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Romani ci spiega perché in Sicilia il centrodestra regala voti al M5s

David Allegranti

“Stiamo perdendo tempo”. L’accordo con Alfano, forse, dopo le regionali. L’appello al Pd sulla legge elettorale

Roma. In Sicilia il centrodestra traccheggiante sta regalando la Regione ai Cinque stelle, dice al Foglio Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia. “Stiamo perdendo un sacco di tempo, quando invece potremmo fare campagna elettorale. Tanto più che il 20 settembre scadono i termini per la presentazione delle liste. E siccome i sondaggi danno i Cinque stelle molto in alto, tra il 30 e il 35 per cento, se tutto il centrodestra non si mette insieme facciamo un regalo a Grillo. Un regalo che non ci possiamo permettere”. Nelle ultime ore però, aggiunge Romani, “si sta affermando l’idea che sia possibile un centrodestra il più largo e inclusivo possibile, anche se c’è il problema di Alternativa Popolare, che oscilla tra l’accordo con il Pd e quello con noi. Ap vuole inserire nella trattativa con Forza Italia anche richieste e riferimenti al problema nazionale, che noi però non possiamo risolvere. Già sarebbe di difficile comprensione che il centrodestra, pur largo e inclusivo, contenesse anche coloro i quali adesso sono al governo con Crocetta e con Gentiloni”. Quindi, non esageriamo: eventuali accordi nazionali fra il partito di Alfano e quello di Berlusconi saranno possibili soltanto dopo l’esito delle regionali in Sicilia. Se il ministro degli Esteri si schierasse con il centrodestra facendogli ottenere un buon risultato (traduci: la vittoria), allora lo schema potrebbe essere riprodotto anche nel 2018 per le elezioni politiche.

 


Paolo Romani (foto LaPresse)


 

“Chiunque risulterà determinante o quantomeno conterà molto per il risultato siciliano – dice Romani al Foglio – sarà utile nella strategia successiva. Però questo avverrà a cose fatte. In Sicilia c’è un’articolazione complessa, ci sono forze tradizionali e forze locali. Ci sono molte persone capaci di raccogliere consenso a prescindere dalla collocazione nazionale. Se dal variopinto quadro siciliano il centrodestra riesce ad avere una proposta unitaria, ci giochiamo la partita fino in fondo. Non diamo dunque una mano ai Cinque stelle”. Secondo Romani, il risultato siciliano potrebbe dare qualche amarezza al Pd e ridimensionare le ambizioni del suo segretario nella trattativa sulla legge elettorale. “Se il Pd dovesse arrivare terzo in Sicilia, cosa probabile, sarebbe l’ennesima sconfitta di Renzi, che dovrebbe fare qualche valutazione. A partire dalla legge elettorale, sulla quale un risultato negativo avrebbe un’influenza negativa”. Con la riapertura della stagione politica, ci si aspetta che il Parlamento riesca finalmente a dare seguito alle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla necessaria armonia da ripristinare fra le le leggi elettorali di Camera e Senato. Servirà del tempo, però, dice il capogruppo. Se ne parlerà dopo il voto in Sicilia.

 

Oggi, spiega Romani, se guardiamo al sistema elettorale con gli occhi di un osservatore esterno e freddo vediamo “che ci sono due leggi elettorali ritagliate dalla Consulta. Alla Camera c’è la lista, il premio alla lista e i capilista. Al Senato c’è la possibilità di fare la coalizione, non c’è il premio di maggioranza e si parla di preferenze. Sono due sistemi totalmente diversi. L’invito del presidente della Repubblica è a fare una legge chiara, efficace ed omogenea. Non serve quindi un rammendo, ma una legge nuova. Da mesi parliamo di Mattarellum, Rosatellum, Italicum quando invece dovremmo concentrarci su tre problemi. Coalizione o lista? I parlamentari vanno eletti attraverso collegi o preferenze? Poi, siccome in Italia oggi c’è grossomodo un sistema tripolare, serve un sistema proporzionale che rappresenti le volontà degli elettori, inserendo dei correttivi, come la soglia alta e il premio di maggioranza. Una volta che risolviamo questi tre problemi, la legge elettorale è definita. Per questo dico che dobbiamo incontrarci tra le forze responsabili per sciogliere questi nodi. Certo, se Renzi ripete che vuole solo il premio alla lista diventa tutto più complicato. Comunque, io penso che sarà difficile avere una legge elettorale prima delle elezioni siciliane”. Troppo importante quel voto, ancorché regionale. La Sicilia è, infatti, il famoso laboratorio ed è l’ultimo test prima delle Politiche. Da dove ripartire dunque sulla legge elettorale? Il sistema tedesco, su cui si era trovato un accordo, “risolve i tre problemi elencati poc’anzi, con le coalizioni, i collegi, le liste corte e la soglia di sbarramento alta. Evita la frammentazione con un piccolo premio ai partiti maggiori. Aveva e ha ancora un senso”.

