Virginia Raggi (foto LaPresse)

Polizze a 5 Stelle

David Allegranti

Perché la vera storia di Raggi è tutta nei dettagli della campagna elettorale. Breve ricostruzione

Roma. Prima delle assicurazioni sulla vita (ma non era meglio un bel diamante?), prima che ci prendessero per i fondelli (Raggi: “Che cosa mi ha detto Grillo al telefono? Che farà polizze per tutti”), prima degli assessori dimissionari, di quelli nominati ma privi di requisiti, prima che Roma si trasformasse da romanzo criminale in un film con Alberto Sordi, “Buonanotte… avvocato!”.

 

Insomma, gli ultimi sette mesi di Capitale a Cinque Stelle ce li abbiamo sotto gli occhi, sono cronaca del disagio quotidiano. Diventano a questo punto più divertenti i sette mesi precedenti, quando la polizza viene intestata alla Raggi (nel gennaio 2016, dunque in campagna elettorale), per non parlare degli anni passati, prima che Virginia, avvocatessa d’Ottavia, diventasse sindaca. Prima del teleromanzo, prima di Beautiful, prima delle assicurazioni dalle causali “fantasiose”, come dicono i pm (si farebbe cenno a relazioni personali), quando Raggi era solo un legale dello studio Sammarco, che è un pezzo della destra de Roma dove allegramente faceva il bagno pure Raffaele Marra, ex braccio destro raggiano finito in manette. Negli anni in cui Marra lascia l’Unire – l’Unione nazionale incremento razze equine – sotto la presidenza di Franco Panzironi per andare in Campidoglio dove è appena sbarcato Alemanno come sindaco, è il 2008, la Raggi diventa presidente di Hgr, società di recupero crediti di proprietà di Gloria Rojo, segretaria di Panzironi.

 

In comune Marra, che più tardi si autodefinirà “lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento”, si prende il dipartimento per le politiche abitative, non un posto qualunque, specie in una città come Roma. La carriera si ferma solo quando arrivano Ignazio Marino e poi il prefetto Tronca. In quelle stanze al Campidoglio Marra conosce Salvatore Romeo – Marra è, all’epoca, il suo capo – e poi Daniele Frongia, consigliere comunale nell’aula Giulio Cesare. Il “raggio magico” in nuce. Più tardi sfodereranno pure della sapienza strategica, metà giocatori di scacchi metà arruffapopolo. Non sarà forse un caso se Frongia, che ha fatto anche in tempo a essere vicesindaco di Roma, nel 2015 si ritira dalla corsa per le primarie che portano la Raggi in trionfo anche grazie ai suoi voti. Non si limitano però, i raggiranti, a pescare dal bacino elettorale gentilmente offerto da Frongia; producono pure un dossier contro Marcello De Vito, sfidante dell’avvocatessa, colpevole d’aver richiesto l’accesso agli atti per una pratica edilizia che – dicono i grandi accusatori – potrebbe configurare il reato di abuso d’ufficio. Una beffa vedere oggi la Raggi indagata proprio per quel reato. Il M5S tiene un vero processo politico, al quale partecipano pure molti parlamentari, da Alessandro Di Battista a Paola Taverna, la cui sorella Annalisa in questi ultimi mesi è stata la voce verace del Movimento romano. Quella che accusa la Raggi e i suoi amici d’aver corrotto il partito, di essere stati (citofonare Marra) “il virus che ha infettato il Movimento”, altro che spermatozoo, come disse Roberta Lombardi, fiera avversaria della sindaca.

 

Il Marra, l’estate scorsa, quando viene visto aggirarsi per le stanze nobili del Campidoglio, spiega – l’episodio, risalente all’8 luglio 2016, è stato raccontato da Carlo Bonini su Repubblica – che “è un anno che lavoro per loro. Sono stato il loro referente. E ora lo sarò con la nuova Giunta. Sono un po’ inesperti e si affidano a me”. Insomma, alla fine hanno vinto loro, gli spermatozoi di Marra. La città fottuta sembra dunque ancora più fottuta, come quel paese descritto da Ennio Flaiano nel 1965, rassegnato e disperato. “Il nostro paese non ha più niente da dirci, né abbiamo più niente da dirgli [...] Non possiamo rifiutare la vita come ci è data, ma il luogo per accettarla non è più quello adatto. Non possiamo corromperci in un ambiente che non esprime più la gloria del suo passato ma l’accettazione della commedia moderna. […] Altri orizzonti, altri cieli meno fastosi ma più nostri ci attendono. Trovare sotto quei cieli la forza di andare avanti, rifiutando il cinismo che le vecchie pietre ci hanno insegnato; non avendo altro da proporci, per anni e anni, che l’elogio della sopportazione”. Rassegniamoci. Finché polizza non ci separi. 

Di più su questi argomenti:
  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.