LaPresse/Roberto Monaldo

"Caro Orlando, non possiamo allearci con chi ci considera dei fascisti"

David Allegranti

I renziani dopo l'intervista del ministro al Foglio

Roma. Il Pd ha un problema di selezione della classe dirigente e un leader che difficilmente può unire tutto il centrosinistra, ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando al Foglio, che rilancia anche sul tema della formazione. Il Pd ha intitolato la scuola di politica a Pier Paolo Pasolini, ma che cosa c’entri, dice Orlando, “sinceramente non lo so. Credo che Pasolini sia l’antirenzismo per definizione. C’è una lettura del moderno di Pasolini che è sicuramente uno stimolo critico, ma persino io stenterei a condividerla, che pure sono più critico di Renzi sull’esistente”. I renziani ammettono che c’è effettivamente un problema di classe dirigente, “ma è un tema non solo del Pd. Occorre – dice il deputato David Ermini – che i giovani vedano nella politica una speranza. E la politica da decenni non offre più il futuro ma nemmeno la speranza di averlo. Credo che negli ultimi tempi solo Prodi, Veltroni e Renzi abbiano avuto la capacità di far sognare il centrosinistra e l’Italia. C’è molto da fare. Ho fatto il commissario del Pd in Liguria per un anno e mezzo. Abbiamo chiuso con un congresso unitario e candidati sindaci nelle città assolutamente competitivi”. Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e responsabile enti locali del Pd, rivendica il ruolo degli amministratori presenti sul territorio, a lungo rimasti nell’ombra e da valorizzare maggiormente: “Il Pd ha una grande classe dirigente sul territorio che è stata valorizzata troppo poco. Chiunque sia stato a fine gennaio a Rimini, dove si sono trovati 1.500 amministratori, ha visto ha classe dirigente competente, formata sul campo, che abbina continuamente idealità e programmi concreti. Una classe dirigente che altre forze politiche non hanno, penso ai grillini”.

   

Aggiunge il deputato Andrea Romano: “Il problema della classe dirigente non è solo del Pd ma di tutta la politica italiana. Anche perché usciamo da vent’anni di antipolitica trionfante, che non rende oggi la politica particolarmente attraente. Negli anni Cinquanta un millennial di belle speranze e intellettualmente attivo faceva politica per partecipare alla ricostruzione nazionale. Oggi è difficile che un giovane si avvicini ai partiti con lo stesso spirito. C’è effettivamente un problema di classe dirigente e ce l’ha il Pd a differenza di Forza Italia e Beppe Grillo perché la sinistra ha sempre dato molta importanza alla formazione politica. Non penso solo alle Frattocchie, ma anche al partito socialista francese o ai laburisti. Oggi fare formazione politica non significa tanto formazione ideologica ma amministrativa, comunicativa. Significa anche imparare a dirigere gruppi complessi. Per fortuna, il Pd ha ricominciato a farla. Dobbiamo moltiplicare le occasioni, di scuole come quella di Milano ne servono altre 10-100-1.000, a tutti i livelli”. Ora comunque, a differenza del 2013, c’è una situazione non emergenziale, dice Romano. Quindi, “Renzi e il gruppo dirigente del Pd hanno un mandato solido e pieno anche grazie al ruolo della minoranza. Orlando non è né Civati né Bersani. Non c’è nella minoranza un intento delegittimante nei confronti di Renzi, che non viene considerato un invasore”. Da questo punto di vista le posizioni irredentiste di D’Alema, dice Romano, sono utili perché stabiliscono un punto di non ritorno: “D’Alema ha tracciato la linea. Per questo dico che non dobbiamo illuderci e pensare di allearci con chi ci considera dei fascisti. Mentre invece avere una minoranza come quella di Orlando, che non ti tratta un come usurpatore, è un’occasione per ricostruire insieme la classe dirigente. Anche Orlando se ne deve far carico”. A proposito di alleanze, aggiunge Ricci: “Il centrosinistra è il Pd, bisogna che ce lo mettiamo bene in testa. Poi, certo, il Pd deve allargarsi, e noi in queste amministrative ci stiamo provando con coalizioni di centrosinistra e civiche. Il Pd dunque potrà dialogare con chi intende allargare l’area riformista. Ma pensare di fare un’alleanza con chi è uscito e ha come obiettivo l’antirenzismo, specie dopo che abbiamo fatto un congresso che è stato stravinto da Renzi, è una strada impraticabile. Finché si tratta di Pisapia e di altre forze civiche liberali va bene. Ma noi siamo il centrosinistra e non c’è altro spazio fuori dal Pd”. Extra Ecclesiam nulla salus.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.