LaPresse/Andrea Di Grazia

E' il governo che fa le regole, non le ong

Redazione

Perché contestare il divieto di oltrepassare le acque libiche è folle

L’unico risultato di un certo rilievo ottenuto dall’iniziativa italiana sull’ondata migratoria consiste in una regolamentazione, definita dal governo e approvata dalle autorità europee, dell’azione delle organizzazioni non governative. La pratica attuale che, almeno in un certo numero di casi, porta le imbarcazioni private a superare i limiti territoriali libici, a mettersi in contatto con gli scafisti, a non segnalare la loro presenza dovrebbe cessare. Le ong che accetteranno di rispettare le regole potranno continuare la loro azione, quelle che rifiuteranno si vedranno chiudere l’ingresso nei porti italiani. Naturalmente è più facile emanare norme che garantirne il rispetto effettivo, ma si tratta comunque di un’iniziativa costruita con sagacia.

  

  

Naturalmente negli ambienti “umanitari” si è aperta una campagna di dissenso, basata su un principio piuttosto stravagante: siccome esprimono un’azione a difesa dei diritti dell’uomo, nessuno ha il diritto morale di imporre loro altre leggi. Alla base di tutto ciò c’è l’idea che gli stati non hanno diritto a difendere la loro sovranità e tanto meno i loro confini, che il fenomeno migratorio va sostenuto, indipendentemente dal carattere criminale delle bande di scafisti. Quando qualche procura ha posto interrogativi su attività che violano il diritto marittimo, a cominciare dal superamento dei limiti delle acque territoriali libiche, si è immediatamente levato un coro di indignazione. Ora ci si deve aspettare un’altra ondata di proteste, che sarà accolta con favore da settori dell’intellettualità “progressista” che interpreta la propaganda umanitaria “senza confine” – vuol dire pretendere di essere al di fuori e al di sopra della legge. E’ da manuale la reazione di Nino Sergi, ex presidente dell’organizzazione umanitaria Intersos. Quella di Marco Minniti sarebbe, secondo lui, una “grande impostura”, perché le nuove norme non farebbero altro che confermare la prassi già in atto nelle relazioni tra ong e Guardia costiera. Se fosse così, però, non si capirebbe la ragione dell’alzata di scudi. Si capisce qualcosa di più se si nota che il punto più importante, il divieto di entrare in acque libiche, viene considerato non cogente “quando si tratti di salvare vite umane in pericolo”. Ma quelle vite sono in pericolo perché gli scafisti sanno che le ong interverranno (e forse sono addirittura chiamate) e quindi possono usare natanti incapaci di raggiungere qualsiasi approdo.

  

In sostanza si evoca una risposta collettiva delle ong che apra un negoziato con il governo, visto che ogni emanazione di norme non sottoposte all’approvazione preventiva delle ong sarebbe un “diktat”. E’ forse superfluo ricordare che il governo agisce come potere democraticamente scelto e che in quanto tale esercita la sovranità di un paese, mentre le ong pretendono di rappresentare addirittura l’umanità, ma non sono state elette da nessuno e non hanno alcuna potestà legislativa. Superfluo per tutti ma forse non per Sergi.

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