 

In attesa di un nuovo incontro fra il Pd e Forza Italia per costruire una legge elettorale (con il M5s ormai si dà per scontato di non riuscire a combinare niente), Romani dice che bisogna mettere mano al centrodestra. Da settimane ex forzisti stanno tornando nella casa del padre e il partito berlusconiano sta recuperando appetibilità. Il modo migliore per non disperdere queste energie è stare insieme, riaggregarsi, federarsi. “In questi anni, c’è stato un processo di destrutturazione dei partiti, con meno iscritti, meno soldi, meno partecipazione, meno capacità di creare consenso. Da una parte c’è il distacco dall’opinione pubblica, dall’altro la frammentazione. Io faccio fatica a distinguere un frammento dal frammento adiacente. Quindi serve un processo di riaggregazione del centrodestra. Sono molto laico su questo. Al Senato ci abbiamo provato e in parte ci siamo riusciti. Forza Italia è di nuovo un polo di attrazione ma non tutti possono tornare da noi e per questo in Parlamento Quagliariello ha dato vita alla Federazione della Libertà. Ma la riaggregazione va fatta nelle aule parlamentari e nei territori. Il rientro di sindaci e consiglieri non rappresenta un mero rassemblement di sigle; sono persone che ritengono di aver sbagliato scelta politica negli ultimi anni. Per questo è importante riaggregare soprattutto il centro del centrodestra, perché riequilibra il rapporto fra la Lega, che è forte come non è mai stata, e Forza Italia che diventata di nuovo attrattiva. Ecco, fra Lega e Forza Italia c’è sempre stata una differenza di toni; quelli dei leghisti sono più urticanti e semplificati, i nostri più responsabili. Ma oggi nel merito le questioni che ci dividono sono largamente inferiori a quelle che si possono notare tra Mdp, appena nata, e il Pd di Renzi”.

 

C’è poi il capitolo dell’antipolitica. La settimana scorsa Luigi Zanda, capogruppo del Pd al Senato con cui Romani ha un buon rapporto, notava sul Foglio che la democrazia parlamentare è in crisi per molti motivi. Alcuni dei quali vanno imputati anche alla stessa politica, che offre argomenti ai populisti e all’antiparlamentarismo rutilante. “Cose che abbiamo visto anche nel 1992, con Tangentopoli, quando la magistratura squassò il sistema democratico che aveva retto per 40 anni. Penso che la politica abbia la responsabilità di far vedere ai cittadini che è in grado di trovare soluzioni ai problemi. Due esempi recenti. Il voto sul decreto per le vaccinazioni, al quale abbiamo concorso, e l’invio della marina italiana in Libia. E’ questa la politica della responsabilità che mi piace. Quella dei No-vax invece è la piazza dell’antipolitica, così come genera il rifiuto della politica la reazione della pubblica opinione al fallimento della politica che non riesce ad evitare l’arrivo sulle nostre coste e poi nelle nostre città di centinaia di migliaia di migranti economici. E’ la mancanza di soluzioni dettate dalla politica a portare all’antipolitica”. La battaglia contro i vitalizi è un altro regalo a Grillo? I toni di Romani sono molto diversi da quelli del suo omologo alla Camera, Renato Brunetta, che considera l’abolizione dei vitalizi un cedimento alla demagogia dei Cinque stelle. “Della legge anti-vitalizi noi non condividiamo un meccanismo tecnico, che è la retroattività della legge. Un principio da rifiutare, che abbiamo subito con Berlusconi e lo rifiutiamo per qualsiasi provvedimento in altri campi. Per noi la retroattività non può esistere. Sui vitalizi c’è però un problema reale e un riequilibrio serve, per non farli pagare agli italiani, anche se un passo avanti è già stato fatto con l’introduzione del sistema contributivo”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.