Silvio Berlusconi e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Nell'Italia dei sindaci vince un centrodestra che esiste solo in città

Claudio Cerasa

Un conto è governare una città, un conto è governare l’Italia. Genova o non Genova, il Cav. sa che il centrodestra unito ha un costo molto alto e che con Salvini & Co. i conti è meglio farli dopo le elezioni. E ha ragione 

II giorno dopo il voto nei comuni, come spesso accade quando si parla di elezioni amministrative, il copione è sempre uno ed è sempre lo stesso: non esistono partiti sconfitti, esistono solo moltissimi vincitori e altrettanti fatti alternativi. Piccola carrellata, prima di arrivare al cuore del nostro ragionamento che riguarda una gigantesca fake news relativa ai veri vincitori delle comunali di domenica scorsa, ovvero i candidati del centrodestra.

 

 

Dice Beppe Grillo, il cui partito è rimasto fuori dai ballottaggi di tutte le principali città andate al voto perdendo un sindaco in tutti e tre i comuni conquistati nel 2012 (Parma, Comacchio, Mira), che domenica scorsa è andato tutto alla grande, che ogni maledetta elezione il Movimento 5 stelle continua a crescere e che da qui al governo ormai è questione di metri (bum). Dice Matteo Renzi che il centrosinistra ha perso qualche città importante ma alla fine dei conti i risultati non sono così male (bum) e nonostante le sconfitte a Genova, L’Aquila, Monza, Piacenza, La Spezia, Alessandria, Asti, Pistoia, Como, Rieti, Lodi e Oristano, che volete che sia, non bisogna essere pessimisti, perché nei comuni con più di 15 mila abitanti le coalizioni a guida Pd hanno vinto in 67 occasioni mentre quelle a guida Forza Italia hanno vinto solo in 59 casi. Dice Matteo Salvini che in realtà i veri vincitori delle elezioni comunali, in una tornata elettorale in cui il modello Le Pen è stato archiviato e in cui i candidati di centrodestra che hanno vinto nei comuni sono quelli che si sono presentati con un profilo nettamente alternativo al salvinismo (l’unica grande città ad avere un leghista candidato era Padova ed è l’unica grande città che il centrodestra ha perso), sono i compagni leghisti e che queste elezioni, senza possibilità di fraintendimento, dimostrano che la linea Salvini vince (bum) e che la linea invece Berlusconi perde (stra-bum). Si potrebbe andare avanti per ore ad elencare il numero di partiti e di politici che si auto-riconosce come autentico vincitore delle amministrative, ma il dato più significativo di queste ore riguarda un grande paradosso con cui i vincitori delle comunali dovranno fare i conti nei prossimi mesi. 

 

  

Il centrodestra di Silvio Berlusconi ha vinto nei comuni grazie a un posizionamento tattico tanto micidiale quanto sorprendente (più Renzi e Grillo litigano, più Berlusconi riconquista fiducia) e grazie a un particolare modello elettorale che esiste solo ed esclusivamente all’interno dei comuni e che a livello nazionale sarebbe potuto esistere solo ed esclusivamente se il centrodestra avesse fatto quello che non ha fatto sette mesi fa: sostenere per via referendaria il tentativo di Matteo Renzi di adattare il sistema istituzionale nazionale sul modello dei sindaci. Anche per questo, ma non solo per questo, l’Italia che oggi stiamo commentando, e sulla quale ciascuno di noi si esercita per trovare un qualche elemento utile da mettere a fuoco per anticipare un trend politico che si potrebbe andare a ripetere alle prossime elezioni a livello nazionale, è un’Italia che esiste solo ed esclusivamente a livello locale. Ed esiste esclusivamente in quel contesto non solo per ragioni legate al semplice modello di sistema elettorale.

