Virginia Raggi (foto LaPresse)

Virginia scappa!

Salvatore Merlo

Il Campidoglio è come una casa sotto avviso di sfratto. Grillo fa uscire Colomban, poi arriva la dinamite

Forse la verità è che Virginia Raggi per salvarsi dalla furia di Grillo adesso dovrebbe andare via anche lei, come il suo assessore alle Partecipate, quel Massimo Colomban, l’imprenditore veneto che Davide Casaleggio aveva mandato a Roma per rimettere in moto la macchina in panne, che ieri ha abbandonato la casa un minuto prima del crollo: “Il mio era un incarico a tempo, e a settembre sarà esaurito”, ha raccontato a Simone Canettieri del Messaggero. Colomban si è espresso con l’eleganza e la compostezza della reticenza, perché a settembre non sarà concluso proprio nulla, perché il grande piano di riassetto delle aziende municipalizzate è rimasto una vaghezza, un mito, un miraggio. Mentre, al contrario, sono concretissimi i sondaggi in picchiata, i malumori interni, l’ira trattenuta di Grillo (“Virginia, mettici la faccia!”), il disprezzo sibilato di Roberta Lombardi, i furbeschi rimproveri di Luigi Di Maio, “mi aspetto che dal secondo anno si mettano in atto quegli interventi che diano percezione del cambiamento”, il tono liquidatorio di Alessandro Di Battista, “l’errore più grave di Virginia sono state le nomine. Glielo abbiamo detto tutti, ma lei è andata avanti comunque”.

 

 

E allora sul serio dovrebbe mettersi al riparo, la signora Raggi, e senza attendere il colpo di manganello dei suoi amici, il codardo oltraggio, la monetina che sibila, la pietra, lo sputo di virginale moralità che Grillo, il più trito turpiloquente di questa Italia con la bava alla bocca, riserva sempre ai sindaci, ai parlamentari, ai consiglieri regionali che abbandona e sulle strette spalle dei quali scarica colpe sovrumane, mostruose, additandoli alla massa dei linciatori del web come si fa con i più classici dei capri espiatori. A dicembre Grillo aveva già scritto sul Blog il post della scomunica, il via libera al crucifige della sindaca imbambolata. Ma poi cambiò idea. 

 

Ed è del destino della sindaca che mercoledì sera, al tavolo di un ristorante del Ghetto, nel pieno centro di Roma, discuteva Davide Casaleggio con l’assessora Laura Baldassarre, la portavoce Ilaria Loquenzi e il deputato Riccardo Fraccaro. Casaleggio s’informa, amministra, ascolta. Deve decidere cosa fare. Perché già a dicembre, dopo l’arresto di Raffaele Marra, per alcune ore la sorte della Raggi sembrava decisa – tagliamole la testa. Ma intervenne qualcosa, un ripensamento, un timore, forse un’ultima speranza, e quelle righe già scritte che l’avrebbero distrutta furono ritirate, ma non cancellate, inserite tra le bozze, nel retro del Blog, laddove con un clic tra qualche giorno potrebbero riaffiorare pubblicamente. Adesso persino Rocco Casalino, il porta silenzi e frasi fatte, l’addestratore delle comparsate televisive, esprime critiche che possono essere attribuite a Grillo e Casaleggio visto che, come dice Casalino stesso, con una frase che illumina benissimo l’etica e l’estetica del grillismo, “noi siamo un’intelligenza collettiva”. E allora questo gigantesco “uno vale uno” , questa “intelligenza collettiva” che ieri assumeva informazioni a cena in un ristorante del Ghetto, adesso cerca il capro espiatorio per verginizzarsi, ora che la sindaca minuta e inadeguata rischia il rinvio a giudizio, ora che i ballottaggi delle amministrative s’annunciano disastrosi, ora che anche Chiara Appendino perde colpi, mentre Roma è a rischio Sudamerica.

 

E così, servitori silenziosi e complici dei padroni del blog, ma pettegoli e spietati con i perdenti, Di Maio e Di Battista, i consiglieri comunali del Movimento, i sergenti e i caporali, persino alcuni assessori, sono pronti a castigare la Raggi, che sempre più assume anche fisicamente l’aspetto della vittima intontita, che nemmeno capisce quello che le accade intorno. L’hanno usata per la campagna elettorale delle amministrative, le hanno detto di picchiare sugli immigrati e sui rom, e l’hanno fatto con l’aria di quelli che, dandosi di gomito, si chiedono: per cosa può esserci utile ancora un po’ questa? Alla fine passeranno con la ruspa anche su quel campo rom chiamato Campidoglio, liberando e sfogando la moderna suburra dei linciatori, la voglia d’insultare di chi un tempo osannava. Ma prima stanno facendo uscire quelli che vanno salvati, come Massimo Colomban. Dunque sotto a chi tocca. Per questo Raggi dovrebbe “abbandonare le cose prima che esse ci abbandonino”, come consigliava Baltasar Graciàn.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.