Andrea Orlando (foto LaPresse)

Primarie & scissioni

Perché la candidatura di Orlando disegna una nuova geografia nel Pd

David Allegranti

Dove vanno i voti degli ex Ds? Violante e Zingaretti con Orlando Martina e Orfini con Renzi

Roma. Andrea Orlando è ufficialmente in campo per il congresso del Pd. “Ho deciso di candidarmi perché credo e non mi rassegno al fatto che la politica debba diventare soltanto prepotenza”, dice il ministro della Giustizia. Una candidatura che, insieme alla fuoriuscita degli scissionisti, ridisegna la geografia del Pd. A partire dall’eredità politica della sinistra, dove Orlando gode di buoni consensi. Vedi Giorgio Napolitano. Ma non solo. Con lui, tra i vecchi saggi della sinistra, ci sono Emanuele Macaluso, Ugo Sposetti, mentre la Sinistra Dem di Gianni Cuperlo deciderà il da farsi il 4 marzo in un’assemblea pubblica a Roma, anche se è scontato il sostegno a Orlando. Con Orlando anche l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, Luciano Violante (le sue posizioni, ha detto al Corriere, “aiuterebbero a dare un carattere pluralista al partito e a consolidare una fiducia nei valori dell’uguaglianza e del merito”), Goffredo Bettini (“E’ colto, sobrio ma deciso e coraggioso. Sembra a me la persona più adatta per guidare il Pd”) e anche Nicola Zingaretti (“Dobbiamo cambiare il Pd. Perché così non va. Ci vuole innovazione, protagonismo, coinvolgimento di chi ne fa parte, collegialità”).

 

(segue dalla prima pagina) “Io non mi candido per fare la sinistra, ma per rifare tutto il centro sinistra, un centro sinistra largo. Senza centro sinistra non si vince”, dice Orlando, che sfida Renzi e Michele Emiliano. E’ evidente però che nel Pd si è aperto fra Renzi e il ministro un duello attorno alla parola “sinistra” e su chi possa rappresentarla meglio. Lo si era già capito domenica scorsa all’assemblea quando in difesa dell’ex premier e contro la scissione si erano schierati alcuni pezzi forti della tradizione post-comunista, da Walter Veltroni a Piero Fassino. D’altronde, se una parte degli ex Ds sostiene Orlando, ce n’è un’altra che sta al fianco di Renzi. Come Maurizio Martina – che indica cinque sfide per Renzi: partito, società, uguaglianza, Europa e nuove generazioni –  ma anche Catiuscia Marini (presidente della Regione Umbria) e Antonello Cracolici (assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia). “Oggi, nonostante i limiti e gli errori che vanno riconosciuti – dice Martina in un intervento pubblicato da Repubblica.it – c’è un’intera generazione che non intende accettare chi spinge per un ritorno alle antiche case madri. Quello di cui abbiamo bisogno è esattamente il contrario: portare a compimento ciò che è rimasto incompiuto. Costruire finalmente una nuova cultura politica, una nuova identità. Un soggetto autenticamente popolare, alternativo al populismo. Di certo non c’è sinistra senza il Pd in questo paese. Abbiamo dato vita al partito nuovo per uscire dal novecento e non vogliamo riavvolgere il nastro della storia”.

 

Sta con Renzi anche il pezzo di Giovani Turchi che fa capo a Matteo Orfini (il resto, inevitabilmente, sostiene Orlando). Con l’ex premier anche Vincenzo De Luca, che però avverte: “Credo di dover sostenere Renzi ma chiedendogli di fare delle innovazioni profonde”: per esempio stop alle posizioni di “arroganza e di supponenza che abbiamo avuto, e bisogna chiedere scusa al mondo della scuola”, dice il governatore della Campania a Night Tabloid. Ora che i candidati ci sono, resta da capire quando il Pd eleggerà il suo nuovo segretario. Nel partito si discute sulle date; i renziani puntano a una data ravvicinata – si parla del 9 aprile, data che terrebbe aperta la finestra del voto a giugno – mentre i contendenti chiedono più tempo per fare campagna elettorale. “Così è impossibile una campagna elettorale degna di questo nome. Renzi ha paura di perdere, gli italiani capiranno che l’unico modo per battere l’uomo politico più sostenuto dai poteri forti è votare per me”. I bersaniani, intanto, si apprestano a creare un gruppo parlamentare con gli altri scissionisti, i 17 deputati fuoriusciti dalla neonata Sinistra Italiana. L’obiettivo naturalmente è costituire un nuovo partito, con Speranza, Bersani e Pisapia. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.