Beppe Grillo e Davide Casaleggio (Foto LaPresse)

Il tribunale di Roma decide di non decidere sull'illegalità del M5s

Redazione

Decade il ricorso presentato dall'avvocato Monello, ma non la truffa. Pellegrino: "La magistratura è cauta nell’affrontare un potere che avverte come fortissimo"

Roma. “Il mio ricorso mirava a liberare il sindaco Virginia Raggi dalla tenaglia di un contratto incostituzionale che, con una penale da 150 mila euro, la tiene sotto una spada di Damocle e non libera di esercitare a pieno le sue funzioni”. E si riferisce al contratto che il M5s ha fatto sottoscrivere alla sindaca di Roma, e non solo a lei, un testo che secondo molti giuristi e costituzionalisti violerebbe il divieto di vincolo di mandato garantito dall’articolo 67 della Costituzione.

  

Ma il ricorso è stato respinto dal tribunale di Roma con un’ordinanza che, dice adesso Venerando Monello, l’avvocato che lo aveva presentato e sottoscritto, “non entra nel merito, ma si limita a dire che io non avevo diritto di presentarlo in quanto non sono un membro del M5s, non sono un eletto che ha sottoscritto il contratto e insomma non avrei un concreto interesse ad agire. La cosa è ovviamente opinabile, poiché sono un cittadino. E’ un’occasione persa, peccato. Il tribunale avrebbe potuto dichiarare d’ufficio la nullità del contratto o, nel dubbio, mandare gli atti alla Corte costituzionale”.

  

E invece niente. Se ne lava le mani il tribunale di Roma, “decide di non decidere”, dice Gianluigi Pellegrino, l’avvocato che in questi anni ha combattuto a suon di esposti piccole furbizie e anche grossolane oscenità della politica, “la sentenza è del tutto neutra”, dice. “Il tribunale ha voluto valorizzare molto il carattere ‘interno’ del patto. Una valutazione sulla quale si può obiettare. Altri giudici avrebbero anche potuto accogliere il ricorso ed entrare nel merito della questione: il contratto che il Movimento 5 stelle fa firmare ai suoi eletti va nettamente al di fuori dei legittimi accordi associativi tra privati ed è evidente che incida su prerogative costituzionalmente garantite. Nei patti tra privati ci si può mettere d’accordo su tutto, ma non su cose che sono vietate dalla legge o dalla Costituzione. E la Costituzione garantisce la libertà di mandato politico, garantisce cioè che l’eletto possa fare le sue scelte in piena libertà di pensiero, senza rispondere a nessuno se non al corpo elettorale e ovviamente alla legge. Sono infatti sicuro che se adesso qualcuno iscritto al M5s, anche uno degli europarlamentari che ha firmato un contratto del tutto simile a quello firmato dalla Raggi, decidesse di impugnarlo, non potrebbe che vincere”. Forse in un altro tribunale.

  

Virginia Raggi è andata in televisione a la7 da Giovanni Floris. “Tanto rumore per nulla”, ha commentato. “Una batosta per il Pd sconfitto in tribunale dopo essere stato sconfitto nelle urne”. La sindaca di Roma, che non usa andare in tivù, aveva accettato questo invito televisivo al buio. Malgrado la nota e pignola, persino maniacale attenzione del M5s alle apparizioni davanti alle telecamere, Raggi aveva deciso di andare da Floris, confermando la sua presenza, ancora prima che la decisione del tribunale di Roma fosse pubblica. I giudici si erano infatti riuniti da venerdì e il dispositivo, che da giorni teneva sulle spine non solo la politica romana, ma anche il Movimento 5 stelle e tutto il circo nazionale, era atteso ad horas. Una decisione diversa del tribunale avrebbe comportato una grana gigantesca per il partito di Beppe Grillo. E allora la sindaca doveva essere estremamente sicura che il tribunale non avrebbe deciso in maniera a lei sfavorevole. Solo un rischio? “La magistratura è cauta nell’affrontare un potere che avverte come fortissimo. E quindi si muove solo se ha l’asso nella manica”, dice Pellegrino, che collega “a un clima” sia il dispositivo del tribunale sia la cautela con la quale la procura di Roma si muove nei confronti del sindaco Raggi nella vicenda delle nomine al comune. “La capacità di mobilitazione e la forza del M5s è assoluta. Oggi l’M5s gode di un bonus, d’una guarentigia dei suoi elettori: possono anche arrestare Grillo e la Raggi, ma il Movimento resterebbe al 30 per cento dei consensi. Anzi, diventerebbero le vittime di una presunta macchinazione. Secondo me questo i magistrati lo sanno. E forse lo temono. Dunque si fanno cauti. Doppiamente”.