Beppe Grillo e Alessandro Di Battista (foto LaPresse)

L'Ulivo. E poi Grillo

David Allegranti

Gotor ci spiega perché il Pd non deve demonizzare il M5s ma costruire una strada per l’alleanza

Roma. Un sogno s’aggira per la sinistra italiana: addomesticare il M5s. Un po’ come il Piccolo Principe con la volpe. “In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla…”. I Cinque Stelle insomma non vanno “demonizzati”, ma ricondotti nel “campo di gioco democratico”. Una volta compiuto il percorso di democratizzazione, a quel punto si può anche pensare a un’alleanza con il Pd. Il senatore Miguel Gotor, intellettuale vicino a Pier Luigi Bersani, dice che il suo partito sta sbagliando strategia nei confronti dei Cinque Stelle. “Io credo – non da solo, ma insieme a un pezzo della sinistra – che sia utile al funzionamento della democrazia italiana porsi come obiettivo di contribuire alla democratizzazione del M5s e al loro inserimento nel gioco democratico. Naturalmente, un’affermazione del genere presuppone un giudizio severo sui Cinque Stelle. Bisogna costringerli, in ogni occasione, a confrontarsi e a scontrasi con le fatiche e le difficoltà della democrazia parlamentare. Loro tendono a non farlo per furbizia e opportunismo. Noi però, come Pd, dobbiamo mantenere un atteggiamento sfidante”. Sfidante, Gotor? “Sì. Sbaglia il Pd ad avere un atteggiamento demonizzante. Chi dice che sono i nuovi fascisti, che Grillo è il nuovo Hitler, sbaglia, perché c’è un problema che riguarda l’elettorato. Il loro elettorato è composito e la loro forza sta nella mescolanza, che ha anche, certo, contenuti qualunquistici. D’altronde sono rappresentativi dell’anima italiana. In loro c’è una mescolanza di elementi di destra o di sinistra. Ma la demonizzazione è controproducente, è sbagliata”. Secondo Gotor, la maggioranza del Pd “in tre anni ha commesso due errori strategici sui 5 stelle. Prova ne sia che Renzi, che era stato considerato la carta vincente per arginare quel movimento, non ha ridotto i loro voti”.

“Anzi – continua Gotor – sono rimasti lì, come dimostrano i sondaggi, anche se la prova naturalmente si avrà solo alle urne. Alcuni, tipo Franceschini, hanno pensato che fossero un fenomeno contingente, facilmente riassorbibile, mentre altri, come Bersani, hanno pensato che fosse un dato strutturale”. Tant’è che i Cinque Stelle sono saldamente inseriti nel dibattito pubblico e all’interno dello scenario politico ormai dal 2013. Dal bipolarismo si è passati a una fase tripolare, che pare non essere passeggera. “Ma se guardiamo bene, questo scenario tripolare accomuna la democrazia italiana alle principali democrazie europee; è venuta meno la bipolarità conservatori-progressisti e ovunque è nata una terza forza accanto alla contrapposizione destra-sinistra, quella che contrappone sistema e antisistema, popolo ed establishment. Negli Stati Uniti è già successo: un presunto fenomeno da baraccone è diventato presidente sorprendendo un po’ tutti. Per questo dico che questo è un fenomeno strutturale, che durerà svariati anni, e che c’è una differenza d’analisi nei confronti dei Cinque Stelle”. Mi scusi Gotor, ma dire e spiegare perché il partito di Beppe Grillo dice falsità significa demonizzarlo? “Il modo con cui la nostra comunicazione li affronta non è smontare le bufale. C’è un di più di ridicolizzazione. I Cinque Stelle vengono trattati come venivano trattati i comunisti 40 anni fa; gli dobbiamo dire che hanno la coda, che mangiano i bambini. Chiediamoci come mai questo modo di rapportarci a loro ha attecchito così bene nel Pd. La risposta è: perché c’è un substrato comunista: la demonizzazione dell’avversario è tipica dei comunisti”.

Cioè quelli che un tempo erano demonizzati oggi sono diventati demonizzatori? E’ così? “E’ il massimo del godimento psicologico quando finalmente puoi essere tu ad applicare criteri di scomunica a soggetti politici popolari, dopo che altri lo hanno fatto con te. Così trasferisci a loro le categorie che sono state applicate a te: non sono più io che puzzo, ma sono altri”. Ma insomma, Gotor, alla fine di questo percorso di democratizzazione, un’alleanza con i Cinque Stelle si può fare o no? “A quel punto sì, d’accordo, ma è un percorso politico; è un processo politico, fatto di interlocuzioni e di atteggiamenti sfidanti. Cosa che la demonizzazione non permette di fare. In questo modo il Pd ha detto che loro sono i demoni e ha fatto digerire l’alleanza con Alfano e, più di nascosto, con Verdini. Ma questo è uno schema che ci porta a perdere. Se noi ci presenteremo alle prossime elezioni secondo lo schema di Franceschini – sistemici contro antisistema – noi perdiamo. Ed è un problema serio. Per questo dico: demonizziamoli di meno, confrontiamoci in modo sfidante di più”. Senta Gotor, prima ha menzionato due errori del Pd sul M5s. Uno è la demonizzazione, e l’altro? “Scegliere il loro terreno di scontro per dare battaglia. Non è possibile fare gli anti-establishment stando al governo. Tutta quella campagna sui tagli dei politici...”. Resta da capire quanto possa essere efficace l’addomesticamento nei confronti della volpe a Cinque Stelle, che nel libro di Saint-Exupéry dice di armarsi di pazienza. I bersaniani ci provano da quattro anni. Chi c’è più paziente di loro? 

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.