce qua. Perché oltre a Mdp e al movimento di Pisapia, nella galassia progressista ci sono Sinistra Italiana di Fratoianni e Fassina, Possibile di Civati e il movimento di Tomaso Montanari e Anna Falcone, che ha meno voti di tutti, ma fa più casino di tutti gli altri messi insieme. Tutti hanno l’obiettivo di formare un “quarto polo” della sinistra unita, ma tutti sono divisi su come deve essere. Sinistra Italiana e Possibile sono i più critici nei confronti del governo Gentiloni e del Pd di Renzi e di conseguenza di Pisapia (anche se sono in gran parte suoi ex compagni di partito in Sel) che non è ritenuto affatto la guida migliore del progetto. Ma in ogni caso – nonostante il disaccordo totale – Mdp, Campo progressista, Sinistra Italiana e Possibile si tengono in contatto attraverso una “cabina di regia” che si chiama “Insieme”.

 

Vabbé, il problema della leadership e di Pisapia si risolverà dopo. L’importante è che almeno gli altri siano d’accordo sulle alleanze e sui programmi. Manco per niente. Mdp e Si che sono uniti in Sicilia sotto il nome di Fava e concordi nel fare un’alleanza anti-Renzi, sono divisi sul governo Gentiloni: Mdp è in maggioranza, alleata del Pd renziano, mentre Si è all’opposizione. Questo vuol dire che anche sui temi concreti, quando si tratta cioè di prendere una decisione in Parlamento, votano tutti in maniera diversa: qualcuno vota sì, molti votano no, alcuni preferiscono l’astensione, altri escono dall’aula. Accade per ogni singolo voto, dal più importante al meno rilevante, raramente è accaduto che la sinistra abbia votato “Insieme”. Il punto fondamentale è che l’unità a sinistra passa dalla rottura della maggioranza che sorregge il governo Gentiloni. Non dovrebbe essere un problema per Mdp rompere l’alleanza con il Pd di Renzi, che a pensarci bene è proprio la tentazione mortale che viene contestata a Pisapia, ma il problema è che Mdp è nato proprio per sorreggere il governo Gentiloni siccome all’epoca l’intenzione di Renzi era di andare alle elezioni anticipate (prima di uscire dal Pd, una delle condizioni richieste da Bersani e Speranza per evitare la scissione era proprio il sostegno senza se e senza ma al governo Gentiloni). Così quelli di Mdp, per fare un dispetto a Renzi, si sono trovati ad appoggiare un governo di cui non condividono una scelta. Votano sempre la fiducia all’esecutivo ma raramente votano a favore dei suoi provvedimenti, quasi sempre contro o al massimo astensione (così su voucher, banche, concorrenza, legittima difesa, sicurezza, codice penale). In pratica Mdp è determinante a tenere in piedi il governo a cui fa opposizione.

 

A sinistra c’è il caos totale, l’unica cosa che tiene “Insieme” quella galassia di partiti e movimenti è l’ostilità a Renzi. Ciò che non si capisce è cosa ci faccia Pisapia e soprattutto perché lo vogliano come federatore. Ma con tante personalità che detestano profondamente il renzismo, da Bersani a D’Alema passando per Civati, Fassina, Fratoianni e Montanari, proprio l’unico che vuole allearsi con Renzi dovevano scegliere come leader? E Pisapia, proprio nel condominio dove si fanno le riunioni per prenderlo a sediate doveva prendere casa?

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali