Salvatore Settis (foto wikimedia)

L'agenda Settis-Montanari (mamma mia)

Redazione

Avvicinarsi o no a Grillo? Eccolo il vero tema del congresso Pd

Tomaso Montanari, erede naturale del partito dell’agenda Settis, è un docente universitario, è da pochi giorni presidente di Libertà e Giustizia, è amato dai grillini e dai campioni del benecomunismo e il suo pensiero, forse persino a sua insaputa, oggi si trova al centro dello scontro tra le varie anime del Pd. In un’intervista a Repubblica di ieri, Montanari ha detto quello che in molti nel Pd non hanno il coraggio di dire: in uno scenario all’interno del quale il sistema proporzionale impedisce a tutte le forze politiche di essere autosufficienti, la vera sfida del centrosinistra oggi riguarda le alleanze del futuro, ovvero quelle che verranno costruite il giorno dopo le elezioni. Montanari sostiene che per la sinistra è arrivata l’ora del compromesso con il movimento 5 stelle e per quanto possa sembrare un’idea senza senso (non vi è bastato Bersani nel 2013?) in realtà è proprio questo il punto sul quale si divide il campo progressista.

 

Da una parte (linea Renzi e in parte linea Orlando) c’è chi immagina di costruire dopo le elezioni un’eventuale coalizione con le forze anti populiste proprio per mettere in minoranza il cialtronismo grillino. Dall’altra (linea Emiliano, linea scissionisti del Pd) c’è invece chi immagina che nel 2018 ci possano essere finalmente quegli spiragli che hanno impedito nel 2013 a Bersani di andare a Palazzo Chigi con il sostegno di Carlo Sibilia, Luigi Di Maio e la Casaleggio Associati. Poco prima di uscire dal Pd, in un’intervista al Foglio, Miguel Gotor disse che con i grillini bisogna “confrontarsi in modo sfidante” e per questo occorre “demonizzarli di meno”.

 

Da un certo punto di vista il futuro del centrosinistra è qui: tra chi vuole seguire l’agenda Settis-Montanari e trasformare il Pd in una costola del grillismo e chi vuole trasformare il Pd in un contenitore alternativo e incompatibile con la post verità grillina, avendo in testa un sistema futuro più simile al modello grande coalizione tedesca (anche se sarà dura, come ha ricordato ieri Angelo Panebianco) che al modello Venezuela (o in alternativa Ecuador). Di Montanari non condividiamo nulla, ma quanto meno ha il merito di indicare quali sono le due strade di fronte le quali si troverà il Pd nei prossimi mesi, da qui alle prossime elezioni.