 

Anche in queste ore Silvio Berlusconi sta mostrando di saperlo perfettamente: un conto è mettersi d’accordo con la Lega sul nome di un candidato a cui affidare la guida di una città, un altro è mettersi d’accordo con la Lega su questioni che riguardano il governo di un paese. Il fatto che sui temi relativi alla sicurezza, l’immigrazione, la politica estera, l’euro, il commercio mondiale, le pensioni, le tasse, il lavoro, il welfare, la lotta al terrorismo ci sia una distanza abissale tra un partito che si riconosce nei princìpi del Ppe (e che in questo momento esprime con un suo uomo persino il presidente del Parlamento europeo) e un partito che considera il Ppe una minaccia per la democrazia del nostro continente (e che continua a riconoscersi orgogliosamente nella figura di una Marine Le Pen) non è un punto del tutto secondario.

 

E non è un caso che nonostante il successo delle comunali il Cav resti convinto che la linea giusta da seguire, nel futuro, sia quella messa nero su bianco qualche tempo fa sul Foglio: “Le coalizioni imposte dalla legge elettorale – lo hanno dimostrato sia l’Ulivo che l’Unione – non funzionano. Anche nel centro-destra la convivenza obbligata con partner recalcitranti, se non addirittura infidi, ha reso molto più difficile la nostra azione di governo e ci ha impedito di fare alcune riforme, dal fisco alla giustizia, che consideravo indispensabili”. Può piacere oppure no, ma con il ritorno maestoso della repubblica dei De Mita e dei Pomicino, e con la fine almeno momentanea della stagione nazionale del modello maggioritario, Berlusconi è consapevole del fatto che da qui alle prossime politiche il compito dei leader che puntano a intercettare il voto dell’elettorato moderato sarà quello di marcare una distanza vera e concreta con tutti gli estremismi (compreso Salvini).

 

 

Un centrodestra che regala la sua golden share a Salvini (a meno che Salvini non accetti di farsi commissariare dai Maroni, dai Giorgetti, e dagli Zaia) è un centrodestra che potrebbe regalare un’autostrada al Pd (ammesso e concesso che il Pd sappia liberarsi come dovrebbe e come potrebbe dell’incubo del modello Unione). Viceversa un centrodestra che mostra la sua indipendenza da Salvini e da altri estremismi sovranisti è un centrodestra che può puntare a recuperare buona parte dei sei milioni di voti persi dal Pdl tra le elezioni del 2008 e quelle del 2013.

 

“Da questi risultati – ha detto ieri il Cav. – il centrodestra può partire in vista della sfida decisiva per tornare a guidare il paese, sulla base di un programma condiviso, che in larga parte già abbiamo, e di una coalizione tra forze politiche diverse, caratterizzata da un chiaro profilo liberale, moderato, basato su radici cristiane, secondo il modello di centrodestra vincente in tutt’Europa e oggi anche in Italia”. Genova o non Genova, Berlusconi sa che in un’Italia proporzionale, come quella in cui ci troviamo oggi, le coalizioni si fanno subito dopo le elezioni. E sa bene che nell’Italia di oggi la distanza che esiste su base nazionale tra Forza Italia e la Lega è infinitamente maggiore della distanza che esiste tra Forza Italia e il Pd di Renzi. Per questo Berlusconi non vuole una legge maggioritaria. Per questo Berlusconi farà di tutto per non andare alle elezioni con una coalizione. Per questo Berlusconi continuerà a chiedere a Renzi di riprovare dopo l’estate ad approvare una legge sul modello tedesco, una possibilità concreta di andare alle elezioni senza doversi coalizzare con alleati birbanti (e forse Renzi dovrebbe iniziare a farci un pensierino). E per questo, infine, Berlusconi potrebbe accettare a ottobre la proposta che gli dovrebbe arrivare dal segretario Pd: mettere da parte gli estremismi di destra e di sinistra e iniziare a costruire insieme un percorso comune attraverso un progetto ambizioso da testare sulla prossima legge di stabilità. Il modello dei sindaci è un sogno. Ma quel sogno, purtroppo, continuerà a esistere solo nelle città,  mentre a livello nazionale continuerà a essere una gigantesca fake news.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.