Stefano Parisi (foto LaPresse)

La destra di Parisi

David Allegranti

“Partito unico come vuole Toti? Pensiamo alle idee, non a nuove sigle. Serve uno spirito liberale”

Roma. Il partito unico di centrodestra proposto da Giovanni Toti? “Non è quella la strada”, dice al Foglio Stefano Parisi, che il primo aprile riunirà a Roma il suo movimento “Energie per l’Italia”. Non sarebbe il momento giusto per approfittare delle debolezze del Pd? Magari con un partito nuovo. “Il grande successo dei Cinque stelle dimostra la sconfitta dei partiti. Chi vota Grillo è perché vuole fargliela pagare alla politica pur sapendo che quel voto costituirà un peggioramento delle proprie condizioni di vita, penso a Roma. Basta vedere che cos’è successo il 4 dicembre, con la sberla al sistema dei partiti; chi ha votato No lo ha fatto contro Renzi, chi ha votato Sì voleva cambiare le istituzioni. Il 70 per cento degli italiani è andato a votare perché non è contento dell’attuale offerta politica”. Il problema quindi “non è la grande occasione per il centrodestra, ma dare una ultima opportunità agli italiani di tirare fuori il paese dalle drammatiche condizioni politiche e sociali in cui versa. Il problema non è come avere tecnicamente gli slogan giusti, ma dire la verità agli italiani, se vogliamo essere affidabili e ricevere un mandato per governare per i prossimi 5 anni”.

 

“Se il centrodestra dovesse vincere e dovesse continuare a fare le politiche degli ultimi 20 non tirerebbe fuori l’Italia dalla crisi. Non si mettono insieme i partiti per vincere le elezioni, arrivare a Palazzo Chigi e non esser d’accordo su niente. Il sistema maggioritario ha fallito in Italia per questo motivo. Ci si preoccupa di come far stare insieme Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia ma non di come riacquistare la fiducia degli italiani. Come al solito quando parlano i politici, non leggiamo una proposta su cosa debba essere fatto”.

 

Per Parisi insomma serve più concretezza. “Il governo Gentiloni sarà costretto a fare una manovra correttiva di 30-40 miliardi per il 2018, per riparare ai danni di Renzi, sprofondiamo nel debito pubblico, la crescita non c’è, l’immigrazione sta frantumando socialmente questo paese, i ragazzi sono disoccupati. E a Milano si discute delle palme a piazza Duomo. In questo quadro, discutere di partiti non ha alcun senso; bisogna partire da una visione di come deve essere il paese, che va ricostruito radicalmente. La scuola e l’università devono essere ripensate, la burocrazia deve essere smantellata, le tasse devono essere abbassate per davvero. Bisogna aggredire la spesa pubblica, da subito”.

 

I partiti invece “sono impegnati a scindersi o pensano a come fondersi. Se a sinistra si dividono, noi ci ricomponiamo: è una politica che reagisce a se stessa, senza però cercare una soluzione per il declino perenne di questo paese”. Prendiamo la questione dell’immigrazione, dice Parisi. “Io sono contro l’ipocrisia della sinistra che considera prioritario il tema dell’accoglienza, ma sono anche contro chi dice che ‘serve una pulizia di massa’ degli immigrati. Un centrodestra serio deve esser rigoroso senza essere razzista. Togliamo i soldi che diamo alle cooperative degli amici del Pd e investiamoli nei paesi da dove provengono gli immigrati. Noi dobbiamo parlare di questo, di idee e ideali. Dobbiamo dire che servono meno tasse; che gli investimenti li fanno le imprese private e non si fanno con la spesa pubblica. Dobbiamo smettere di tassare i ricchi e di abbandonare al loro destino i più poveri. Gli Italiani hanno bisogno di sicurezza, la politica deve rispondere a questa domanda con concretezza. Dobbiamo smettere di avere un paese mosso dall’invidia, ma rianimare la voglia di benessere. Noi liberali, popolari e riformisti invece dobbiamo tornare allo spirito del ’94, non abbandonarlo”. La crescita, dice Parisi, “la fanno gli investimenti privati, non la spesa pubblica. Il modello di Renzi, cioè dare soldi alle famiglie, aumentare la spesa pubblica corrente e azzerare gli investimenti – non ha funzionato”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.