Claudio Borghi (foto LaPresse)

Euro e compasso. Parla Borghi, il guru di Salvini

Salvatore Merlo

“Macron ringrazia la massoneria, questo è l’euro. Maroni si sbaglia”

"Nella Lega nessuno mi ha mai detto in faccia che la nostra linea era sbagliata”, dice Claudio Borghi, l’economista di Matteo Salvini, l’ideologo della svolta antieuro. E insomma tutti zitti. Finché le cose andavano bene. Adesso invece Roberto Maroni critica la svolta lepenista. “C’è una minoranza che legittimamente critica. Prima Maroni però non aveva mai espresso critiche”. Prima che Marine Le Pen perdesse in Francia. “Tutti seguivano il vento. E forse Maroni pensava che il momento non era opportuno. Non voleva fare come Flavio Tosi. Che a furia di controcanto è stato buttato fuori dal partito”. Ma il vento ha preso a spirare da un’altra parte. “Le Pen ha perso solo perché il fronte No euro si è diviso, e perché in Francia hanno trasformato quelle elezioni in una lotta antifascista”. E se Le Pen avesse vinto, oggi Maroni starebbe portando Salvini in trionfo, sulle spalle? “Penso di sì. Ma se Le Pen avesse vinto, cambiava il mondo. Crollava tutto. E l’uscita dall’euro l’avrebbe gestita Gentiloni. Forse è stato meglio così. Mi sentirei più tranquillo se l’uscita dall’euro la gestissimo noi. Starei più tranquillo se ci fossi io a controllare il percorso”. E in che ruolo? “A fare il ministro non sarei capace. Con una Lega che governa l’Italia mi vedo meglio in Banca d’Italia”. Governatore. “A gestire la politica monetaria… ma una volta ottenuta la sovranità sarei così soddisfatto che potrei anche ritirarmi a vita privata”. Però anche a Berlusconi non piace la Lega sovranista. Siete circondati. “Dopo tutto quello che gli ha fatto l’eurocrazia ancora li difende? Mah”.

 

Macron è mezzo Renzi e mezzo Berlusconi? “Berlusconi è il contrario di Macron. A Berlusconi piacciono le ragazzine, a Macron le stagionate. Macron è chiaramente europeista, mentre Berlusconi è furbamente ambiguo. E poi Macron è un organismo geneticamente modificato dei poteri forti internazionali. Mentre Berlusconi è stato ammazzato da queste lobby col grembiule”. Massoneria? “E’ evidente che c’è la massoneria. La massoneria esiste. Dobbiamo decidere se è un club, o se governa i destini del mondo. Ma una cosa è evidente. Il discorso della vittoria di Macron era un profluvio sfacciato di simbologia massonica”. Cioè? “C’era la piramide, c’era una specie di sole alla sommità, lui teneva le mani a squadra e poi allargava le braccia a compasso”. Non è paranoia, quando si vedono cose che non esistono? “Se Le Pen avesse avesse fatto il saluto romano non lo avrebbero notato, i liberal?”. Capisco. Senta: in Italia, a proposito di Renzi, Ferruccio de Bortoli parlò di odore stantio di massoneria. Qualche collegamento? “De Bortoli è persona molto vicina ai poteri forti, e io intravvedo un attacco di quel mondo a Renzi. Non capisco però se è un passaggio di consegne dei poteri forti, dal Pd al 5 stelle. Cosa che io sospetto. O se è soltanto un avvertimento: caro Renzi stai attento, allineati, se no ti facciamo fare la fine di Berlusconi”.

 

Quindi anche i cinque stelle sono il braccio politico dei poteri forti internazionali. Oltre al Pd. “I grillini hanno funzione di mantenimento dello status quo. Lavorano per i ‘gatekeeper’, quelli che dettano l’agenda. Portano il dissenso su cose irrilevanti. C’è gente nelle élite europee, nei poteri forti, che li considera utili”. Ma, scusi, chi sono i poteri forti? “Il grande capitale, l’élite finanziaria ed economica, i vari Soros e compagnia bella… Penso che tutto questo mondo adesso non consideri più affidabile Renzi. Non gli ha portato a casa il risultato. E credo che Macron sia invece la loro ultima scommessa. Se prendi i nomi dei collaboratori di Macron sono gli stessi che lavoravano con Obama e con Clinton”. Ma va? “Sì, sì. Me lo disse un amico esperto di comunicazione”. Berlusconi, Maroni, Grillo, Macron, la grande finanza… Lei e Salvini siete soli. “C’è Trump. Trump è stato preso sottogamba. Lo hanno sottovalutato. Non pensavano vincesse, e non si erano organizzati”. Ma chi? “I poteri forti”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.