Virginia Raggi (foto LaPresse)

Il caso Raggi simbolo del nulla a 5 stelle

Claudio Cerasa

Roma, si Rocco Casalino licet, sta diventando il grande fratello del Movimento 5 stelle. Anche se lo streaming è scomparso, tutto è in mostra, tutto si vede chiaramente

Al direttore - Non leggono le mail o non le capiscono, si fanno registrare al bar, si fanno sbugiardare da un banale sms. Vero è che anche con i congiuntivi non scherzano, ma per essere un Movimento che ha nella rete e nella tecnologia la propria linfa vitale, le cinque stelle le meritano per la propensione all'autosputtanamento.

Valerio Gironi

 

Roma, si Rocco Casalino licet, sta diventando il grande fratello del Movimento 5 stelle. Anche se lo streaming è scomparso, tutto è in mostra, tutto si vede chiaramente. Da un lato la cultura di governo, che coincide con l’immobilismo assoluto (salvo quando l’immobilismo diventa così impopolare che gli algoritmi ti consigliano di non metterti contro anche Francesco Totti). Dall’altro la cultura dell’autoritarismo digitale, che attraverso l’imbroglio della democrazia diretta ha trasformato un sindaco che doveva essere “portavoce del popolo” in una oscura figura imbambolata, commissariata da un blogger ed eterodiretta da un’azienda privata. Attraverso Raggi abbiamo visto il vuoto assoluto del movimento 5 stelle e quando il vuoto arriva al governo non può che circondarsi di figurine alla sua altezza. Il caso Berdini – che per dimettersi ha aspettato di avere una scusa politica, lo stadio, giusto per provare a far dimenticare il modo garbato con cui ha tentato di usare un giornalista della Stampa per alimentare “la guerra tra bande” (citazione Muraro) che si combatte nella giunta di cui faceva parte – dovrebbe aiutarci ad aprire gli occhi: il disastro della giunta Raggi non è un caso isolato all’interno di un panorama altrimenti rivoluzionario; il caso Raggi è il simbolo del nulla prodotto dal 5 stelle, e prima o poi anche i giornali sottomessi al grillismo dovranno farci i conti.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.