Perché confondere la sovranità con il sovranismo è un errore che va sconfitto dall'Europa

Sergio Soave

Il problema della crisi della sovranità degli stati nazionali è un problema reale. Ma la soluzione sta dentro alla dimensione europea, non fuori, ed è un nuovo sistema rappresentativo

I movimenti che si richiamano al sovranismo agitano un problema apparentemente ovvio: i condizionamenti che vengono dall’esterno o dalle incrostazioni burocratiche interne limitano fino ad annullarlo il potere di decisione affidato, almeno formalmente, alla sovranità popolare. Le proteste contro i vincoli esterni non sono una specialità italiana: la Brexit e il successo di Donald Trump hanno questa comune radice, hanno rappresentato una rivolta dei settori popolari a un sistema che appare incomprensibile, dominato da forze finanziarie che sfuggono a ogni controllo. Il problema della crisi della sovranità degli stati nazionali è un problema reale, che ha radici non solo economiche e sociali ma anche culturali e morali, e va affrontato nelle sue caratteristiche reali. Il sovranismo, cioè la nostalgia per un passato in realtà inesistente o l’idolatria di meccanismi di decisione estranei alla democrazia rappresentativa, cioè alla democrazia, non è una soluzione di questo problema, ma ne è un sintomo che non va sottovalutato.

  

Il problema della sovranità si pone quando i meccanismi istituzionali tradizionali si inceppano. E viene posto con forza, talora con violenza, quando si apre una prospettiva di trasformazione tendenzialmente eversiva. Lo aveva scritto con acume Carl Schmitt, per il quale è sovrano “chi decide dello stato di eccezione”: in questo modo si esplicita che la sovranità, al limite, rappresenta una potenziale negazione dello stato di diritto. In questo modo si spiega perché il sovranismo trovi consenso nelle aree politiche che puntano a forme di governo diverse dalla espressione, nei limiti costituzionali, della sovranità popolare. Le origini della Lega stanno nella negazione dell’unità nazionale, quelle del Movimento cinque stelle nella contestazione delle prerogative delle istituzioni elettive, considerate in blocco “privilegi di casta”.

  

Se questi movimenti hanno ottenuto (almeno finora: poi si vedrà) tanto successo, e non solo in Italia, è anche perché sono riusciti a presentarsi come sostenitori del diritto del “popolo” a decidere del proprio futuro. La fusione tra sovranismo e populismo, quella che, non bisogna dimenticarsene, ha vinto nelle più antiche democrazie, quelle anglosassoni, è una miscela formidabile. Opporre ad essa una stanca ripetizione dei mantra snobistici che demonizzano come populismo ogni protesta contro l’establishment finanziario e giudiziario, è peggio che inutile, è controproducente. D’altra parte ricondurre la capacità di decisione al popolo è tutt’altro che semplice: il meccanismo di mediazione e di raccolta della volontà popolare, il sistema dei partiti in competizione attraverso il meccanismo elettorale, ha subito un logoramento rapido e straordinario. Questo vale anche in sistemi che vengono largamente sopravvalutati, come quello francese, dove in realtà la crisi dei partiti ha portato a consegnare il potere presidenziale e parlamentare a una formazione minoritaria, che faticherà a conquistare il consenso reale (anche se naturalmente c’è da augurarsi che ci riesca).

  

Il punto cruciale, dove la crisi della sovranità può risolversi o al contrario degenerare, è l’Europa, soprattutto la zona euro, alla quale è stata delegata la sovranità monetaria che è un elemento decisivo della autorità statuale, che è la dimensione minima nella quale si può competere nei mercati internazionali e nelle tensioni geopolitiche, ma che non ha una base rappresentativa decente. Quando il progetto di costituzione europea fu bocciato dai referendum olandese e francese, si ebbe la prima vittoria del sovranismo, alla quale non si è prestata l’attenzione che meritava. Senza una sovranità popolare, naturalmente basata sul sistema rappresentativo, in Europa, si continuerà a girare nel vacuo gioco di specchi delle contrapposizioni tra interessi nazionali contrapposti senza una sede per risolverli politicamente. Il sovranismo è antieuropeo anche perché la sovranità europea è burocratica e non popolare, ma senza la dimensione europea la sovranità dei singoli stati è puramente illusoria.