Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Virginia Raggi

La grande fuga di Di Maio e Di Battista da Virginia Raggi

Marianna Rizzini

I due parlamentari, figure cardine del M5s, dopo le ultime notizie sulle vicende giudiziarie che la vedono coinvolta, cominciano a prendere le distanze dal sindaco

Roma. Virginia Raggi ha fatto quello che era stato deciso ai piani alti del Movimento Cinque Stelle: “metterci la faccia” di fronte all'eventualità del rinvio a giudizio (e quindi: autodifesa televisiva a “Cartabianca” e conferenza stampa in cui presentare “la rivoluzione” romana – rivoluzione che non avanza, dicono i fatti, ma che, dice il sindaco di Roma, è appena iniziata). È stata applaudita, Virginia Raggi, dai consiglieri municipali a Cinque Stelle e da una parte dei cronisti, ma non è stata metaforicamente applaudita da Luigi Di Maio e da Alessandro Di Battista, deputati che non “valgono uno”, figure cardine del M5s.

 

  

 

“Mi aspetto che dal secondo anno (a Roma, ndr) si mettano in atto quegli interventi che diano la percezione del cambiamento”, ha detto un Di Maio in versione “maestrino” – però proprio Di Maio, nell'autunno scorso, era stato messo sotto osservazione dai vertici a Cinque Stelle e dai colleghi ortodossi per non aver “capito” o non aver voluto capire che un “caso Muraro”, dal nome dell'ex assessore all'Ambiente capitolino, stava per scoppiare, e per aver in qualche modo condiviso con Raggi una linea criticata da Roberta Lombardi e Paola Taverna, rispettivamente deputata a senatrice nonché colonne del M5s romano.

 

 

Di Battista, invece, ha detto al Corriere della Sera che “l'errore più grave di Virginia è essersi fidata delle persone, per le nomine di Romeo e Marra. Glielo abbiamo detto tutti, ma lei è andata avanti comunque”. E però erano stati proprio Di Maio e Di Battista, un anno fa, a piantonare plasticamente il quartier generale del comitato elettorale Raggi, al termine del vittorioso primo turno, come a voler sottolineare la propria presenza a fianco del sindaco da cui oggi sembrano volersi differenziare: c'era Raggi in una stanza in penombra e i deputati-plenipotenziari su una scala esterna, a smistare interviste, un po' fratelli maggiori un po' numi tutelari. Ma ora che essere associati al sindaco di Roma non pare così politicamente utile, è fuggi fuggi generale dalla nave mezzo affondata. E il Movimento degli “uno vale uno” non dice più “tutti per uno, uno per tutti”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.