Michele Emiliano (di spalle), Matteo Renzi e Matteo Orfini (Foto LaPresse)

Stato della scissione

David Allegranti

I renziani tifano per la discesa in campo di Orlando. Speranza e Rossi fuori, Emiliano tratta

Roma. È un cascame quotidiano di dichiarazioni di guerra, di “insieme a te non ci sto più”. Lorenzo Guerini e Matteo Orfini parlano tutto il giorno con la minoranza in libera uscita, ma alla fine ottengono solo rifiuti. “Per me non ci sono le condizioni per stare nel congresso”, dice Roberto Speranza, che non sarà alla direzione del Pd nella quale si nominerà la commissione di garanzia per il congresso. Nel Pd, aggiunge Enrico Rossi, “non c’è spazio democratico”. Il presidente della Regione Toscana intende restituire la tessera: “Adesso la imbusto con una lettera al segretario”. Che cosa altro deve succedere per dichiarare concluso questo stillicidio a colpi di “mi si nota di più”? I renziani sostengono di aver fatto ogni tentativo possibile, dando il via libera pure alla conferenza programmatica che a un certo punto è spuntata sul tavolo delle trattative. “La data del Congresso? In primavera, aprile o maggio. A giugno ci sono le elezioni amministrative ed è interesse del Pd presentarsi a quell’appuntamento con il Congresso terminato ed una leadership per poter fare tutti insieme la campagna elettorale”, dice il vicesegretario Lorenzo Guerini.

 

Al Nazareno i renziani seguono con interesse e caldeggiano la discesa in campo di Andrea Orlando: “Ora speriamo che si candidi. Con lui sarebbe un congresso vero, fra due piattaforme programmatiche alternative”, dicono i più stretti collaboratori del segretario. Resta da capire invece che cosa farà l’indeciso a tutto Michele Emiliano. Il governatore della Puglia è tormentato e contrariamente agli altri scissionisti non sembra volere davvero lo strappo con Renzi. “Ma che ci fa Emiliano con Rossi e Speranza?”, dicono i renziani. Al Foglio risulta che Emiliano e il ministro Orlando abbiano avviato una trattativa politica nelle ultime ore. In questo modo l’ex sindaco di Bari lascerebbe Rossi, Speranza e Bersani al loro destino e resterebbe nel Pd. A quel punto lui o il Guardasigilli si potrebbero candidare al congresso contro Renzi, ma c’è chi non esclude un congresso a tre punte. “Emiliano ci fa comodo perché nel Mezzogiorno soffriamo”, spiegano gli uomini vicini al segretario. Orlando, comunque, sta parlando con tutti. “Se la mia candidatura è in grado di far ripensare chi ha preso la strada della scissione io sono in campo”, dice il ministro.

 

Rossi però viene dato per perduto. Ieri il segretario regionale toscano Dario Parrini e il suo vice Antonio Mazzeo hanno incontrato il presidente della Toscana. Gli hanno spiegato che per lui c’è uno spazio nel Pd. Rossi non sente ragioni: “Credo che si debba far cessare questo tormentone e parlare dei programmi. Il Pd è diventato il partito di Renzi, non c’è spazio per una vera dialettica”. L’ex sindaco di Pontedera sembra non fidarsi più di Emiliano. “Mi auguro che si possa andare avanti: sta a lui prendere le decisioni e le responsabilità come ho fatto io. C’è un documento dove sta scritto che Renzi ha deciso di fare la scissione, lo abbiamo firmato io, lui e Roberto Speranza. Penso che ora si debba essere conseguenti”.

 

Il comportamento di Emiliano dunque non sconcerta solo i renziani. Domenica all’assemblea, l’intervento dell’Emiliano 2 (quello che timidamente tendeva la mano al segretario, cercando di proporsi addirittura come mediatore; molto diverso dall’Emiliano 1 visto il giorno prima all’assemblea al Vittoria di Testaccio, dove si era addirittura scusato per aver sostenuto Renzi in passato) era stato sfottuto da tutti. “Sono felice di parlare dopo il sosia di Michele Emiliano”, ha detto Antonello Giacomelli. I bersaniani sono molto irritati per i tentennamenti dell’Emiliano 2. Non si fidano più, pensano che il governatore-magistrato li stia fregando tutti, e a quanto si capisce dalle ultime ore forse qualche ragione ce l’hanno. Viene ancora da chiedersi come il Pd sia arrivato a questo punto e se non c’era un modo per evitare la scissione.

 

Sandra Zampa, vicepresidente del Pd, deputata, prodiana, fa un’osservazione interessante “Non dovevamo arrivare a questo punto. Gli errori di Renzi sono stati consumati tutti prima del Referendum costituzionale. Tra questi il lasciare venire avanti una tifoseria abbastanza demente per cui a ogni critica che arrivava si e' risposto con parole sprezzanti”, ha detto in un’intervista a InBlu Radio. “A Renzi più volte è stato chiesto di smetterla di usare termini come ‘gufi’ o ‘professoroni’. Abbiamo sentito tante espressioni con il superlativo: ‘gufoni’, ‘professoroni’, ‘ciaoni’. Queste cose fanno molto male ad una comunità e non andavano praticate. Quando si viene eletti con una percentuale che ti garantisce una maggioranza più che bulgara non c’è bisogno di essere liquidatori. Ti puoi permettere anche di ascoltare”. In effetti se Bersani e soci devono saper perdere, la maggioranza di Renzi deve ancora dimostrare di saper vincere.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.