Pier Luigi Bersani (foto LaPresse)

Il partito della Sconfitta Inc.

Giuliano Ferrara

Sparlare di Europa e mercati aperti e straparlare di lavoro e di valori de sinistra non costa niente, ma ha una conseguenza: consegnare il mondo ai cialtroni. Pensateci bene, cari scissionisti e cari destri non mentecatti

C’è il partito della Sconfitta Inc., sconfitta incorporata. Figuriamoci se non si possa essere d’accordo perfino con i “lizzi e frazzi” di Bersani, quando dice in sintonia con lo scissionista in chief D’Alema che “siamo seduti su una polveriera”, perché lui al bar ci va e li sente i disagiati, i forgotten, che chiedono l’uomo forte capace di proteggerli, che si sentono tutti “esodati” perché non hanno la pensione a cinquantasette anni, che vogliono essere “riprotetti” dallo stato anche in caso di fallimento di una compagnia aerea grand tour tutto compreso, che al voucher preferiscono la mazzetta in nero o il posto fisso, almeno secondo i sindacati e Ilvo Diamanti. Certo le destre arrembanti che attaccano globalizzazione e liberismo economico, sviluppo tecnologico e creazione di valore nei mercati aperti, hanno vinto la lotteria nel Michigan, devastano il linguaggio politico senza aggettivi, né corretto né scorretto, e pesano minacciose sulle elezioni francesi per scardinare Europa e diritti di libertà per ariani ed ebrei (l’Inghilterra in Brexit è un’altra cosa, è eccentrica, è un’isola).

 

Certo la classe media dei paesi affluenti d’occidente è piena di problemi, è insofferente, si becca in pieno l’impazzimento del sistema della comunicazione fake-oriented, e le ondate di malessere vero si introducono dentro la sinistra, le sinistre, con una discreta violenza che a volte fa paura. Questo è ovvio, è il problema per tutti tranne che per i demagoghi e i loro servizievoli portavoce di tutte le risme. Ma il partito della Sconfitta Inc. si mette in pancia la disfatta perché rovescia un vecchio proverbio boemo. Il pessimista è un ottimista che si è informato. Ecco, in questo caso il pessimista è un ottimista disinformato. La classe media disagiata perché ricca e welfarizzata soffre, d’accordo, in questa parte di mondo aperta all’uscita di miliardi di esseri umani dalla povertà e alla concorrenza di classi miserabili che tentano di essere meno miserabili, e in molti si domandano che fine farà il lavoro nell’epoca della robotizzazione, e magari qualche bru bru gli dice che si possono elevare muri contro la ricerca alleata della cattiva finanza come si progettano muri impossibili contro i messicani. D’accordo. Posto così, il problema è definito, ma già meglio del nuovo schema postmarxiano della proletarizzazione universale (cazzate anni Duemila che vengono direttamente dagli scarti degli economisti maoisti anni Sessanta del Novecento, tipo Baran e Sweezy).

 

Domandina: c’è qualcuno che spiega loro che non è colpa di Reagan, della Thatcher, di Blair, di Clinton, di Lawrence Summers e magari di Google, Amazon, Merkel, Renzi e Macron? C’è? Non c’è. O almeno siamo in pochi, al momento, perché si ingrossa, anche tra soggetti umani raziocinanti (per esempio Mauro ieri su Repubblica), la corrente che dice: tutto è cambiato e in peggio, la sinistra è già travolta, e se per questo anche la destra intelligente, anche i conservatori che non portano il cervello all’ammasso nei Grandi Magazzini delle bellurie trumpiste e lepeniste, insomma il capitalismo e la società aperta, cugini primi se non fratello e sorella, sono spacciati. Ci andrei con più misura. E informarsi è bene. Non è questione di ristoranti pieni, vecchia formula gloriosa del berlusconismo pop. Guardiamo i dati sul pil, sui mutui, sul costo del denaro, sul riequilibrio in corso della deflazione, sul commercio, sul mercato automobilistico, e molto altro, e questo sia nell’occidente americano sia in quello europeo, e vedremo che ci sono pesi in cui l’occupazione è malata di stasi, di scarsa produttività del lavoro, di gravami fiscali impropri da welfare iperprotettivo scadente con la connessa precarietà di molti contratti, e paesi di pieno impiego e di furente sviluppo tecnologico, paesi dove la finanza, comprese banche in affanno da regolamenti e imbrogli vari, corre insieme alle nuove politiche energetiche e a una buona produttività totale dei fattori, come dicono gli economisti non apocalittici. Ma chi glielo spiega al bar che non è con la nostalgia del siderurgico e del carbone, non è con l’invocazione bugiarda di lavori che non ci saranno mai più, che si combatte la buona battaglia nell’interesse generale, intorno alla quale si giocano anche le sorti della democrazia occidentale che oggi balla a partire dall’America del sogno e dell’ordine mondiale?

 

Il partito della Sconfitta Inc. queste cose non le dice, ha introiettato il mugugno, non è capace di battersi lealmente nel teatro della coscienza politica, cede terreno e argomenti e sostanza civile e culturale ai neofiti dell’apocalisse prossima ventura. Fake. Una serie di fake anche quando siano in buona fede: di questo è fatta prima di tutto la famosa polveriera su cui siamo seduti. Fake fattuali e fake umani: pensate solo a quel Berdini che fa il martire dello stadio, questo pettegolo e delatore coccolato dal Cretino Collettivo (spero che Giuliano Pisapia non si prenda in casa tomo tomo cacchio cacchio simili sconci, lasciateli al grillismo che assomiglia loro e al postgrillismo). Può essere che mi sbagli, che questa sia una becera apologetica d’incontro al sofisticato disfattismo delle classi colte e pensose, che fanno dello scorrettismo sistematico il nuovo pol. corr., può essere. Ma guardate la parabola già grottesca della presidenza Trump, se volete votare Le Pen antieuro e antisionista (ooops!) o se volete buttarvi su una sinistra neoclassista per resistere ai bru bru, cari scissionisti, cari destri non mentecatti, pensate a questo: sparlare dell’Europa e dei mercati aperti e straparlare del lavoro e dei valori de sinistra che oggi se li porta la destra arrembante va bene, non costa niente, è come erigere un muro mentale, ma governare il mondo, le monete, le architetture istituzionali, la politica estera e di sicurezza, bè, non è cosa da Flynni vari o da syrizisti che ne invidiano l’egemonia, non innamoratevi della sconfitta che è dentro di voi, date retta.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.