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I dubbi del ministro Costa sulla prescrizione “allungata”

Piero Vietti

“E’ un istituto da tutelare. Così si va verso l’irragionevole durata dei processi”. Mercoledì la fiducia sul nuovo processo penale

Roma. Mercoledì il Senato voterà la fiducia sulla riforma del processo penale voluta dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando: il testo, rimasto incagliato in commissione per tre anni, divide però ancora la maggioranza e una parte dell’esecutivo stesso. Improbabile che vi siano sorprese sul voto in Aula, ma il malumore di Area Popolare rimane: il gruppo guidato dal ministro degli Esteri Angelino Alfano è riuscito a ottenere di inserire una delega perché il governo metta mano a una norma sulle intercettazioni entro tre mesi (l’ipotesi precedente era dodici mesi, oltre la scadenza naturale della legislatura), ma non è riuscito a ottenere di non allungare i termini della prescrizione, come invece previsto dalla riforma. Non un dettaglio da poco, sottolinea il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, che spiega al Foglio come quello sia “il nucleo della riforma”.


Enrico Costa (foto LaPresse)


Una riforma che, così com’è, non dovrebbe essere approvata con un voto di fiducia. Secondo Enrico Costa, ex viceministro alla Giustizia e avvocato: “La prescrizione è un istituto liberale tutelato da molti riferimenti nella Costituzione, primo fra tutti il principio della ragionevole durata del processo”. La prescrizione è finalizzata a quello, spiega: “Allungando i tempi si andrà verso l’irragionevole durata dei processi”. Costa si appella a un principio liberale: “Dobbiamo comprendere che tipo di rapporto punitivo vogliamo esista tra stato e cittadino. Vogliamo uno stato che ritenga giusto esercitare la sua pretesa punitiva in perpetuo? Questo non è un approccio liberale”. Alla facile obiezione secondo la quale in Italia molti reati si estinguono prima del giudizio finale, Costa risponde con i numeri: “Oltre il sessanta per cento dei reati va in prescrizione nella fase delle indagini preliminari”. Semmai c’è un problema di contrasto con l’obbligatorietà dell’azione penale, dunque. “Il cittadino deve essere protetto dallo strapotere di uno stato che potrebbe colpirlo anche a distanza di decenni da un fatto contestato. E una persona offesa deve vedere tutelati i propri diritti in tempi ragionevoli. Fare in modo che il processo sia contenuto nei tempi, questo è il senso della prescrizione. Altrimenti lasciamo il cittadino in mano all’inerzia della macchina della giustizia”. Che in Italia è particolarmente farraginosa, anche se c’è chi parla di emergenza prescrizione (ed è vivido nella memoria di molti il recente caso di un uomo accusato di abusi accertati sulla figlia tornato libero grazie alla prescrizione perché dopo vent’anni il suo processo non si era ancora concluso): “Non c’è nessuna emergenza prescrizione”, spiega Costa. “Vi sono tribunali in cui il numero di reati prescritto è bassissimo, e altri in cui il 50 per cento va in prescrizione. Semmai è un problema organizzativo. Dobbiamo lavorare su quello, non dare più tempo a chi già lavora poco”. Quando si parla di giustizia penale, poi, spesso ci si dimentica che a essere indagati e processati sono anche persone innocenti. “Penso  soprattutto a loro – prosegue il ministro – ai non colpevoli che devono difendersi, di fatto già processati durante le indagini. Vogliamo dare loro tempi certi entro i quali la loro colpevolezza debba essere provata? Cosa se ne fa un innocente di essere riconosciuto tale dopo dieci o dodici anni?”.

 

nsomma a Enrico Costa non va giù che la riforma del processo penale contenga anche questa modifica: “Il pensiero di lavarsi la coscienza appiccicando un francobollo normativo sulla prescrizione è inaccettabile. Un voto di fiducia non è un percorso parlamentare”, dice. “Italia non c’è certezza della pena. Non voglio che alla certezza venga sostituito un processo lungo come una pena”. Come detto, Area Popolare non farà barricate in Aula: “Mi sono limitato a chiedere di valutare eventuali proposte di modifica – conclude il ministro – Spero che il mio partito sia in condizioni di rappresentare queste tesi”.

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.