Guglielmo Epifani tra Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema (foto LaPresse)

Come deradicalizzare chi vuole far fuori Renzi in nome degli ideali religiosi della sinistra sinistra

Giuliano Ferrara

Cosa ricordare ai Bersani, agli Speranza, ai D'Alema del loro passato per colmare la distanza ideologica dall'ex presidente del Consiglio. Un esperimento

In Francia la deradicalizzazione dei jhadisti e mezzi jihadisti è fallita. Lo certifica un rapporto del Senato. Per tre anni legioni di psicologi, sociologi e islamologi – definiti spietatamente dal Figaro una “clientela comunitarista” – si sono provati a spiegare ai ceffi patibolari delle periferie e delle carceri e del mondo web che l’islam è religione di pace, ma senza risultati apprezzabili. Tutti abbiamo l’impressione che l’islam nutra una storica inimicizia per Europa e occidente, consolidata nei secoli e in fase di pericolosa reviviscenza, ma siccome il nemico va evangelicamente amato e laicamente rispettato, mica siamo trumpette, tendiamo a escludere che sia una malattia, sia in senso patologico sia in senso sociale. E’ probabilmente una religione di conquista del mondo infedele che inoltre ha problemi con la modernità, come li abbiamo noi: ma il modo di risolverli è diverso, il loro prevede la spada. Rispondere con lo psicologo è altamente sconsigliabile.

 

E se provassimo invece a deradicalizzare i guerrasantieri che vogliono farsi Renzi in nome degli ideali religiosi della sinistra sinistra? Ecco, qui l’esercizio psicologico può trovare terreno fertile, e non c’è nemmeno bisogno dello stato culturale e pedagogico, basta un corsivo scherzoso. Renzi è anaffettivo, come ha certificato un Emiliano bisognoso di carezze davanti a un bel piatto di cozze pelose. Ma nei laboratori della derad (i francesi adorano i diminutivi chic) si potrebbe ricordare a Bersani che la sua vecchia passione affettiva e liberalizzatrice di quand’era ministro di Prodi, riforme così sensuali e intime che furono chiamate lenzuolate, produsse le parafarmacie, cosa nobile, ma non i parataxi, che sarebbe cosa utile in epoca in cui una app chiamata Blablacar o blablatraveling consente di spostarsi con l’autostop online, e comunque l’articolo 18 è appena più rilevante per il lavoro dell’espansione del mercato libero dei cosmetici e dell’aspirina. Gli si potrebbe anche ricordare che non si lascia una ditta, come dice lui, perché “con Renzi non mi sono mai preso, fin dal primo momento”, visto che cronaca politica e faccende coniugali sono elementi distinti e da distinguere, sennò la famosa “ditta” diventa una banale sindrome d’insicurezza in cui si cerca il ruolo perduto del pater familias. Al giovane jihadista basilisco, Roberto Speranza, va esposta con dolcezza la conseguenza negativa del rancore rimosso: si può perdere la carica di capogruppo dei dem senza prendersi per un giovane Bordiga al Congresso di Livorno del 1921.

 

E a D’Alema, celebre osso duro e baffo di ferro? Semplice. Bisogna fargli rivedere il filmato ineffabile di quando in un palco di teatro cantava “all you need is love” accanto a Tony Blair e Bill Clinton, chiedendo alle iene dattilografe di mettere in giro la voce che era nato l’Ulivo mondiale, e ricordargli che una volta era per la terza via di Anthony Giddens (che due palle) e fingeva il pugno duro con Sergio Cofferati promettendo, senza venire al dunque, di passare dalla guerra del Kosovo alla riforma market oriented delle pensioni, riformismo duro e puro, “parola malata” come disse il Coffy. Certi narcisismi si curano con la rappresentazione del passato, il passato dei narcisisti, dico. E così si può sperare in una deradicalizzazione della scissione jihadista senza nemmeno dover combattere sotto le mura di Vienna e nei mari di Lepanto.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.