Una seduta della Corte Costituzionale (foto LaPresse)

Il proporzionale non è l'antidoto al grillismo

Redazione

La Consulta decide sull’Italicum. Effetti collaterali di una scelta politica

Scelga bene la Corte costituzionale oggi, sull’Italicum, sulla nuova legge elettorale: segua cioè la Costituzione, decida nel merito e non assecondando un pregiudizio politico, quello del continuismo che fin qui l’ha probabilmente spinta a ritardare a lungo i tempi di questa sentenza sulla legge elettorale. E decida, la Corte, lasciando alla politica, al Parlamento e alle forze della rappresentanza democratica, il compito di indirizzare il nuovo corso italiano: proporzionale o maggioritario?

 

Molte trame s’intrecciano infatti attorno alla nuova legge elettorale e alla sentenza della Corte, non solo l’idea – a quante pare condivisa dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella – di dare agio, spazio e tempo al governo di Paolo Gentiloni (ritardando dunque le elezioni), ma anche l’inconfessabile pensiero di orientarsi al proporzionale per impedire una vittoria delle forze antisistema e accompagnare così l’Italia verso una morbida e pragmatica (forse anche riformista?) soluzione di larghe intese nella prossima legislatura. E qui sorge un dubbio. Sicuri, ma proprio sicuri, che la riforma proporzionale sia garanzia certa di un governo “normale”, cioè ancora in mano ai partiti, alla logica politica e agli assi cartesiani che hanno fin qui determinato il funzionamento della nostra democrazia?

 

Le certezze non esistono. Tanto meno quando si parla di sistemi elettorali, che vengono cuciti e disegnati per ottenere uno scopo, ma poi rivelano aspetti nascosti, insidie che erano state assolutamente non considerate. E’ infatti con il proporzionale – e solo con il proporzionale – che le forze antisistema d’Italia, quelle che urlano di non volersi alleare con nessuno, possono trovare invece, una volta in Parlamento, inaspettate ma anche logiche convergenze con altre forza politiche che nelle urne sarebbero rifiutate forse dagli elettori. Esempio: movimento 5 Stelle e Lega sono incoalizzabili, alle elezioni.

 

Ma cosa impedirebbe a Grillo, una volta in Parlamento, di accettare i voti di Matteo Salvini (in virtù dello stesso furbo pragmatismo che lo stava portando ad aderire all’Alde), e dunque di governare giustificandosi dicendo che: “E’ la Lega ad accettare il nostro programma” (che, su immigrazione, Europa ed euro, peraltro coincide abbastanza)? Non solo. Cosa impedirebbe a una parte della sinistra – dopo un big bang elettorale del Pd, frazionato in mille anime della sinistra interna – di rispolverare il sogno di quel “governo del cambiamento” che Pier Luigi Bersani a un certo punto accarezzò, immaginando di poter “normalizzare” Grillo? In Parlamento tutto diventa possibile. E insomma il proporzionale, la legge pensata per garantire una palude placida e tranquillizzante, potrebbe tramutarsi in incubo. Rifletterci. Anche, soprattutto, prima di scrivere una sentenza.

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