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Giustizia politica

Luciano Capone

Per il Consiglio d’Europa in Italia c’è bisogno di mettere limiti alla politicizzazione nella magistratura

Roma. Greco dice che in Italia c’è bisogno di mettere un freno alla politicizzazione della magistratura: “La questione dell’attività politica dei magistrati deve essere affrontata in tutti i suoi aspetti a livello legislativo, dato il suo impatto sui princìpi fondamentali di indipendenza e imparzialità della magistratura”. Naturalmente Greco non è Francesco, il procuratore capo di Milano, ma l’acronimo di Groupe d’Etats contre la Corruption (Greco), l’organismo del Consiglio d’Europa che si occupa della prevenzione della corruzione. Nel rapporto sull’Italia appena pubblicato contenente dodici raccomandazioni anti corruzione, Greco si sofferma su un tema sempre negato dalle toghe italiane, quello dell’“inevitabile rischio di politicizzazione, sia reale che percepita, della magistratura”.

Il nucleo di valutazione, composto da funzionari e magistrati di altri paesi, ha sottolineato la necessità di una “delimitazione più rigorosa tra le funzioni giurisdizionali e la partecipazione diretta dei magistrati nell’attività politica o governativa, in quanto quest’ultima rischia di compromettere l’immagine di indipendenza, imparzialità e neutralità della giustizia e minaccia la fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario nel suo complesso”. In questo senso il sistema legale italiano “presenta chiaramente diverse lacune e incongruenze che sollevano domande dal punto di vista della separazione dei poteri”, visto che non richiede un congedo speciale per essere eletti o nominati nelle amministrazioni locali e, anzi, consente addirittura che un magistrato possa essere nominato assessore nel territorio in cui ha svolto la sua attività giudiziaria. Ma “anche il ritorno dei magistrati alle funzioni giudiziarie dopo aver svolto un mandato politico, o la semplice partecipazione alla competizione politica – scrive il rapporto Greco – meriterebbero una disciplina più stringente”.

L’organismo del Consiglio d’Europa risponde indirettamente anche alle affermazioni del presidente dell’Anm Piercamillo Davigo e del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti sul presunto intervento preventivo tra le toghe nei confronti di corrotti e collusi (“C’è un giudizio etico-deontologico che in politica non esiste”).  Il rapporto Greco smentisce questa tesi quando dice che il Codice etico dell’Associazione nazionale magistrati “non include alcuna disposizione riguardante il monitoraggio né prevede sanzioni per le violazioni”. In oltre venti anni dalla sua adozione “sono state aperte solo 13 procedure a mai nessuna sanzione è stata imposta”. Greco afferma inoltre che “un’efficace prevenzione della cattiva condotta all’interno della magistratura richiede un approccio più proattivo, sistematico e concreto”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali